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  • Venerdì 10 giugno 2022

Trump sapeva esattamente cosa stava accadendo il 6 gennaio 2021

È la tesi della commissione d'inchiesta sull'attacco al Congresso, che giovedì ha tenuto la sua prima audizione pubblica

(Jabin Botsford/The Washington Post via AP, Pool)
(Jabin Botsford/The Washington Post via AP, Pool)
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Giovedì sono iniziate le audizioni pubbliche della commissione d’inchiesta della Camera statunitense che da oltre un anno sta indagando sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, portato avanti dai sostenitori dell’allora presidente Donald Trump.

Ieri si è tenuta la prima di sei audizioni, che andranno avanti fino a giugno. L’inchiesta della commissione non ha valore penale – per l’attacco al Congresso sono state già incriminate più di 800 persone, in altre sedi – ma politico, come il processo di impeachment per Trump portato avanti dai Democratici a febbraio del 2021. Già nell’audizione di giovedì sono emersi diversi elementi che difficilmente potranno finire in un processo penale, ma che sono assai rilevanti dal punto di vista politico.

La tesi che sostiene la commissione d’inchiesta, composta da sette Democratici e da due Repubblicani dell’ala minoritaria ostile a Trump, è che l’attacco al Congresso non è stato semplicemente una manifestazione di protesta sfuggita di mano, ma che faceva parte di un piano più ampio portato avanti da Trump e dai suoi collaboratori per ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, vinte dal Democratico Joe Biden.

Durante le circa due ore della prima audizione sono state lette e mostrate testimonianze di persone vicine a Trump – fra cui quella di sua figlia Ivanka – che sostengono di avere capito già nei giorni successivi al voto delle elezioni presidenziali che Trump aveva perso. Eppure nessuno di loro criticò pubblicamente il presidente o fece qualcosa per fermarlo.

Anche Mark Meadows, capo di gabinetto di Trump alla Casa Bianca nonché uno dei suoi più stretti collaboratori, era stato informato in quei giorni che non c’era alcuna prova di brogli da un avvocato che lavorava alla campagna elettorale di Trump, Alex Cannon. Nei giorni e nelle settimane successive Meadows ha comunque aiutato Trump nei suoi tentativi di sovvertire la vittoria di Biden.

In uno dei momenti più commentati dell’audizione, la deputata Repubblicana Liz Cheney ha raccontato che, secondo alcune testimonianze, mentre i manifestanti cantavano cori che auspicavano l’uccisione del vicepresidente Mike Pence, Trump avrebbe detto: «Forse i nostri sostenitori hanno ragione: se lo merita». Nei giorni precedenti Pence si era rifiutato di cancellare la certificazione del risultato elettorale che ufficializzava la vittoria di Biden, cosa che invece Trump gli aveva chiesto esplicitamente.

La giornalista politica del New Yorker Susan B. Glasser ha scritto che già ora «è evidente che le informazioni raccolte da questa notevole inchiesta terranno occupati gli storici per anni». Nelle prossime cinque audizioni ci si aspettano nuove testimonianze e dettagli finora sconosciuti: nel corso dell’inchiesta sono state intervistate più di mille persone, e raccolte montagne di documenti.

La linea ufficiale del Partito Repubblicano, però, è che non ci sia niente da vedere, e che le audizioni siano soltanto un attacco politico dei Democratici in vista delle elezioni di metà mandato, previste a novembre. «Solo. Notizie. Vecchie.», ha twittato durante la prima audizione l’account Twitter ufficiale del gruppo Repubblicano alla commissione Giustizia della Camera.

Il New York Times osserva comunque che diversi analisti politici ritengono che difficilmente le audizioni sull’attacco al Congresso faranno cambiare idea agli elettori. «In una società e in un panorama mediatico sempre più polarizzati, gran parte degli americani ha già deciso cosa pensa dell’attacco al Congresso, e ascolta soltanto quelli che condividono la sua posizione».