La nuova frontiera delle consegne a domicilio

Riguarda le piattaforme che consentono di ordinare la spesa a domicilio in pochi minuti, grazie a un sistema di magazzini ben distribuiti

Un fattorino di Getir a Berlino (Florian Gaertner / photothek.de)
Un fattorino di Getir a Berlino (Florian Gaertner / photothek.de)

Nelle grandi città italiane ed europee si sono diffusi negli ultimi tempi alcuni servizi di consegne a domicilio un po’ diversi da quelli a cui eravamo abituati prima della pandemia da coronavirus. È il settore del cosiddetto quick commerce, che rispetto ai servizi tradizionali presenta un raggio d’azione dei fattorini più ristretto, a cui corrisponde anche una maggiore rapidità di consegna (quick in inglese significa “rapido”). In poche parole, sono quei servizi che si vantano di consegnare una spesa in qualunque casa nel giro di dieci minuti.

Ma le principali aziende attive in questo settore insistono molto sul fatto che il nome del settore sia fuorviante. A loro dire la caratteristica che lo rende interessante nel breve e medio termine è che si adatta perfettamente a un approccio sempre più diffuso nella progettazione e ripensamento delle città.

«Il quick commerce è complementare all’idea della città a quindici minuti», spiega al Post Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia, citando un concetto urbanistico per cui idealmente ogni abitante di una città dovrebbe trovarsi al massimo a quindici minuti a piedi da tutti i servizi essenziali come una scuola, un ufficio del Comune, un centro di medicina territoriale e così via, per favorire modelli di vita meno legati alle risorse che tradizionalmente si trovano nel centro della città (nonché giocoforza sempre più diffusi, in tempi di smart working e in generale di una frequentazione più assidua del proprio quartiere).

I servizi di quick commerce riescono a garantire la consegna di una spesa in quindici minuti perché la merce che viene trasportata dai fattorini si trova in alcuni magazzini – chiamati anche dark store – posizionati in maniera uniforme nella città. «Quando un utente conferma un ordine, i dipendenti delle nostre warehouse riescono a processarlo in pochi minuti: negli ultimi mesi abbiamo calcolato una media tra gli 80 e i 120 secondi per la preparazione e l’evasione di ogni ordine dal magazzino», spiega Alessandro Colella, general manager di Gorillas, un’azienda tedesca che si occupa esclusivamente di quick commerce e in Italia è attiva a Milano, Roma, Torino e Bergamo.

Un’altra azienda che offre un servizio simile è Getir, un’azienda turca dal caratteristico logo viola arrivata da poco in Italia, anche se Gorillas puntualizza che vuole distinguersi su temi come l’etica – i fattorini sono assunti con contratto da dipendenti – e la sostenibilità, dato che a tutti i propri fattorini fornisce una bicicletta elettrica.

Dopo che l’ordine è pronto per essere elaborato, chiaramente nel dark store più vicino all’indirizzo di consegna, il fattorino passa a ritirarlo e raggiunge in pochi minuti la sua destinazione. Un grosso vantaggio competitivo, se si pensa che secondo un recente sondaggio del gruppo di consulenza Euromonitor il 37 per cento degli intervistati nell’Europa occidentale considera i lunghi tempi di attesa il principale problema delle piattaforme di consegne a domicilio, ormai diffusissime in tutte le città.

L’interno di uno dei “dark store” di Glovo

I magazzini contengono sia alcuni prodotti tipici della cosiddetta grande distribuzione organizzata (GDO), sia cose che si possono trovare nei negozi di quartiere o in giro per la città. Una delle novità del settore è questa: porsi di fatto come intermediari e fornitori di un servizio – la consegna a domicilio, su cui trattengono una percentuale dell’ordine – fra i clienti e alcuni negozi fisici che esistono già nei paraggi. In questo modo permettono a negozi di piccola o media dimensione di accedere a un giro di clienti anche superiore a quello del punto vendita fisico, e ai clienti di ordinare facilmente e con un piccolo sovrapprezzo i prodotti del proprio negozio di fiducia, o di scoprirne altri nelle vicinanze.

«Soprattutto in Italia, il cliente compra dalla grande catena ma cerca anche il piccolo brand, che sia la piccola catena locale o la singola bottega», spiega Pagliarani. Da Glovo, un’azienda attiva in 400 città italiane e che offre anche servizi più classici di consegna, fanno notare che i partner locali includono per esempio a Napoli il noto negozio di ortofrutta Cozzolino, a Milano la pescheria Pesciolini, a Roma il Forno di Campo dei Fiori. «Il nostro obiettivo è cercare botteghe che fanno la differenza all’interno della città», spiega Pagliarani: «ma se nel tuo quartiere o nella tua città un certo prodotto non è disponibile, non possiamo vendertelo».

Anche Gorillas dice di fare una selezione accurata dei propri partner. «Ogni prodotto che portiamo sull’app viene scelto da noi, e in ogni città cambia l’assortimento anche in base ai gusti e alla disponibilità», spiega Colella: «a Milano abbiamo scelto per esempio il Birrificio Lambrate e la gelateria Gusto 17, a Roma abbiamo accordi con un sacco di panetterie locali».

Uno dei rischi della diffusione dei servizi di quick commerce è quello di mettere in competizione negozi che vendono prodotti simili e magari avevano clientele diverse, oppure quello di ridurre progressivamente la frequentazione dei negozi fisici, che hanno ingenti costi di manutenzione. O ancora, che all’interno dello stesso contesto, cioè l’app di queste piattaforme, i clienti scelgano più spesso di acquistare i prodotti della grande distribuzione organizzata, che costano tendenzialmente meno rispetto a quelli dei piccoli e medi negozi.

Le piattaforme negano che per i negozi esistano delle controindicazioni: e per il momento il settore è ancora troppo giovane perché ci siano dati concreti su cui valutare le loro osservazioni.

«Molti che non volevano venire a bordo perché pensavano che sarebbero stati cannibalizzati poi sono stati costretti, durante la pandemia. Quando però c’è stata la riapertura si sono accorti che la cannibalizzazione non c’era stata, o era stata minima», dice Pagliarani. «Durante la pandemia abbiamo quadruplicato le richieste di adesione di ristoranti ed esercizi commerciali: e quasi nessuno di loro ha smesso di collaborare con noi, perché toccano con mano il fatto che effettivamente offriamo loro un’opportunità in più».

«La pandemia ha accelerato alcuni trend, e dai numeri che abbiamo in Italia ma anche negli altri paesi europei la nostra aspettativa è che la percentuale di spesa fatta attraverso il quick delivery continuerà ad aumentare», spiega invece Colella.