Cosa succede adesso tra Musk e Twitter?

L'imprenditore ha ritirato la proposta d'acquisto di aprile accampando una serie di giustificazioni, e sarà probabilmente un tribunale a decidere se sono valide

(Britta Pedersen-Pool/Getty Images)
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La decisione dell’imprenditore americano Elon Musk di rinunciare alla sua proposta d’acquisto di Twitter provocherà molto probabilmente un’estesa e dura battaglia legale, che potrebbe durare mesi e il cui esito è difficile da prevedere. Musk, che ad aprile si era formalmente impegnato ad acquistare Twitter per oltre 44 miliardi di dollari, venerdì ha annunciato di volersi tirare indietro dall’affare, sostenendo che l’azienda sia stata poco onesta nella presentazione di alcuni dati.

Non è ancora ufficiale, ma è molto probabile che Twitter farà causa a Musk in un tribunale speciale dello stato del Delaware (dove ha la sua sede legale) per costringerlo a onorare il proprio impegno. Benché la pretesa di Musk di rescindere il contratto di acquisto sia ritenuta pretestuosa dalla maggior parte degli analisti, la battaglia legale di Twitter sarebbe comunque rischiosa e incerta. Gli esiti più probabili sono tendenzialmente due: che a Musk sia consentito di uscire dal contratto pagando una penale (che dovrebbe ammontare a un miliardo di dollari) oppure che il tribunale del Delaware lo costringa a rispettare il contratto e comprare Twitter al prezzo pattuito.

Questo benché nel frattempo il valore di Twitter, rispetto ai 44 miliardi offerti da Musk ad aprile, sia crollato di oltre un terzo: attualmente l’azienda è valutata a 24 miliardi di dollari, e dopo l’annuncio della rinuncia di Musk il valore delle sue azioni in borsa è calato di un ulteriore 11 per cento. Secondo vari analisti questo crollo del valore di Twitter – che in parte rispecchia un generale calo del mercato e delle aziende tecnologiche – sarebbe anche colpa dello stesso Elon Musk, che con il suo comportamento erratico ha spaventato gli investitori e gli inserzionisti e li ha convinti che l’azienda abbia basi poco solide e un futuro incerto.

Il comportamento di Musk ha anche confuso molte persone tra i dipendenti e i dirigenti di Twitter, che da mesi non sono sicuri di cosa succederà alla loro azienda, e lavorano in condizioni precarie con la prospettiva di trovarsi con un nuovo proprietario che, prima di rinunciare alla proposta d’acquisto, aveva promesso grandi cambiamenti e rivoluzioni.

La rinuncia
La motivazione principale per cui Musk ha deciso di ritirare la proposta di acquisto di Twitter è nota da tempo: Musk ritiene che l’azienda nasconda il numero reale degli account falsi, che sarebbero molti di più del 5 per cento del totale dichiarato. Non ci sono prove che questo dato (che è pubblico da anni e di cui Musk era a conoscenza prima di fare la sua offerta) sia falso, e gli stessi ricercatori assunti da Musk per analizzare i dati di Twitter non sono riusciti a trovare prove che confermino la teoria dell’imprenditore.

– Leggi anche: Non è semplice capire quanti account finti ci sono su Twitter

Musk ritiene tuttavia che Twitter non gli abbia mostrato i dati necessari per provare la sua accusa, e che questo costituisca quello che in gergo legale è definito un “material adverse effect”, cioè un impedimento così forte da consentire la rescissione del contratto d’acquisto.

Effettivamente, se davvero il numero di account falsi (cioè i cosiddetti bot, che non appartengono a persone vere ma sono riconducibili a un software) su Twitter fosse molto superiore al 5 per cento dichiarato dall’azienda sarebbe un problema serio: sia perché significherebbe che Twitter per anni ha dichiarato il falso alle autorità di borsa, sia perché il valore del suo business si basa tendenzialmente sul numero degli utenti “monetizzabili”, cioè quelli a cui è possibile mostrare pubblicità. E ovviamente non è possibile “monetizzare” un bot. Questo rischierebbe di far sballare le previsioni di crescita dell’azienda.

Ma nonostante questo la maggior parte degli analisti continua a ritenere la motivazione di Elon Musk pretestuosa. Anzitutto perché non ci sono prove che Twitter abbia effettivamente mentito (o che l’abbia fatto in cattiva fede), e in secondo luogo perché Musk era perfettamente al corrente del problema da molto prima di fare un’offerta d’acquisto per l’azienda. Anzi, una delle ragioni esplicite per cui Musk disse di voler comprare Twitter era proprio quella di risolvere il problema dei bot. Come ha scritto qualche settimana fa Matt Levine, un giornalista di Bloomberg piuttosto critico nei confronti di Musk ma comunque affidabile:

I bot non sono la ragione per cui [Musk] vuole rinunciare all’affare, come si può notare dal fatto che i bot sono la ragione per cui ha fatto l’affare. […]

Soprattutto, non è cambiato niente nel problema dei bot da quando Musk ha firmato il contratto d’acquisto. Twitter pubblica le stesse stime – che meno del 5 per cento dei suoi account monetizzabili siano falsi – da otto anni. Musk sapeva di queste stime, e si è rifiutato di fare qualunque controllo prima di firmare il contratto d’acquisto. Sapeva del problema dei bot prima di firmare il contratto, e ne siamo a conoscenza perché ne parlava in continuazione, perfino durante l’annuncio della firma. Se non voleva comprare Twitter a causa dei bot, non avrebbe dovuto firmare il contratto. Nessuna nuova informazione sui bot è venuta alla luce nelle ultime tre settimane.

Nella lettera inviata all’autorità di sorveglianza sulla borsa americana con cui ha annunciato la rinuncia all’affare, Musk ha citato altre motivazioni, come il fatto che il business dell’azienda si sarebbe dimostrato più debole delle aspettative, e il fatto che nelle ultime settimane siano stati licenziati alcuni importanti dirigenti senza consultarlo. Ma nessuna di queste motivazioni sembra particolarmente solida.

Sulle motivazioni reali per cui Musk ha deciso di rinunciare a Twitter c’è un certo dibattito. I più critici, come Levine, sostengono che quello per il social network sia stato un acquisto impulsivo da parte di Musk – che è la persona più ricca del mondo – del quale si è presto pentito.

Un’altra motivazione molto probabile riguarda tuttavia l’economia: a fine aprile, praticamente in concomitanza con l’offerta di Musk per Twitter, il mercato finanziario ha subìto un pesante calo, e i listini tecnologici sono stati quelli che ne hanno risentito di più.

Twitter ha cominciato progressivamente a perdere valore e l’offerta di Musk, che ad aprile era sembrata adeguata e solo relativamente generosa, è diventata via via più spropositata. Musk rischiava di pagare 44 miliardi di dollari per un’azienda che, secondo i mercati, ne valeva molti di meno.

Soprattutto, il crollo dei mercati ha influenzato pesantemente anche lo stesso Musk, le cui finanze personali sono in gran parte determinate dal valore in borsa delle sue altre aziende, in particolare la casa automobilistica Tesla. Negli ultimi mesi, il valore in borsa di Tesla è calato del 30 per cento circa dal suo picco di aprile, e la ricchezza personale di Musk è calata di oltre 55 miliardi di dollari rispetto all’anno scorso.

Di fatto, Musk si è impegnato a comprare un’azienda che è crollata di valore, in una condizione in cui lui stesso è significativamente meno ricco rispetto ad aprile.

Cosa succederà
Benché non sia ancora confermato, è piuttosto probabile che Twitter farà causa a Musk per costringerlo a rispettare il suo impegno. Vari analisti ritengono che le ragioni del social network siano piuttosto solide, ma il procedimento rischia di essere molto complicato e di durare mesi, ed è difficile immaginare come sarà il verdetto del tribunale.

Il tribunale potrebbe dare ragione a Musk, e consentirgli di uscire dal contratto pagando una penale, che dovrebbe ammontare a un miliardo di dollari. Questo verdetto sarebbe molto problematico per Twitter, che risulterebbe ulteriormente indebolito da una sentenza giudiziaria che di fatto conferma i sospetti sulle debolezze strutturali dell’azienda insinuati da Musk, e con una leadership gravemente screditata.

Le due parti potrebbero ovviamente trovare un accordo, e in quel caso tutto dipenderà dalle contrattazioni. Una delle ipotesi circolate in queste settimane è che Musk in realtà non sia davvero interessato a scaricare Twitter, ma semplicemente a convincere l’azienda ad accettare un prezzo d’acquisto più basso.

Ma il tribunale potrebbe anche dare ragione a Twitter, e costringere Musk a comprare il social network al prezzo pattuito. A quel punto si possono aprire grosse incognite. Musk potrebbe rifiutarsi di rispettare la sentenza, e non è chiaro cosa potrebbe succedere. Ma se anche decidesse di rispettarla, la nuova incognita sarebbe cosa succederebbe a Twitter se Musk, un imprenditore noto per il carattere difficile e le decisioni irruenti, si trovasse costretto a perdere un sacco di soldi per comprare un’azienda che non vuole più.