È morto a 90 anni l’ex presidente e dittatore sudcoreano Chun Doo-hwan

Chun Doo-hwan nel 1978 (Yonhap via AP)
Chun Doo-hwan nel 1978 (Yonhap via AP)

Martedì è morto a 90 anni Chun Doo-hwan, ex generale e presidente della Corea del Sud dal 1980 al 1988: era malato da tempo ed è morto a casa sua a Seul, la capitale della Corea del Sud. Chun Doo-hwan prese il potere nel 1979 con un colpo di stato, sostituendo Park Chung-hee, a sua volta andato al potere con un colpo di stato. Governò il paese come un dittatore, con la violenza e reprimendo opposizione e dissenso.

Chun Doo-hwan chiuse le università e il Parlamento e represse con estrema violenza le grandi proteste per la democrazia che seguirono al colpo di stato: furono imprigionate decine di migliaia di studenti e furono uccise quasi 200 persone. Fece anche arrestare alcuni oppositori politici, tra cui Kim Dae-jung, che venne poi liberato, divenne presidente e vinse il Premio Nobel per la Pace nel 2000. Chun Doo-hwan avviò un programma di “Purificazione sociale”, col quale svariate persone, tra cui dissidenti politici, vennero rinchiuse in caserme e subirono violenze di vario tipo: centinaia di loro morirono.

Perse le elezioni nel 1987 (indette dopo enormi proteste), fu condannato a morte nel 1996, ma fu poi graziato proprio da Kim Dae-jung. Durante il suo regime l’economia sudcoreana crebbe considerevolmente, ma Chun rimase sempre una figura profondamente impopolare. Non si pentì mai della violenza che contraddistinse il suo regime. È morto circa un mese dopo Roh Tae-Woo, presidente della Corea del Sud dal 1988 al 1993, che prima fu alleato di Chun ma poi si aprì alla democrazia.