Le indagini sui quattro grandi incendi a Roma

L'amministrazione comunale sospetta siano stati provocati da qualcuno, e parla esplicitamente di “intimidazioni”

La nube provocata nel quartiere di Centocelle, a Roma, dall'incendio del 9 luglio (Ansa)
La nube provocata nel quartiere di Centocelle, a Roma, dall'incendio del 9 luglio (Ansa)
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La Procura di Roma ha aperto quattro indagini sugli altrettanti grandi incendi che a partire dal 15 giugno si sono sviluppati in città: il Procuratore capo Francesco Lo Voi ha detto però che esiste l’ipotesi di riunirle in una sola, prendendo cioè seriamente in considerazione l’idea che siano di origine colposa o dolosa ed eventualmente collegati tra loro. Questa è l’ipotesi che più volte ha ripetuto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che parlando con Repubblica ha detto: «Dietro ai roghi c’è la mano dell’uomo. Non sappiamo se c’è il dolo o la colpa. Ci sono indagini in corso. Noi andremo avanti senza farci intimidire». Gualtieri ha anche detto che almeno in un caso sarebbe già stata accertata l’origine dolosa dell’incendio.

Per ora, anche se le indagini non sono state unificate, è stato creato un coordinamento tra polizia, carabinieri, vigili del fuoco, polizia locale e procura per organizzare lo scambio di informazioni. Se è vero come dice Gualtieri che il sospetto che gli incendi siano dolosi è concreto, è anche vero che a Roma, quotidianamente, nelle giornate di caldo si sviluppano decine di incendi favoriti dalla scarsa manutenzione delle aree verdi dove d’estate l’erba è alta e secca. A Roma il verde occupa il 35,8% del territorio comunale. I rifiuti ammassati poi favoriscono lo sviluppo dei roghi. Secondo i dati della Protezione civile del Lazio tra il 15 giugno e il 3 luglio 2022 ci sono stati 1.750 interventi, contro i 400 dello stesso periodo del 2021.

L’ultimo grande incendio che ha interessato Roma è stato quello di sabato 9 luglio nel quartiere di Centocelle, nella zona est della città. Si è sviluppata vicino agli ex campi nomadi sgomberati Casilino 700 e 900 che, in attesa di bonifica, erano stati trasformati in zone di smaltimento dei rifiuti, coinvolgendo poi le strutture abusive degli sfasciacarrozze di via Togliatti. Il vento ha spostato una grande nube nera verso il centro della città, e il presidente del VII municipio, Francesco Laddaga, ha dovuto invitare gli abitanti della zona a restare chiusi in casa e, per chi era in strada, a indossare mascherine. Le diossine hanno raggiunto livelli oltre 35 volte superiori al limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità, ma nelle ore successive i livelli sono poi tornati entro gli standard normali.

Da alcuni collaboratori del sindaco è stata avanzata l’ipotesi che gli incendi siano stati provocati da qualcuno che vuole indebolire la giunta di Gualtieri. Roberto Morassut del Partito Democratico ha detto che «dietro gli incendi c’è la rete criminale per i rifiuti». Il capo di Gabinetto del sindaco, Albino Ruberti, ha detto a Repubblica: «La sensazione è che il modello di gestione che il sindaco vuole per Roma non renda tutti contenti. Lavoriamo alla realizzazione di due biodigestori (dove i rifiuti organici vengono trasformati in biogas, ndr) e di siti per il trattamento di carta e plastica di proprietà pubblica. Li gestirà Ama. Anche il termovalorizzatore sarà a controllo pubblico. La sua realizzazione passerà per una gara».

La Procura di Roma sta però indagando anche su un altro aspetto, e cioè la mancata regolare manutenzione del verde e la mancata rimozione dei rifiuti. L’erba alta e la sporcizia frutto delle mancate bonifiche avrebbero rappresentato un combustibile che potrebbe aver reso più difficile spegnere le fiamme.

Dopo l’incendio di Centocelle, Gualtieri ha emesso un’ordinanza imponendo, nell’area compresa in un raggio di 600 metri dal punto di maggiore intensità del rogo, di procedere con il lavaggio delle strade e dei percorsi pedonali interni alle aree private, ai centri per minori, alle strutture sanitarie. Gualtieri ha anche ordinato di pulire i filtri esterni dei condizionatori e di rimuovere tracce di fuliggine dai balconi e dai cortili delle case. La giunta ha poi deciso di investire 3 milioni di euro per rimettere in sesto e modernizzare il sistema degli idranti stradali, ora in pessime condizioni.

Il primo grande incendio di questa stagione era scoppiato a Roma il 15 giugno nell’impianto di smaltimento dei rifiuti di Malagrotta, nel Municipio XII, nella riserva naturale statale Litorale romano, tra il comune di Roma e quello di Fiumicino. A essere distrutto dall’incendio era stato il Tmb (Trattamento meccanico biologico) Malagrotta 2. Secondo ciò che avrebbero accertato le indagini, l’incendio avrebbe avuto origine in due punti distinti: uno nella vasca di stoccaggio del Cdr, il combustibile derivato dai rifiuti che è altamente infiammabile, l’altro nell’area di accumulo dei rifiuti ancora da trattare, cioè non ancora trasformati in Cdr.

Le indagini devono stabilire se uno dei due focolai abbia innescato l’altro oppure se i due focolai si siano accesi contemporaneamente: in quest’ultimo caso, sarebbe molto concreta l’ipotesi di incendio doloso. L’incendio di Malagrotta ha tolto a Roma una linea di trattamento dei rifiuti che ne lavorava 900 tonnellate al giorno​​ (a Roma vengono prodotte circa 4.850 tonnellate di rifiuti quotidianamente).

Gualtieri ha detto al Corriere della Sera che «dopo l’incendio di Malagrotta si sono ridotti gli sbocchi e sono rimaste per strada più di 2.000 tonnellate di rifiuti. Siamo riusciti a trovare sbocchi alternativi, evitando una vera e propria catastrofe ambientale, ma comunque la logistica si è complicata». Il sindaco ha spiegato che probabilmente riapriranno la discarica di Albano e il Tmb di Guidonia. La discarica di Albano era stata chiusa per sequestro da parte della Guardia di finanza a marzo ed è stata poi dissequestrata a fine maggio. Ha detto ancora a Repubblica Ruberti: «siamo in sofferenza. Sul fronte degli incendi, vogliamo capire cosa sia successo a Malagrotta. Quel rogo ci ha privato di un impianto fondamentale e costretto a cercare nuove soluzioni per i rifiuti della Capitale. Sugli altri casi possono incidere condizioni di semi-illegalità. Complessivamente si respira un brutto clima, quasi ci fosse voglia di far vedere che nulla funziona. Che il sistema è fuori controllo».

Il 27 giugno un incendio si è sviluppato invece in via Bosco Marengo, vicino al campo rom Monachina, nell’area nord ovest di Roma. Il rogo, partito da una zona di sterpaglie, aveva coinvolto un grande rimessaggio di camper: sono esplose una cinquantina di bombole GPL in dotazione ai veicoli. L’incendio poi si era esteso a un deposito di vestiti. A causa del fumo 35 persone erano state soccorse dalle ambulanze del 118.

In sole 72 ore, quelle che hanno preceduto l’incendio più grande, i vigili del fuoco erano stati impegnati con 400 interventi in tutta la città. La maggior parte riguardavano fiamme divampate nelle sterpaglie, nelle colture e nelle aree verdi. A prendere fuoco è stata principalmente la vegetazione secca a causa della siccità.

Il 4 luglio un grande incendio è scoppiato nell’area di Pineta Sacchetti, nel parco regionale urbano del Pineto, tra i quartieri Aurelio, Primavalle e Trionfale : le fiamme hanno distrutto molti ettari di verde e il fuoco ha lambito le abitazioni. Anche in quel caso le indagini stanno cercando di capire se l’origine dell’incendio sia stata accidentale o dolosa.

I vigili del fuoco, intanto, attraverso i loro sindacati, hanno fatto sapere che la situazione è estremamente critica. Ha detto Marco Piergallini, segretario generale del sindacato Conapo: «a Roma non ci sono uomini e mezzi sufficienti per affrontare tempestivamente e contemporaneamente tutti gli incendi in atto. Il nostro grido d’allarme dei mesi scorsi sulla carenza di personale è stato sistematicamente ignorato».