La dura posizione dei giudici progressisti della Corte Suprema americana sulla sentenza sull’aborto

Si sono dissociati dalla controversa decisione con un lungo testo in cui attaccano la legittimità dei propri colleghi

(Erin Schaff-Pool/Getty Images)
(Erin Schaff-Pool/Getty Images)

La sentenza della Corte Suprema statunitense che ha eliminato il diritto all’aborto a livello nazionale è stata accompagnata, come prassi della Corte, da una serie di testi scritti dai nove giudici in cui vengono motivate le posizioni prese a favore o contro la decisione della Corte. La cosiddetta dissenting opinion, cioè il testo scritto dai giudici contrari alla posizione prevalente finale, è stata firmata dai tre giudici progressisti della Corte, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan, e sta circolando molto per i suoi contenuti assai critici.

Non è raro, fa notare la rivista The New Republic, che le dissenting opinion siano molto critiche nei confronti della posizione presa dalla maggioranza, soprattutto negli ultimi anni. Ma quella che ha accompagnato la sentenza di venerdì è particolarmente dura: i giudici progressisti, scrive The New Republic, «non si sono limitati a dissentire dai ragionamenti dei loro colleghi, ma hanno descritto le azioni e le conseguenze della maggioranza della Corte come illegittime».

Breyer, Kagan e Sotomayor contestano fin dalle fondamenta il ragionamento dei sei giudici conservatori sul diritto all’aborto, efficacemente sintetizzato dal giudice Kavanaugh: «Dato che la Costituzione è neutrale sul tema dell’aborto, anche questa Corte deve mantenersi scrupolosamente neutrale». Nella dissenting opinion si legge:

Quando la Corte distrugge un diritto che le donne hanno avuto per cinquant’anni non si sta comportando in maniera «scrupolosamente neutrale». Sta invece prendendo le parti contro le donne che vorrebbero esercitare quel diritto e a favore di quegli stati, come il Mississippi, che vogliono impedirglielo».

In un passaggio successivo i tre giudici progressisti si spingono ancora oltre, sostenendo che i giudici conservatori hanno ribaltato la storica sentenza “Roe v. Wade” perché «l’hanno sempre disprezzata, e ora avevano i voti per eliminarla»; poi aggiungono che così facendo la maggioranza ha preso una posizione per ragioni ideologiche e personali, per nulla basata sulla giurisprudenza.

Sono accuse molto pesanti, soprattutto in un momento storico in cui la legittimità della Corte Suprema viene messa in discussione da vari studiosi: pochissimi altri paesi occidentali hanno un tribunale così influente, di nomina esclusivamente politica e in cui i giudici sono nominati a vita. Dopo la sentenza di venerdì ci sono estesi timori sul fatto che fra i giudici conservatori e quelli progressisti della Corte la tensione possa diventare così alta da ostacolarne il lavoro quotidiano.