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  • Sabato 9 luglio 2022

In Giappone le armi sono pochissime

Così come i morti provocati dalle armi da fuoco, grazie a leggi molto severe: anche per questo l'omicidio di Shinzo Abe è così eccezionale

L'arma di Tetsuya Yamagami, lasciata cadere subito dopo aver sparato a Shinzo Abe (Nara Shimbun/Kyodo News via AP)
L'arma di Tetsuya Yamagami, lasciata cadere subito dopo aver sparato a Shinzo Abe (Nara Shimbun/Kyodo News via AP)
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Per il Giappone e i suoi abitanti, uno degli elementi più sconvolgenti e impressionanti dell’omicidio dell’ex primo ministro Shinzo Abe è il fatto che sia stato ucciso con un’arma da fuoco. In Giappone le leggi sulle armi sono eccezionalmente severe, e nel paese c’è uno dei tassi di diffusione di armi e di omicidi con armi da fuoco più bassi del mondo. Queste leggi hanno garantito al paese un eccezionale livello di sicurezza.

Che le leggi sulle armi da fuoco in Giappone funzionino lo mostra in un certo senso lo stesso omicidio di Abe: l’assassino, Tetsuya Yamagami, gli ha sparato con un’arma rudimentale, che molto probabilmente ha costruito da sé perché non è stato in grado di procurarsi un’arma convenzionale. D’altro canto, proprio perché in Giappone la violenza con armi da fuoco è eccezionalmente rara, Tetsuya ha potuto agire indisturbato: la sicurezza attorno ad Abe, che stava tenendo un comizio elettorale nella città di Nara, era molto lasca. L’omicida si è potuto avvicinare tranquillamente, come spesso succede nel corso di questi eventi, e ha avuto il tempo di sparare due colpi.

Per questo, per i giapponesi il fatto che l’omicidio sia stato compiuto con un’arma da fuoco aggiunge un elemento di sconcerto. Una persona che si trovava nelle vicinanze quando Abe è stato ucciso (ma che non ha assistito all’omicidio) ha detto a Bloomberg: «Ho avuto paura quando ho sentito che era stato un crimine con un’arma da fuoco». Nancy Snow, un’esperta di Giappone, ha detto a CNN che l’uccisione con arma da fuoco di Abe «non solo è un evento raro, ma è culturalmente incomprensibile».

In Giappone le armi da fuoco sono eccezionalmente poche e ben regolamentate. Anzitutto, secondo la legge il tipo di armi che si può comprare è molto limitato: esclusivamente fucili e fucili ad aria compressa, che di solito vengono usati per la caccia e altre attività ricreative. È vietata del tutto la vendita di armi semiautomatiche come quelle che si possono acquistare in molti luoghi degli Stati Uniti, ma anche la vendita di semplici pistole, che sono in dotazione esclusivamente alla polizia.

Tra i paesi avanzati, il Giappone è di gran lunga quello con meno armi in circolazione: sono appena 0,3 per ogni cento persone. Come termine di paragone, in Italia sono circa 14 per ogni cento persone, e in Germania e Francia circa 19. Negli Stati Uniti, sono 120 per ogni 100 persone, il che significa che nel paese ci sono più armi da fuoco che abitanti.

Di conseguenza, anche il numero di morti per armi da fuoco è bassissimo: sono appena 0,03 per ogni 100 mila persone, contro gli 0,4 per ogni 100 mila persone dell’Italia e i 7 morti per ogni 100 mila persone degli Stati Uniti.

Questi grossi risultati sono stati ottenuti dal Giappone con una regolamentazione eccezionalmente rigida. Come ha raccontato CNN, per ottenere un porto d’armi bisogna frequentare un ciclo di lezioni sulla sicurezza, fare un test scritto e un test pratico al poligono, in cui bisogna dimostrare di avere un’accuratezza di almeno il 95 per cento. Il richiedente deve fare test psicologici e sul consumo di sostanze stupefacenti, ed è sottoposto ad ampi controlli della sua storia personale: fedina penale, storia familiare, storia economica, eventuale coinvolgimento in organizzazioni criminali.

Una volta ottenuta l’arma, le restrizioni proseguono. L’arma deve essere denunciata alla polizia locale, alla quale devono essere date informazioni precise sul luogo in cui è conservata. L’arma e le munizioni devono essere conservati in due luoghi separati, entrambi chiusi a chiave. La polizia deve controllare l’arma una volta all’anno, e il porto d’armi deve essere rinnovato ogni tre anni, ripetendo ogni volta la stessa procedura, come fosse la prima volta.

Ci sono poi restrizioni sui negozi di armi, che non possono essere più di tre nella maggior parte delle 40 province giapponesi, e sui luoghi e i modi in cui le armi legalmente detenute possono essere utilizzate. Utilizzare un’arma da fuoco in uno spazio pubblico è ovviamente vietato, ed è un crimine che può essere punito perfino con l’ergastolo.

Anche la polizia deve sottostare a regole precise: nell’addestramento l’utilizzo delle armi viene scoraggiato, e BBC ha scritto che i poliziotti trascorrono più tempo ad allenarsi a kendo (un’arte marziale tradizionale) che a imparare come si utilizzano le armi da fuoco. I poliziotti possono portare con sé le pistole esclusivamente quando sono in servizio, e sono obbligati a lasciarle alla stazione di polizia quando hanno concluso il loro turno.

Alla forte regolamentazione delle armi si unisce in Giappone anche la condanna generalizzata al loro uso, che dipende tra le altre cose dal fatto che dopo la Seconda guerra mondiale la società giapponese fu di fatto demilitarizzata: tuttora la Costituzione vieta al paese di avere un esercito regolare. Come ha raccontato sempre BBC, quando alcuni anni fa un poliziotto usò la sua arma di servizio per suicidarsi fu condannato in maniera postuma per il suo utilizzo.

Anche per questo gli omicidi politici sono molto rari nella storia giapponese recente: l’ultima volta che un primo ministro fu ucciso con un’arma da fuoco fu nel 1932 (ma a ucciderlo fu un militare), e l’ultimo omicidio di un politico avvenne nel 2007, quando il sindaco di Nagasaki fu ucciso in un’azione della yakuza, la criminalità organizzata giapponese.