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  • Martedì 22 febbraio 2022

Le assunzioni e i risarcimenti a Grafica Veneta

A sette mesi dallo scandalo per lo sfruttamento dei lavoratori e il caporalato, la più importante azienda italiana produttrice di libri ha raggiunto un accordo con i sindacati

(Foto Cgil)
(Foto Cgil)

L’azienda Grafica Veneta di Trebaseleghe, in provincia di Padova, assumerà un centinaio di persone tra cui ci sono anche i lavoratori pakistani che mesi fa avevano fatto causa all’azienda, coinvolta in un’indagine sullo sfruttamento e il caporalato a cui erano sottoposti i lavoratori stranieri che operavano presso la società. La vicenda provocò un certo scandalo nell’editoria, visto che Grafica Veneta è la più importante azienda in Italia nella stampa di libri.

Le trattative tra sindacato e azienda sono state lunghe e piuttosto complicate. Diciannove lavoratori, assistiti dal sindacato Uilm, avevano già raggiunto un accordo in precedenza per farsi risarcire o assumere. Per undici lavoratori, assistiti da Cgil-Fiom, l’accordo è stato siglato tre giorni fa. Tre lavoratori saranno assunti a tempo indeterminato e riceveranno mille euro di risarcimento; altri tre saranno assunti a tempo determinato ma per più di sei mesi, avranno la priorità nel caso di future assunzioni definitive, e riceveranno duemila euro di risarcimento. Per gli altri cinque, che nel frattempo si sono trasferiti e non erano più interessati al posto di lavoro, sono previsti risarcimenti: in quattro riceveranno 5 mila euro, uno ne riceverà 11 mila.

In cambio, la Cgil ha ritirato la causa che aveva promosso assieme all’Associazione studi giuridici contro il presidente di Grafica Veneta Fabio Franceschi, accusato di discriminazione razziale. L’udienza che si doveva tenere lunedì in tribunale è stata annullata.

La vicenda risale al luglio del 2021, quando durante un’operazione dei carabinieri denominata Pakarta, furono arrestati Giorgio Bertan, amministratore delegato di Grafica Veneta, e Giampaolo Pinton, direttore dell’area tecnica. Erano accusati di essere a conoscenza della situazione di illegalità e sfruttamento in cui era costretta a lavorare la manodopera straniera a cui l’azienda di Trebaseleghe aveva affidato l’ultima fase della produzione, quella del confezionamento dei libri.

Le indagini erano iniziate un anno prima, nel maggio del 2020, quando un lavoratore pakistano era stato trovato lungo la statale 516 a Piove di Sacco, in provincia di Padova, con le mani legate. Poco dopo un altro uomo venne trovato nelle stesse condizioni a Loreggia, a 40 km di distanza. Altri cinque lavoratori pakistani si erano presentati al pronto soccorso di Camposampiero. Tutti dissero di essere stati picchiati e derubati.

I carabinieri accertarono che tutti i lavoratori erano dipendenti della BM Service, società con sede a Lavis, in Trentino, gestita da Arshad Mahmood Badar e dal figlio Asdullah, entrambi di origine pakistana e cittadinanza italiana. La BM Service si occupava di confezionamento di prodotti dell’editoria per conto di altre aziende, tra cui Grafica Veneta. Secondo i carabinieri la BM Service nascondeva in realtà un’organizzazione di caporalato.

Fu scoperto che i dipendenti erano regolarmente assunti, ma dovevano a lavorare fino a 12 ore al giorno per sette giorni su sette, senza nessuna giornata di riposo. Le ferie non erano previste né erano riconosciuti giorni di assenza per malattia. I lavoratori, a quanto appurarono i carabinieri, erano sorvegliati a vista. Tutto questo avveniva all’interno dei locali di Grafica Veneta.

Scrisse la gip di Padova, Domenica Gambardella: «Grafica Veneta è perfettamente consapevole del numero di ore necessarie per svolgere il lavoro che appalta e non a caso, disponendo delle timbrature dei dipendenti BM Service, ha fatto di tutto per non consegnarli alla Polizia giudiziaria». Secondo il sindacato, il costo del lavoro per Grafica Veneta era troppo basso e la BM Service non avrebbe potuto minimamente rientrare dai costi della manodopera. C’era solo un modo per ammortizzare i costi: far lavorare le persone anche il doppio di quanto stabilito, dimezzando così di fatto la loro retribuzione.

Inoltre, dallo stipendio dei lavoratori, di 1.000-1.100 euro, venivano detratte le spese di alloggio, sempre fornito dalla BM Service. Si trattava di appartamenti in cui vivevano anche venti persone. I lavoratori poi denunciarono di essere spesso vittime di violenze e di ricevere minacce per le loro famiglie in Pakistan se si fossero ribellati.

La vicenda provocò un grosso scandalo. Grafica Veneta ha come clienti le più importanti case editrici italiane: ha stampato i libri di Papa Francesco e di Barack Obama, la saga di Harry Potter, i libri di Stephen King. Lo scrittore Maurizio Maggiani pubblicò un articolo su Repubblica in cui disse di vergognarsi perché non si era mai posto il problema di quali lavoratori e in che condizioni stampassero i suoi libri.

I due dirigenti arrestati, Giorgio Bertan e Giampaolo Pinton, patteggiarono sei mesi di pena per l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di undici lavoratori pakistani. Per quanto riguarda l’azienda, la vicenda giudiziaria si concluse. Non finirono però né le polemiche né lo scontro sindacale.

Lo scorso ottobre il presidente dell’azienda Fabio Franceschi diede un’intervista alla Stampa in cui disse tra l’altro, parlando dei lavoratori pakistani: «Ma loro sono un po’ così, pulizia e bellezza non è che facciano parte della loro cultura. Comunque, vivevano in 8 in una casa grande, 2 in una stanza. Neanche male». In un altro passaggio disse anche che «non ne vogliamo più. In 5 anni non hanno imparato una parola di italiano. Non sono come i rumeni e i filippini, che hanno una cultura vicina alla nostra. I veneti sono abituati a vivere bene: sotto un certo punto di vista, con loro soffriremo un po’ di più. Ma non sarebbero mai arrivati a dire certe falsità». Per queste parole Franceschi era stato denunciato per discriminazione razziale.

Qualche giorno fa, con l’avvicinarsi del processo, Franceschi ha fatto visita alla moschea pakistana dell’Arcella, a Padova, e ha incontrato il presidente della comunità. Poi ha parlato di assunzione di «lavoratori di qualsiasi etnia, razza o religione, c’è spazio per tutti coloro che hanno buona volontà senza preclusione alcuna, chi ha voglia di lavorare e di integrarsi è ben accetto». Almeno 20 delle cento assunzioni in programma riguarderanno cittadini pakistani. Hanno detto i segretari di Cgil e Fiom, Aldo Marturano e Loris Scarpa: «In questa vicenda i fatti parlano più di una sentenza: Franceschi due mesi fa dichiarava “mai più pakistani nella mia azienda” e ora ne ha assunti un bel po’ e la contestata condotta discriminatoria è stata ritirata».