Un’altra canzone dei Mountain goats

Si è sempre tra amici intorno alle canzoni

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Non per fare quello che cerca di costruire engagement, anzi: che poi se mi scrivete mi viene da rispondere e faccio tardi, vado a letto tardi e la mattina quando suona la sveglia è un guaio. Però, appunto, che suono ha la vostra sveglia? La mia vita è molto migliorata da quando anni fa Apple introdusse la possibilità di rimpiazzare i suoni predefiniti (il mio meno odiato: Arpa) con delle canzoni prese da iTunes. E non fu facile: la cosa più probabile è che dopo aver scelto una canzone l’effetto sveglia prevalga su qualunque bellezza, e invece di svegliarvi gradevolmente con una canzone amata vi trovate invece a odiare una canzone che vi sveglia, fosse pure quella più amata. Quindi, ve lo dico, evitate una canzone vivace: quella va bene dopo, per cominciare ad accelerare le pratiche di inserimento nella civiltà, fare il caffè, la doccia, ascoltare Costa (ah, no, le due insieme no). Per la sveglia serve una cosa dolce, non una secchiata d’acqua. Almeno per me: voi magari con la cosa dolce non vi svegliate, e volete la secchiata d’acqua. Insomma, io mi trovo bene da anni con Philip Aaberg – bravo pianista americano di lungo corso – che fa la musica di Romeo e Giulietta di Nino Rota.
Liam Gallagher degli Oasis dice che è caduto dall’elicottero e si è spaccato la faccia. L’elicottero era a terra, si immagina.
Ieri avrebbe compiuto 80 anni Mama Cass Elliott dei Mamas & Papas, band novecentesca che ebbe all’inizio del millennio un ritorno di fama per una memorabile sequenza di Lost, la serie.
E ieri erano 40 anni dal concerto in Central Park, quel concerto in Central Park.
Qualcuno ha fatto un montaggio meraviglioso per far cantare a Brian Williams, famoso anchorman televisivo americano, quel pezzone di protorap che era Rapper’s delight.

The last place I saw you alive
The mountain goats
The last place I saw you alive su Spotify
The last place I saw you alive su Apple Music
The last place I saw you alive su YouTube

Un giorno vorrei scrivere un libro sui fallimenti di design. Sulle cose fatte male, che funzionano male; quelle proprio disegnate male, che hanno come campione sulla scala più grande la stazione dell’Alta velocità di Bologna, quella dove la segnaletica e i percorsi sono aggrovigliati in modo diabolico e ci perdiamo sempre tutti, ancora oggi dopo anni (le cose ferroviarie sono un ricco repertorio di disastri, tipo le antine in certi regionali dello scorso decennio, o il posizionamento irraggiungibile delle prese elettriche in certi frecciarossa).
Ma mi incuriosiscono anche quelle fatte male, eseguite male, sbagliate rispetto al progetto, per sciatteria: sono settimane che litigo con quella che credo di poter nominare come la peggior pellicola per alimenti del mondo, che è quella di Unes. Si strappa male, aderisce male, si appiccica inevitabilmente su se stessa. Voi direte: e cambiala, no? È che credo di averne comprato per sbaglio un rotolo da un chilometro, una volta che ho fatto una spesa online: non finisce mai, e mi secca dargliela vinta.

Non che questo c’entri molto – niente, actually – con la canzone di stasera, ma per via dell’età e del fatto che certi mi chiamano “direttore” (per sfottere, penserete voi) mi rendo conto di avere accumulato maggiori inibizioni di un tempo rispetto a scrivere simili frivolezze sul mio blog dove lo facevo un tempo: e questo sfogo sulle pellicole Unes lo rifilo a voi qui che siamo tra amici. Come si è sempre intorno alle canzoni.

Che poi la canzone di stasera ha invece una sua romantica gravità, e sta dentro quel ricchissimo filone che sono le canzoni dedicate a qualcuno che è morto. Quando qualcuno muore, i musicisti ci scrivono una canzone, prima o poi: e di solito sono abbastanza ispirati, per sincerità o per attenzione a non sbracare.

I Mountain Goats li raccontammo con un’altra canzone un anno e mezzo fa, e c’era di mezzo un ricordo anche allora, di un amore. Qui invece è una morte, ma una morte a cui non pensavi, stavi facendo altro, e poi all’improvviso ti trovi nel posto dove ti avevo visto l’ultima volta.

I’m not thinking of you
When I swing left onto Gordon Avenue
It’s just the way the traffic veers
Haven’t driven down these streets in years
But then I pass the last place I saw you alive

La canzone era nel penultimo disco dei Mountain Goats, uscito l’anno scorso (nel frattempo ne hanno fatto un altro, a giugno).
Non è che ci pensi spesso, a te, ci sono miliardi di altre cose rimaste mentre te ne andavi, ed è così che vanno le cose, niente di strano. Ma poi passo dal posto dove ti avevo visto l’ultima volta.

It’s only now and then you come to mind
There’s a trillion things you left behind
It’s just the way the math works out
Nothing really to get worked up about
But then I pass the last place I saw you alive

The last place I saw you alive su Spotify
The last place I saw you alive su Apple Music
The last place I saw you alive su YouTube