Nel centrodestra siciliano volano gli stracci

La rivalità tra Fratelli d'Italia, in ascesa, e Lega e Forza Italia, sempre più deboli, si è manifestata in uno scontro sul candidato alla Regione

(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Nelle ultime settimane i principali partiti del centrodestra e della destra hanno faticato più del solito per trovare candidati condivisi in vista delle elezioni amministrative che si terranno a giugno. In alcuni luoghi, come in Sicilia, la fatica è sfociata in un litigio che si sta consumando principalmente sui giornali.

All’inizio di maggio, dopo settimane di trattative, Fratelli d’Italia, la Lega e Forza Italia avevano deciso di sostenere un unico candidato sindaco a Palermo, il radiologo Roberto Lagalla. Al momento dell’accordo però era rimasto in sospeso un eventuale sostegno comune al presidente regionale uscente Nello Musumeci, che da qualche tempo aveva deciso di ricandidarsi per un secondo mandato alle elezioni regionali che si terranno in autunno. Il sostegno unitario a Musumeci è sembrato di nuovo a rischio negli ultimi giorni dopo che in un’intervista uscita l’8 maggio sulla Stampa Gianfranco Miccichè, influentissimo leader di Forza Italia in Sicilia ed ex viceministro all’Economia, aveva definito il presidente uscente «un fascista» che ha passato «cinque anni a rompere la minchia».

Miccichè ha poi parzialmente smentito l’intervista – «questi toni non mi appartengono e non mi sarei mai permesso di utilizzarli» – ma le sue dichiarazioni hanno messo in evidenza alcune difficoltà che il centrodestra potrebbe incontrare anche a livello nazionale, al netto delle specificità della situazione politica in Sicilia.

Lagalla era stato proposto da Forza Italia e molto sostenuto da Marcello Dell’Utri, storico collaboratore di Silvio Berlusconi, che tre anni fa aveva finito di scontare una condanna a cinque anni di detenzione per concorso esterno in associazione mafiosa. Inizialmente Fratelli d’Italia aveva presentato una propria candidata, l’avvocata e deputata Carolina Varchi, salvo poi ritirare la candidatura per sostenere Lagalla.

In molti avevano interpretato la decisione di Fratelli d’Italia come il primo passaggio di uno scambio politico, che si sarebbe concretizzato col sostegno unitario di tutto il centrodestra alla ricandidatura di Musumeci, che appartiene a Fratelli d’Italia. In quei giorni Fratelli d’Italia aveva anche fatto trapelare alla stampa che la ricandidatura di Musumeci sarebbe stata discussa in un incontro di alto livello fra i dirigenti del centrodestra, mai avvenuto.

Nell’intervista alla Stampa, Miccichè accusa in sostanza la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, di volersi comportare da leader del centrodestra e imporre il proprio candidato, cioè Musumeci, a costo di forzare le trattative con i propri alleati storici: fra cui Forza Italia, storicamente radicatissima in Sicilia. «È fortissima, ma qui non si fanno colpi di mano», ha detto Miccichè alla Stampa a proposito di Meloni.

L’impressione è che i litigi in corso riguardino essenzialmente gli equilibri di potere nella coalizione. Nella lunga intervista alla Stampa Miccichè non cita mai divergenze concrete con Musumeci, nonostante l’opposizione di centrosinistra lo accusi da anni di avere lasciato la Sicilia sostanzialmente ferma su molte questioni urgenti, dalla gestione dei rifiuti allo sblocco dei cantieri per le infrastrutture. Anche Fabio Cantarella, coordinatore provinciale della Lega a Catania, in un’intervista ad Adnkronos specifica che «la riconferma di Musumeci non la può imporre Meloni».

In Sicilia come a livello nazionale le tensioni interne al centrodestra sembrano causate dagli ingenti consensi che i sondaggi attribuiscono a Fratelli d’Italia, la cui classe dirigente – presente in tutta Italia e formata in gran parte da persone cresciute dentro Alleanza Nazionale o nel Movimento Sociale Italiano, cioè nella destra post fascista – sta cercando di capitalizzare il momento favorevole, che però non è ancora stato certificato da alcuna elezione nazionale.

A livello locale poi questa proattività si scontra con i potentati locali dei partiti alleati: quindi con Forza Italia in Sicilia, e con la Lega in Lombardia, tanto che in un’intervista data la settimana scorsa, quindi prima delle dichiarazioni di Micciché, Meloni non aveva smentito la possibilità che Fratelli d’Italia non sostenga la ricandidatura di Attilio Fontana a presidente di Regione in vista delle elezioni regionali lombarde del 2023.

«Non vedo la ragione per la quale un governatore uscente, che ha lavorato bene e nei sondaggi è dato in testa rispetto a tutte le altre ipotesi, non debba essere ricandidato, se non per nervosismi locali o magari per ripicche a livello nazionale», aveva commentato Meloni nella stessa intervista, parlando invece di Musumeci.

In questi giorni Meloni ha mandato in Sicilia, per cercare un compromesso su Musumeci, uno dei suoi collaboratori più stretti, il senatore Ignazio La Russa, di origini siciliane. Non sembra che la missione di La Russa stia andando a buon fine: lunedì ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un post piuttosto criptico rivolto agli alleati di coalizione: «se vogliono rafforzare il centrodestra sanno quello che devono fare».