Questo yacht è di Putin?

Un'enorme imbarcazione da centinaia di milioni di euro ormeggiata in Toscana è da settimane al centro di inchieste e indagini

Lo Scheherazade (Foto Superyachtfan)
Lo Scheherazade (Foto Superyachtfan)

Secondo un’inchiesta di Maria Pevchikh e Georgij Alburov, responsabili della squadra anticorruzione legata al dissidente russo Alexei Navalny, l’enorme yacht Scheherazade, ormeggiato nel porto toscano di Marina di Carrara, appartiene al presidente russo Vladimir Putin. I membri dell’equipaggio, sostengono Pevchikh e Alburov in un video su YouTube, sono in realtà elementi dei servizi di sicurezza russi. L’imbarcazione ha un valore di 700 milioni di euro e, se accertata come appartenente a Putin, dovrebbe essere sequestrata. È da un po’ di tempo al centro di indagini e inchieste, prima fra tutte quella che le aveva dedicato un paio di settimane fa il New York Times.

Ma soprattutto lo yacht di 140 metri, uno dei più grandi al mondo, ha attirato l’attenzione della Guardia di finanza e del Csf, Comitato di sicurezza finanziaria, che stanno individuando sul territorio italiano beni riconducibili a oligarchi russi inseriti nella black list delle persone sanzionate stilata dall’Unione Europea. Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso di martedì al parlamento italiano, ha citato lo Scheherazade chiedendone il “congelamento”, e cioè il provvedimento previsto nei confronti dei beni degli oligarchi legati al regime di Mosca.

Era stato per primo il New York Times ad avanzare l’ipotesi che lo yacht fosse effettivamente di Vladimir Putin. La società che ha in gestione l’imbarcazione, The Italian Sea Group, aveva risposto con un comunicato: «In funzione della documentazione di cui dispone e a seguito di quanto emerso dai controlli effettuati dalle autorità competenti, dichiara che lo yacht di 140 metri Scheherazade, attualmente in cantiere per attività di manutenzione, non è riconducibile alla proprietà del presidente russo Vladimir Putin». In realtà la Guardia di finanza sta ancora esaminando la documentazione sequestrata.

Accertare a chi appartenga realmente lo Scheherazade non è facile, perché la proprietà sembra più misteriosa della media già misteriosa degli yacht di lusso. Al mondo esistono 14 yacht analoghi e quello ormeggiato a Marina di Carrara è l’unico di cui non si conosca la proprietà. Lo yacht formalmente appartiene a una compagnia offshore, la Bielor Asset ltd., con sede alle isole Marshall, in Oceania. È stato costruito nel 2020, ha una stazza di 10.167 tonnellate e può raggiungere una velocità di 18 nodi. È distribuito su sei piani, ha due ponti per l’atterraggio di elicotteri ed è dotato di molti lussi. Può ospitare 18-20 persone in nove cabine, mentre i membri dell’equipaggio sono circa 40 alloggiati in 20 cabine. Secondo il sito Superyachtfan, gli interni dello yacht sono stati disegnati da Zuretti Yacht Design. Lo yacht ha una grande piscina, palestre, cinema, diverse aree di intrattenimento. Sarebbe presente anche un sistema di protezione dai droni e avrebbe un costo annuale di gestione tra i 50 e i 70 milioni di dollari.

Non sono molte le persone al mondo che possono permettersi uno yacht come lo Scheherazade. Ad avvalorare l’idea che possa appartenere a Vladimir Putin, o che sia comunque di qualcuno che l’abbia messo a disposizione del presidente russo, c’è il fatto che nessuno, nelle ultime settimane, pur sapendo dell’indagine in corso, si è fatto vivo per fare luce sulla proprietà. A Marina di Carrara, aveva raccontato il New York Times, lo chiamano abitualmente «lo yacht di Putin», lo stesso soprannome che circolava tra i membri dell’equipaggio, secondo quanto confidato da un ex marinaio dello yacht rimasto anonimo, che ha aggiunto che quando la barca ospitava «il capo» l’equipaggio internazionale veniva sostituito da personale russo. Il comandante Guy Bennett-Pearce, inglese, ha però smentito questa ricostruzione e ha sostenuto di non aver mai visto Putin a bordo, rifiutandosi però di dire di più citando un accordo di riservatezza.

Secondo ciò che affermano Pevchikh e Alburov, il 70% dell’equipaggio dello Scheherazade è composto da cittadini russi che si spostano dalla Russia all’Italia «come a rotazione». Il comandante Bennett-Pearce è inglese, ma il secondo in comando, Sergej Grishin, è russo e sarebbe in realtà un membro dell’Fso (Federalnaya sluzhba okhrany), l’agenzia russa che si occupa della protezione dei membri più importanti del governo di Mosca e anche di quella del presidente Putin. Anche il nostromo Anatolij Furtel secondo l’inchiesta della fondazione di Navalny sarebbe un membro dell’Fso in servizio a Sochi, a capo del gruppo incaricato di difendere la dacia Bocharov Ruchey dove il presidente russo trascorre le vacanze, sul Mar Nero. Altre 23 persone dell’equipaggio sarebbero, secondo Pevchikh e Alburov, membri dell’Fso e dell’Fsb, Federal’naja služba bezopasnosti, il servizio segreto russo (l’ex Kgb).

Nei giorni scorsi alcuni giornali avevano avanzato l’ipotesi che lo yacht fosse di proprietà di Eduard Yurievich Khudainatov, presidente di Rosneft, la compagnia petrolifera di stato. Khudainatov non è presente nella black list, e non sembra in realtà un personaggio così importante da giustificare una simile presenza degli apparati di sicurezza russi nell’equipaggio.

I due collaboratori di Navalny, nel video pubblicato su YouTube, chiedono «il sequestro immediato e la confisca dello yacht, nonché la divulgazione dei documenti: chi, quando e come ha pagato per questa nave. Perché lo ha fatto con i nostri soldi. Soldi rubati a pensionati. A insegnanti e medici. Ai soldati che vengono ingannati per morire e uccidere in Ucraina».