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  • Martedì 8 febbraio 2022

La storia della modella ungherese incarcerata ingiustamente in Italia

Nel 2019 Greta Gila fu arrestata per narcotraffico e tenuta in carcere 73 giorni: non c'entrava niente, e ora chiede un risarcimento

Greta Gila in un fermo immagine del film promozionale "Budapest" dell'ente del turismo ungherese
Greta Gila in un fermo immagine del film promozionale "Budapest" dell'ente del turismo ungherese

La modella ungherese 24enne Greta Gila ha chiesto allo Stato italiano un risarcimento di 100mila euro per ingiusta detenzione. Il 22 marzo 2019 venne arrestata in un albergo di Fiumicino, dove era di passaggio prima di volare a Tokyo per un servizio fotografico, con l’accusa di essere una narcotrafficante. Trascorse in carcere a Civitavecchia 74 giorni, poi la misura cautelare fu attenuata: per sei mesi non ebbe però la possibilità di lasciare l’Italia perché era sottoposta all’obbligo di firma, a Roma, in determinati giorni della settimana.

Il 10 dicembre 2019 Gila aveva ricevuto la comunicazione che il giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia aveva archiviato l’indagine parlando di «infondatezza della notizia di reato» nonostante «le lunghe indagini espletate». In pratica, l’arresto di Greta Gila era stato un errore. A chiedere l’archiviazione fu la procura di Civitavecchia.

Nel 2019 il nome di Greta Gila iniziava a essere conosciuto nel mondo della moda e dei concorsi di bellezza. Due anni prima era stata eletta miss Turismo nel suo paese ed era stata candidata a miss Ungheria nel 2018. Aveva anche partecipato, in Cina, a Miss Universo. Il 22 marzo del 2019 aveva fatto scalo a Fiumicino prima di raggiungere Tokyo dove era attesa per un servizio fotografico. Il volo sarebbe partito la mattina seguente.

Nel frattempo, come spiega il suo avvocato Massimiliano Scaringella, a Fiumicino era arrivata la costumista del servizio fotografico, proveniente dal Brasile, nel cui bagaglio erano stati trovati 11 kg di cocaina: «La droga doveva essere consegnata a un complice, il servizio fotografico era lo scudo al traffico di droga. Ovviamente Greta Gila di tutto questo non sapeva nulla», dice Scaringella.

Quella sera la modella ungherese cenò con un manager della sua agenzia. Doveva unirsi ai due anche la costumista. Quando si accorse che quest’ultima tardava l’uomo, che poi Gila descrisse come molto nervoso, si allontanò dicendo alla ragazza di salire in camera e aspettare. «La Guardia di Finanza», continua a raccontare l’avvocato , «aveva messo a punto quella che si chiama “consegna guidata”. La costumista, già arrestata, doveva effettuare la consegna solo che, giunta in albergo, non trovò il manager ma, alla reception, le fu consegnato un messaggio in cui le veniva detto di salire in camera di Greta».

Quando la costumista, seguita dalla Guardia di Finanza, bussò alla porta della modella, quest’ultima, che parlava pochissime parole in italiano, pensò che si trattasse di una rapina. La Guardia di Finanza perquisì la sua stanza senza trovare nulla e poi la portò in caserma. Venne formalizzata l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti.

Dopo essere stata fermata, Gila chiese di telefonare ai genitori che riuscirono a trovare a Roma un avvocato, Scaringella, che parlasse ungherese. Nei primi interrogatori, Gila spiegò di non aver mai visto prima la costumista, di essere a Roma solo di passaggio e che avrebbe dovuto raggiungere Tokyo dove era stata ingaggiata per un servizio fotografico con un compenso di 1.500 euro. Questo particolare, come ha raccontato la stessa Gila al Corriere della Sera, le si ritorse contro: «Quando mi hanno arrestato l’hanno giudicato inverosimile, come se fosse una prova contro di me».

Solo dopo 73 giorni l’avvocato Scaringella riuscì a ottenere per la sua assistita l’attenuazione della misura cautelare. A Roma, Gila iniziò a lavorare, prima in un pub e poi in un negozio di moda. L’avviso di archiviazione arrivò il 16 dicembre 2019. Era stato lo stesso procuratore di Civitavecchia, Roberto Sabelli, a chiederla. Dalle indagini non era infatti emerso nessun riscontro sul possibile coinvolgimento della donna ed era stato anzi evidenziato come l’intero servizio fotografico da realizzare a Tokyo fosse stato usato, all’insaputa sia della modella sia delle altre persone che a quel servizio dovevano lavorare, come copertura al traffico di cocaina.

Ha detto Gila al Corriere della Sera: «Ho smesso di fare la modella per il trauma. Associo l’aereo alla paura di essere arrestata e fatico a fidarmi. Sono tornata in Ungheria e seguo la mia passione per la pittura. Magari è questa la mia strada».

La richiesta di risarcimento di 100mila euro presentata dall’avvocato Scaringella verrà discussa il 22 febbraio dai giudici della corte d’Appello di Roma. «So bene che la cifra che ho chiesto per i parametri italiani è molto alta», dice al Post l’avvocato, «ma Greta Gila stava iniziando una carriera da modella che è stata praticamente stroncata da quanto è successo. I danni psicologici sono stati enormi».

In Italia la somma indennizzabile per ogni giorno di ingiusta detenzione è di 235,82 euro. È una cifra a cui si giunge dividendo l’importo massimo stabilito dalla legge, che è di 516.456,90 euro, per la durata massima della custodia cautelare in carcere, che è di sei anni. Nel caso di Greta Gila si arriverebbe a 17.214 euro di risarcimento. «C’è però il danno ulteriore che, ovviamente, è da provare. Non è facile, trattandosi di danno psicologico», dice ancora l’avvocato Scaringella, «ma ripeto, va tenuto conto che la carriera di Greta si è fermata proprio in seguito alle ripercussioni psicologiche di quella vicenda».