Cosa succede ai senzatetto nella stazione Termini

Si parla dell'introduzione di un divieto di distribuire loro cibo all'interno, ma le associazioni di volontariato ridimensionano le polemiche

La distribuzione di cibo ai senzatetto fuori dalla stazione Termini, a Roma, da parte dei volontari della Croce Rossa (© Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)
La distribuzione di cibo ai senzatetto fuori dalla stazione Termini, a Roma, da parte dei volontari della Croce Rossa (© Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)

Alla stazione Termini di Roma, sia all’interno, sia sotto la tettoia dell’ingresso principale sia sul lato che si affaccia su via Marsala, ci sono normalmente almeno 300 persone senza fissa dimora. In inverno, nei periodi più freddi, le presenze aumentano. Molti cercano un po’ di aria calda sdraiandosi sulle grate della metropolitana che passa sotto la stazione. Per dare loro assistenza, cibo, vestiti e coperte ci sono centinaia di volontari che appartengono alle decine di associazioni presenti a Roma e che si alternano per assicurare un sostegno quotidiano.

Nelle ultime settimane ci sono state polemiche e notizie sulla presunta introduzione di nuove regole, secondo le quali non sarebbe più possibile per i volontari dare da mangiare alle persone senza fissa dimora. Le associazioni che lavorano sul posto in realtà spiegano che la situazione non è poi molto diversa rispetto a prima, e che finora nella maggior parte dei casi hanno potuto distribuire il cibo senza ostacoli. Il cibo viene offerto soprattutto all’esterno della stazione e sono poche le persone che invece non si spostano dagli ambienti interni.

Alcuni episodi sembrano indicare che sia stata effettivamente inasprita l’applicazione di regole che esistevano già prima, ma per il momento le associazioni di volontariato cercano di ridimensionare i toni della polemica, temendo che possa complicare il loro lavoro quotidiano. Le discussioni sul nuovo approccio si erano sviluppate in particolare dopo un tweet di Lapo Elkann, che aveva riportato la segnalazione di un amico che era stato «cacciato mentre dava da mangiare a una signora italiana» alla stazione.

 

Nei giorni successivi sono emerse altre testimonianze simili. Un volontario che preferisce rimanere anonimo ha confermato al Post che in effetti ultimamente l’atteggiamento sia del personale della sicurezza privata che fa capo alla società Grandi Stazioni Rail, che ha in gestione le 15 principali stazioni italiane, sia quello delle forze dell’ordine, si è inasprito:

«Una sera stavo facendo il giro assieme ad altri volontari, come facciamo abitualmente, quando due carabinieri mi hanno fermato e chiesto che cosa stessi facendo. Ho spiegato che stavamo compiendo il giro per portare da mangiare ai senzatetto. Mi hanno chiesto i documenti e poi hanno detto che ciò che stavo facendo era vietato invitandomi quindi ad andare via».

Repubblica aveva riportato, nei giorni scorsi, la notizia secondo cui alcuni militari avevano circondato e poi allontanato una persona senza fissa dimora che si trovava nel grande salone d’ingresso della stazione e che stava mangiando. Un deputato del Partito Democratico, Claudio Mancini, ha presentato anche un’interrogazione parlamentare per avere chiarimenti. Il ministero della Difesa ha fatto sapere di non aver dato nessuna indicazione ai militari che operano alla stazione Termini di agire in quel modo.

Il 3 febbraio, poi, si è verificato un altro caso. Un gruppo di volontari della Casa famiglia Ludovico Pavoni che era entrato all’interno della stazione per portare cibo ad alcune persone senza fissa dimora era stato fermato dai carabinieri e identificato. Padre Carlo, dell’associazione Ludovico Pavoni, era presente e ha spiegato al Post:

«Come sempre stavamo distribuendo cibo all’esterno della stazione. Ci sono però alcune persone, meno di dieci, che non vogliono uscire all’esterno, temono di perdere le loro poche cose oppure di non riuscire più a rientrare. Si tratta di casi isolati. I volontari quella sera sono entrati, seguiti da una troupe del Tg3, per poter portare loro un panino ma sono stati fermati dai carabinieri che hanno chiesto i documenti. Sappiamo che esiste questa regola per cui non si può dar da mangiare all’interno della stazione. È una regola piuttosto curiosa, però, in un luogo dove ci sono bar e ristoranti di ogni tipo».

Sulle notizie che riportano le difficoltà incontrate dai volontari è intervenuta, come riporta Repubblica, anche l’assessora alle politiche sociali Barbara Funari, che ha assicurato la volontà del comune di collaborare con i volontari spiegando che «con il Prefetto stiamo immaginando di trovare altri spazi di accoglienza attorno alla Stazione Termini. Questo sicuramente aiuterebbe per prime le persone che si trovano lì».

In generale però le associazioni di volontariato tendono a circoscrivere il numero dei casi in cui i volontari sono stati ostacolati. Melina Monteforte di RomAltruista, dove si formano i volontari che lavorano poi per le varie associazioni, spiega che «il problema dei senza fissa dimora a Roma è enorme e la stazione è bene o male un punto di arrivo, molti senzatetto gravitano attorno a Termini, come avviene in ogni grande città. Ma le associazioni di volontariato operano fuori dalla stazione; cibo, vestiti coperte vengono forniti all’esterno. Certo, ci sono anche i volontari che entrano per raggiungere quei senzatetto che non si presentano all’esterno, ma sono casi limitati».

Molti volontari sottolineano come la stazione Termini, come tutte le altri grandi stazioni italiane, si sia trasformata anche in centro commerciale, con molti negozi anche di lusso. Questa trasformazione è ritenuta da molti alla base del mutato atteggiamento nei confronti delle persone senza fissa dimora che frequentano la stazione, considerate da chi gestisce le stazioni un problema dal punto di vista del cosiddetto “decoro”. Mancini dice che «esercito e vigilantes non sono certo le soluzioni per risolvere il disagio sociale e abitativo. Salvaguardare le attività commerciali e il decoro del luogo sono motivazioni che non possono fermare la catena di solidarietà che a Roma si prende cura delle persone più fragili».

Sono però le stesse associazioni di volontariato che cercano in parte di ridimensionare la polemica, per non rischiare momenti di tensione eccessivi e per non complicare i rapporti sia con la società che gestisce la stazione Termini sia con le forze dell’ordine. Sostengono poi che l’attenzione non dovrebbe essere focalizzata solo sulla stazione Termini: Claudio Campani del Forum del volontariato per la strada dice che «a Roma, anche se è impossibile avere dati certi, ci sono circa 8-10mila senzatetto. E quelli che vivono attorno alla stazione Termini sono 300».

Le Ferrovie dello Stato intanto hanno fatto sapere che non è stata introdotta nessuna nuova regola e che in realtà la possibilità di distribuire cibo alle persone senza fissa dimora all’interno della stazione non è mai stata consentita, aggiungendo che è possibile farlo solo nelle aree esterne, sotto le pensiline di via Marsala, di via Giolitti e sotto la pensilina di piazza dei Cinquecento (che a Roma viene chiamata “dinosauro”).

«Il dramma dei senzatetto è una situazione che conosciamo perfettamente e che vediamo quotidianamente», dice Marco Mancini, portavoce di Ferrovie dello Stato. «La condizione dei senza fissa dimora a Roma è drammatica. È giusto ricordare però che Ferrovie dello Stato non è indifferente. L’ostello Di Liegro, della Caritas, dove trovano aiuto i senzatetto, è in un immobile messo a disposizione da Ferrovie dello Stato. E anche Binario 95 che in via Marsala offre accoglienza tutti i giorni dell’anno è concesso in comodato d’uso dalle Ferrovie. Nei nostri help center il personale specializzato segue i senzatetto, li aiuta in un percorso di recupero. In tutto abbiamo destinato 5500 metri quadrati all’accoglienza di chi ha più bisogno».

In molti, in questi giorni di polemiche, hanno ricordato ciò che accadde 39 anni fa, il 31 gennaio 1983, quando una donna di 71 anni senza fissa dimora, Modesta Valenti, si sentì male vicino al binario uno della stazione Termini: «Alcuni passanti chiamarono un’ambulanza», ricordano alla Comunità di Sant’Egidio, «che però non volle soccorrerla, perché aveva i pidocchi. Per quattro lunghe ore, diversi ospedali si rimbalzarono la responsabilità di soccorrerla. Modesta rimase in terra, continuando a soffrire. E quando finalmente arrivò l’ultimo mezzo di soccorso, era morta».