Una canzone di Angélique Kidjo

E una spiccia lezione di fonetica francese

(Theo Wargo/Getty Images)
(Theo Wargo/Getty Images)

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Scusate se insisto con Damon Albarn, ma ho scoperto che la settimana fa ha fatto Don’t you want me degli Human League in radio, voce e pianoforte (qui c’è tutta la puntata).
You were working as a waitress in a cocktail bar
When I met you

C’è un altro pezzetto dall’agognato documentario sui Beatles che esce su Disney+ il 25, con loro che fanno I’ve got a feeling.
La cosa credo più noiosa e fuffosa che abbia mai ascoltato sulla musica, lo dico con divertito rispetto, è questo video di D’Alema del 1977 (aveva 28 anni) che mi ha passato oggi il mio amico Claudio.

Les enfants perdus
Angélique Kidjo

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A un certo punto, quando studi il francese, succede una cosa che svolta la tua capacità di pronunciarlo dignitosamente, ed è quando capisci che non è vero che quelle “e” finali, “non si pronunciano”, come genericamente ti aveva detto qualcuno all’inizio: a volte si pronunciano, ma sono degli schwa. Cioè, allora nessuno mi disse che fossero degli schwa, ma il concetto è quello: e quando impari che non devi sempre lasciare quelle ultime consonanti appese, orfane delle “e” che seguono, ma che a volte ce le devi appoggiare sopra, alle “e”, tutto il tuo dire quelle parole diventa un’altra cosa. Mi auguro che tutti quei libri che vedo da qualche anno su “come essere una parigina” lo spieghino. Io mi sono sentito una parigina la prima volta quando, tardi, capii questo.

Per esempio “le vent nous souffle dans le dos”, il vento che ci soffia alle spalle: suflə.
Angelique Kidjo la vocale la pronuncia tutta, non è “muta” ma è uno sgabello per la consonante che la precede, ed è una bellezza.
Ils sont toujour en arrière
Quand le vent nous souffle
Dans le dos
Ils sont là quand même

Poi qualunque linguista fonetista di quelli che sanno la distinzione tra chiamarla “e muta” ed “e caduca” vi dirà che è tutto più complicato: in francese la pronuncia delle “e” non accentate – è la vocale di gran lunga più presente – è soggetta a mille regole e mille eccezioni e mille localismi: ma noi facciamo a capirci tra maccheronici quaggiù, e domattina mi occupo io delle mail di puntualizzazioni, conteggi di consonanti e correzioni che mi sarò meritato.

Angélique Kidjo è nata nel Benin nel 1960, l’anno in cui la colonia francese che allora si chiamava del Dahomey divenne indipendente. Probabilmente non sapete il nome della capitale del Benin, e in questa vocazione didattica che mi ha rapito stasera vi indicherò anche quella, insieme ad altre con cui passare il dopocena se avete ospiti, o figli competitivi.
Poi a ventitré anni Kidjo andò a Parigi e da lì cantando conquistò – nel senso sentimentale, non coloniale, del verbo – mezzo mondo, partecipando a mille cerimonie ufficiali e impegni benintenzionati, soprattutto con l’Unicef: questa canzone del 2002 parla di bambini, ha un arrangiamento un po’ banale ma una gran bella strofa, che dà il suo meglio quando è nuda, all’inizio.
Nella foto lei è con Philip Glass a New York dieci giorni fa, ora vive lì. Qui mette su un circo ai Grammy dell’anno scorso.

Invece, tornando a quella “e” e ai bambini perduti, succede anche se per caso qualcuno sfiora loro il cuore: frolə.
On leur fait tellement peur
Tellement peur
Quand par hasard on frôle leur coeur
Ils nous aiment quand même

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