Abdel Fattah al Burhan, il generale che ha guidato il colpo di stato in Sudan, ha detto che non farà parte del nuovo governo civile del paese

Abdel Fattah al Burhan (AP Photo/Hussein Malla)
Abdel Fattah al Burhan (AP Photo/Hussein Malla)

Domenica Abdel Fattah al Burhan, il generale che ha guidato il recente colpo di stato in Sudan, ha detto ad Al Jazeera di non avere l’intenzione di ricoprire alcuna carica all’interno del nuovo governo civile del paese, che dovrebbe insediarsi dopo le elezioni del 2023. Nel colpo di stato dello scorso 25 ottobre erano stati arrestati sia il primo ministro Abdalla Hamdok che altri ministri, e il governo del Sudan era stato sciolto. Quelle di al Burhan sono dichiarazioni importanti, ma da prendere con cautela, perché non è scontato che l’esercito sudanese decida di lasciare effettivamente il potere ai civili.

I militari dissero che avrebbero riconsegnato il potere ai civili entro poco tempo anche nel 2019, dopo il colpo di stato che rovesciò il trentennale regime di Omar al Bashir. Di fatto però la riconsegna del potere ai civili richiese mesi di trattative e avvenne comunque solo a metà, visto che il Sudan rimase governato da militari e civili insieme.

Tra le altre cose, parlando con Al Jazeera, al Burhan ha sostenuto che l’esercito non sia responsabile per le uccisioni dei manifestanti che hanno protestato contro il colpo di stato nel corso delle ultime due settimane. Secondo le ricostruzioni locali, però, a uccidere e ferire i manifestanti (14 morti e circa 300 feriti) è stato proprio l’esercito, che questa domenica ha arrestato 87 persone, molte delle quali erano state picchiate dopo un’altra protesta. Nel frattempo sia il primo ministro sudanese che una serie di ministri sono ancora in stato d’arresto.