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  • Sabato 16 luglio 2022

L’oscuro passato in Zambia di un’autrice di best-seller

Delia Owens ha scritto uno dei romanzi più venduti degli ultimi anni, e secondo l'Atlantic guidò col marito una violenta milizia antibracconaggio

Delia Owens lo scorso 7 giugno (Matt Winkelmeyer/Getty Images)
Delia Owens lo scorso 7 giugno (Matt Winkelmeyer/Getty Images)
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Il 30 giugno 1996 l’emittente statunitense ABC mandò in onda un documentario su una coppia di americani ambientalisti «andati dall’altra parte del mondo per seguire un sogno», cioè proteggere la fauna locale in Zambia, nell’Africa centromeridionale. Ma oltre a essere un documentario, quello di ABC fu per certi versi anche uno snuff, ossia un filmato che mostra deliberatamente la scena della morte o della tortura di una persona. I produttori del documentario, infatti, decisero di non tagliare una parte in cui compariva un bracconiere (o presunto tale) mentre qualcuno fuori dall’inquadratura gli sparava, uccidendolo.

Più di un quarto di secolo dopo, la coppia di americani protagonista del documentario è ancora ricercata in Zambia, non solo perché sospettati di essere coinvolti in quell’omicidio ma anche per altri presunti reati commessi durante la loro permanenza nel paese. La storia è stata ricostruita in un articolo del rispettato direttore della rivista The Atlantic, Jeffrey Goldberg, che l’aveva indagata già diversi anni fa e ci è tornato perché la donna della coppia, Delia Owens, nel frattempo è diventata un’acclamata scrittrice di best-seller.

Owens aveva già scritto tre libri di buon successo sulla sua esperienza da zoologa e ambientalista in Africa insieme all’allora marito, Mark Owens, tra il 1984 e il 2006. Ma è con la pubblicazione del primo romanzo nel 2018 che ha ottenuto il vero successo: si intitola Where the Crawdads Sing e in italiano è stato pubblicato come La ragazza della palude da Solferino. Racconta la storia di una ragazza che vive isolata in una palude, in mezzo alla natura della North Carolina, e che si trova suo malgrado coinvolta in un omicidio di un ragazzo. Il libro ha venduto oltre 12 milioni di copie, che lo rendono uno dei più venduti degli ultimi anni nel mondo. È stato anche incluso nel popolarissimo club del libro dell’attrice Reese Witherspoon, che ne ha fatto un film (nel ruolo di produttrice) in uscita il 15 luglio negli Stati Uniti e a ottobre in Italia; l’attrice protagonista è Daisy Edgar-Jones, già nel cast della serie Normal People.

Alcuni commentatori, già all’epoca in cui il libro di Owens uscì, notarono più di un parallelismo tra la storia della protagonista del romanzo e il passato di Owens in Zambia.

Nel suo articolo sull’Atlantic, Goldberg scrive di aver visto il documentario di ABC molti anni dopo la messa in onda. Altri ecologisti interessati alla tutela ambientale dei paesi africani gli mandarono una videocassetta, sostenendo che l’uccisione di quel bracconiere fosse solo una piccola parte di una storia più grossa. Poco tempo dopo, Goldberg visitò la parte dello Zambia dove erano stati Delia e Mark Owens, cioè il parco nazionale di North Luangwa, venendo a conoscenza di come i due avevano attuato la loro missione ambientalista.

«In questa prima visita e in altre successive», scrive Goldberg, «scoprii che Mark Owens era gradualmente diventato comandante di un corpo di guardiacaccia», arruolati tra la popolazione locale senza il consenso del governo, e che lui e Delia Owens avevano di fatto militarizzato gli oltre 6.000 chilometri quadrati del parco: «Delia in uno dei suoi libri scrisse che Mark aveva creato un’unità speciale di ranger che potevano guadagnarsi nuove armi, coltelli e binocoli sulla base del loro rendimento». Il rendimento era misurato sulla quantità di presunti bracconieri catturati, spesso con metodi violenti.

Goldberg scoprì per esempio che Mark Owens conduceva spesso raid aerei su alcune zone del parco dove si sospettavano attività di bracconaggio; e che il figlio avuto dal suo primo matrimonio, Christopher Owens, era lì in Zambia con loro ed era incaricato di addestrare i ranger con brutalità, picchiandoli di frequente per insegnare loro la disciplina.

Al tempo della prima indagine di Goldberg, poi confluita in un lungo reportage per il New Yorker pubblicato nel 2010, diverse fonti gli dissero che i ranger assoldati dagli Owens legavano i presunti bracconieri catturati a dei pali e li lasciavano «cuocere al sole». Gli avvocati degli Owens negarono le accuse, sostenendo che Mark non fosse stato il comandante dei ranger e che nessuno fosse stato legato o picchiato. Uno degli avvocati, Donald Zachary, disse a Goldberg che ogni tanto qualche prigioniero veniva ammanettato a un albero, ma solo per pochi minuti e «all’ombra».

La testimonianza più eclatante citata da Goldberg è una lettera inviata via fax da Mark Owens a un cacciatore professionista di nome P.J. Fouche, che aveva una regolare licenza per cacciare in un’area adiacente al parco di North Luangwa. Nella lettera, Owens scrisse: «Finora ho condotto otto operazioni aeree antibracconaggio sulla tua area, incluse quattro in cui ho ordinato anche un’imboscata da parte dei ranger. Due bracconieri sono stati uccisi e uno è stato ferito, che io sappia, e questo è solo il riscaldamento». Successivamente, Owens disse in un comunicato che il contenuto di quel fax era stato esagerato per convincere Fouche a collaborare e fornire armi per aiutare le operazioni degli Owens.

Sempre durante le prime indagini, Goldberg riuscì a intervistare Chris Everson, il cameraman di ABC che riprese la scena del documentario, e Biemba Musole, l’investigatore della polizia incaricato di indagare sul caso del bracconiere ucciso. Everson gli disse che a sparare il colpo che uccise il bracconiere non fu uno dei ranger, ma proprio il figlio di Mark Owens, Christopher. Musole disse che, sulla base delle sue indagini, aveva concluso che Mark Owens si fosse disfatto del corpo del bracconiere legandolo al suo elicottero e gettandolo in una laguna poco distante. Il corpo non fu mai ritrovato.

Il mese scorso Goldberg è tornato nella capitale dello Zambia, Lusaka, per ulteriori indagini. Parlando con diversi funzionari e con la procuratrice Lillian Shawa-Siyuni ha scoperto che Mark, Delia e Christopher Owens sono ancora ricercati in Zambia per essere interrogati sui fatti relativi alla morte del presunto bracconiere «e su altre possibili attività criminali». I funzionari con cui ha parlato Goldberg hanno espresso fastidio e sarcasmo riguardo al recente successo editoriale e cinematografico dell’opera di Delia Owens. Anche lei è ricercata in quanto potenziale testimone e complice dei delitti sui quali la procura locale indaga ormai da decenni.

In particolare Siyuni ha detto a Goldberg che il caso le interessa perché si porta dietro questioni politiche più ampie del singolo episodio: «Io non posso neanche andare in un’ambasciata statunitense con una videocamera. Voglio sapere come hanno fatto Mark e Delia a introdurre le armi nello Zambia e a trasformarsi in agenti delle forze dell’ordine». Secondo Siyuni e altri funzionari, le indagini sono state ostacolate sia dalla mancanza di un accordo per l’estradizione tra lo Zambia e gli Stati Uniti, sia dalla poca collaborazione mostrata dalla ABC, l’emittente del documentario.

Un altro aspetto controverso indicato dall’articolo di Goldberg è la concezione che Delia e Mark Owens avevano (e presumibilmente hanno) delle popolazioni locali africane. Entrambi si trasferirono in Botswana, nel deserto del Kalahari, nel 1974, per un comune interesse zoologico. Le loro spedizioni erano finanziate da istituti e università, e Delia Owens scrisse diversi articoli scientifici per riviste illustri come Nature e l’African Journal of Ecology. Tuttavia, diverse testimonianze suggeriscono che i due trattarono i residenti locali con una certa dose di superiorità, almeno all’epoca della loro permanenza in Africa.

P.J. Fouche, il cacciatore, una volta disse a Goldberg che «il loro atteggiamento era tipo “Bel continente l’Africa, peccato per gli africani”». Sul loro sito ufficiale fino al 2010 c’erano riferimenti all’Africa come al “continente nero”, un’espressione considerata da tempo piuttosto razzista. Dopo che Goldberg lo fece notare nel suo articolo sul New Yorker venne tolto il riferimento. In uno dei suoi memoir, The Eye of the Elephant (1992), Delia Owens descrive un uomo, Sunday Justice, che lavorò al loro accampamento come cuoco. Owens ne fa un ritratto assai infantilizzato: a un certo punto, nel libro, lui le dice di aver sempre voluto parlare con qualcuno che avesse volato in aeroplano e le chiede: «Mi sono sempre chiesto, signora, quando vola di notte va vicino alle stelle?».

Goldberg ha incontrato Sunday Justice in uno dei suoi viaggi in Zambia, e secondo lui parla come un normale adulto. Tra le altre cose, Justice gli ha raccontato che da bambino ha viaggiato in aereo più volte e che in seguito è stato arruolato nell’aeronautica. Goldberg gli ha fatto leggere quel passaggio del libro e Justice si è messo a ridere.

Oggi Mark e Delia Owens sono divorziati ma, scrive Goldberg, sembra abbiano mantenuto buoni rapporti. Secondo alcune fonti vivono ancora nello stesso ranch in Idaho, negli Stati Uniti, dove si trasferirono dopo il ritorno dall’Africa, mentre secondo altre fonti Delia Owens si è trasferita in North Carolina, dove è ambientato il suo romanzo. Di certo nei primi tempi in cui si stabilirono in Idaho cercarono di sensibilizzare i residenti sulla protezione dell’orso, facendosi qualche nemico. L’ex sindaco di una città vicina al ranch degli Owens ha detto a Goldberg che alla fine i due interruppero la loro campagna di sensibilizzazione: «Hanno capito che non potevano venire qui e dire alla gente cosa fare».