Il governo litiga sul superbonus

Draghi e Franco lo criticano da settimane, Salvini e il M5S lo difendono, e in mezzo ci sono delle cose da decidere

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Da giorni dentro al governo e alle forze di maggioranza è in corso una animata e delicata discussione sul superbonus 110%, l’agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica di case e condomini per la quale il governo ha stanziato miliardi e miliardi di euro e che da settimane è oggetto di critiche. Il presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco hanno criticato duramente la misura, accusandola di aver favorito gravi frodi al fisco, ma il principale partito che l’ha voluta – il Movimento 5 Stelle – continua a difenderla, sostenuto in questi giorni da Matteo Salvini della Lega.

In uno dei Consigli dei ministri previsti per questa settimana il governo dovrà probabilmente decidere se e quale correttivo approvare per risolvere un problema seguito a un decreto di fine gennaio, che nel tentativo di contrastare le frodi aveva limitato fortemente un meccanismo alla base del superbonus, col risultato di fatto di bloccare i cantieri e i finanziamenti. Ma le opinioni sul superbonus sono piuttosto discordanti dentro al governo: la Lega sembra piuttosto divisa, tra Salvini che lo difende e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che lo critica accodandosi a Draghi e Franco. Il M5S intanto non vuole rinunciare a una delle misure che più ha sostenuto negli ultimi anni, mentre il Partito Democratico sembra occupato prevalentemente a mediare.

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Il superbonus 110% era stato introdotto nel 2020 dal secondo governo Conte, sostenuto dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle: prevedeva che lo stato rimborsasse, e anzi corrispondesse un sovrapprezzo del 10%, una fascia molto ampia di lavori di ristrutturazione degli edifici residenziali.  Oltre a costare moltissimo allo stato, il superbonus è considerato poco equo perché favorisce le fasce benestanti della popolazione, sembra portare benefici limitati in termini di emissioni risparmiate e ha favorito la nascita di molte piccole aziende edili spesso improvvisate, con rischi non trascurabili per la sicurezza sul lavoro. E le modalità con cui erano stati organizzati i rimborsi, secondo molti osservatori e secondo la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Economia, hanno favorito le frodi.

Nel weekend, Giorgetti aveva detto che il superbonus sta “drogando” il settore edilizio, contribuendo a far salire i prezzi e l’inflazione. Non è un’opinione isolata: Franco aveva definito le truffe legate al superbonus e agli altri bonus edilizi «tra le truffe più grandi che la Repubblica abbia mai visto».

I problemi principali individuati dal governo riguardavano la possibilità di cedere per un numero di volte illimitato, tra privati, imprese e banche, i crediti d’imposta, cioè le detrazioni sulle tasse concesse a chi fruisce dei bonus. Erano usati di fatto come strumento di pagamento, ma questi passaggi avevano favorito frodi e fatturazioni false, oltre che il riciclaggio di denaro. Nel 2021 l’Agenzia delle Entrate aveva bloccato quattro miliardi di euro di crediti legati ai bonus edilizi, tra cui il superbonus.

Il governo aveva perciò deciso di limitare questo fenomeno permettendo di cedere il credito d’imposta una sola volta. Ma la possibilità di scambiarlo era stata una delle misure che più avevano garantito un’immediata disponibilità di soldi e spinto in modo significativo le ristrutturazioni, favorendo l’espansione del settore edilizio. La limitazione nelle cessioni dei crediti fiscali aveva convinto enti e banche a sospenderne l’acquisizione, costringendo le imprese a rivedere i bilanci e a ridiscutere le condizioni con i clienti in corso d’opera.

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Da giorni si aspetta che il governo prenda una decisione per correggere questo problema. Le anticipazioni dei giornali dicono che l’idea sia di concedere «fino a tre cessioni dei crediti, ma solo se “bollinati” e solo tra istituti vigilati da Bankitalia, come banche e assicurazioni», scrive oggi Repubblica. I crediti “bollinati” sarebbero quelli a cui è stato associato un codice dell’Agenzia delle Entrate alla prima emissione, che dovrà sempre essere tracciabile cessione dopo cessione. Serve a dare la possibilità a chi acquisisce un credito di risalire alla sua origine, verificando che corrisponda effettivamente a un lavoro vero.

Il governo dovrà poi decidere come occuparsi degli istituti finanziari che a un certo punto hanno acquisito dei crediti d’imposta fasulli: una situazione che riguarda per l’appunto crediti d’imposta per miliardi e miliardi di euro, e che coinvolge in particolare Bancoposta.

Il M5S intanto è piuttosto scocciato che Draghi e Franco stiano parlando così male e così insistentemente del superbonus, di cui sono stati e sono ancora i principali sostenitori. Il presidente del Movimento Giuseppe Conte ha detto che «non si può brindare al +6% del PIL e poi gettare fango sul Superbonus, che ci ha reso la locomotiva d’Europa sulle costruzioni».