Una canzone di Roberto Vecchioni

E cose di madri

(Daniela Franceschelli/Pacific Press via ZUMA Wire)
(Daniela Franceschelli/Pacific Press via ZUMA Wire)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Il Guardian ha raccolto dieci conclusioni a cui si giunge dopo aver visto Get Back: sono abbastanza d’accordo su tutto, fuorché sulle scuse a Yoko Ono. Perché l’ho sempre difesa, e perché anche se è vero che non fu colpa sua lo scioglimento dei Beatles, non è che dal film esca come questo genio (ho detto che non esce: magari lo era ma dissimulava bene). Altri pareri, e il mio, in Tienimi Bordone di venerdì.
Se pensate che non troverete mai le sette ore e mezza necessarie, o che non vi abbonerete a Disney+ per questo, fate male: ma se continuate a pensarlo, su YouTube è pieno di spezzoni di Get Back per divertirvi.
Cito ancora il Guardian, perché degli inglesi ci si può fidare un po’ di più degli americani, come gusti: e benché le classifiche delle cose migliori dell’anno ognuno ha le sue, starei alla larga da quelle degli americani, appunto, a cui da una quindicina d’anni piace della vera robaccia. Quella del Guardian trova che la canzone migliore dell’anno sia dei Self esteem (che sono una persona sola, Rebecca Taylor) e ci si può stare, vedete voi.
Il Post ha raccontato la vecchia ma sempre affascinante storia di Smoke on the water dei Deep Purple.
I Duran Duran più stazzonati che mai che fanno ancora una volta Save a prayer.

Ninni
Roberto Vecchioni

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Sabato sono stato sei ore e mezzo su un Frecciarossa, come molti altri passeggeri sequestrati da una giornata di disastro associata allo spettacolare nome della stazione di Firenze Campo di Marte. E in uno dei momenti in cui il treno si muoveva, dalla playlist random è uscita Ninni. E non dirò che abbia eliminato la seccatura, né la delusione per la presentazione di Cose perduta, né la fame intervenuta: ma un po’ sì. Mettetevi le cuffie e guardate fuori.

A un certo punto mia madre e i suoi amici si innamorarono di Roberto Vecchioni, come molte persone di sinistra della loro età, all’inizio degli anni Settanta. Vecchioni lo portò in casa lei, insomma, ma lo adottammo rapidamente anche noi ragazzini (io avevo 11 anni), e ce ne impossessammo. Non è che capissimo proprio tutto, soprattutto tutte quelle allusioni colte, ma a quell’età nemmeno ci fai tanto caso, ai testi: canticchi, beato.

Certi versi, a risentirli decenni dopo, suonano più scadenti di quanto sembrassero, qualche filastrocchismo deboluccio, qualche indulgenza compiaciuta di donnaiolismo erotomane da bar Jamaica. Molti altri, invece, sono tuttora delle meraviglie imbattibili.

E passò qualcosa di lieve
Come sole in mezzo alla neve

Ninni è una bellissima canzone dedicata a una madre – parlavamo di madri e di loro meriti – fatta di diversi passaggi tutti stupendi: la scena iniziale dell’incontro del narratore con la sua famiglia di vent’anni prima.

Tu eri bella e parlavi con i tuoi bambini
Disegnavi sorrisi sui finestrini

Il desiderio da Ritorno al futuro di ante-proteggere il padre.

Dire all’uomo che fuma senza parlare
Fuma piano, ti prego e poi capire
Che il futuro è già stato
E non può cambiare

Il nomignolo del protagonista, così musicale, e la melodia struggevole del pianoforte. E altre rime e metriche perfette.

E che il tempo mi passa e mi passa sopra
E tu entravi dicendo vuoi che ti copra

Che tuo figlio non è cambiato
Era solo ma si è aspettato

E l’esplosione di tastiere finale, un po’ datata, ma riprende il pianoforte e ci infila genialmente quattro contronote in più.
Gran canzone, bravo. E brava la mamma, come si dice.

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