• Sport
  • Domenica 5 settembre 2021

Perché i surfisti brasiliani sono così forti

Fino a pochi anni fa in Brasile il surf era poco diffuso: poi sono arrivati allenatori bravi e una generazione di talenti, la “Brazilian Storm”

Il surfista brasiliano Italo Ferreira durante il torneo Rip Curl Narrabeen Classic a Sydney, in Australia, il 19 aprile 2021 (Cameron Spencer/ Getty Images)
Il surfista brasiliano Italo Ferreira durante il torneo Rip Curl Narrabeen Classic a Sydney, in Australia, il 19 aprile 2021 (Cameron Spencer/ Getty Images)

Lo scorso 27 luglio il surfista brasiliano Italo Ferreira ha vinto la prima medaglia d’oro olimpica nella storia del surf, uno sport al suo debutto olimpico a Tokyo. Solitamente il surf è associato a paesi come Australia, Stati Uniti e Portogallo, dove ci sono onde altissime e le competizioni più prestigiose. Nell’arco degli ultimi anni, però, i surfisti brasiliani sono riusciti a imporsi sempre di più, vincendo praticamente la metà delle gare internazionali.

Fino ai primi anni Duemila i surfisti brasiliani erano pochi e per lo più sconosciuti: spesso non avevano i mezzi economici per permettersi l’equipaggiamento e viaggiare all’estero, e soprattutto non erano preparati ad affrontare le onde più alte e insidiose, visto che per conformazione quelle del Brasile sono così così, nonostante i quasi 7.500 chilometri di coste del paese. Oggi i primi tre surfisti nel ranking mondiale sono tre brasiliani. Le cose hanno iniziato a cambiare con l’emergere di una generazione di surfisti che ha dato un grande impulso alla disciplina: i cosiddetti membri della “Brazilian Storm”, la “tempesta brasiliana”.

Oltre a Ferreira, fanno parte di questa “Brazilian Storm” anche i surfisti Adriano de Souza, Chloe Calmon e Lucas Chumbo, che nel 2019 ha vinto il Tow Surfing Challenge di Nazarè, in Portogallo, uno dei posti dove si formano le onde più alte del mondo; ci sono poi Tatiana Weston-Webb, Maya Gabeira, Felipe Toledo e soprattutto Gabriel Medina, che nel 2014 fu il primo surfista latinoamericano a diventare campione del mondo, poco prima del suo 21mo compleanno: attualmente è il primo surfista nel ranking mondiale, seguito da Ferreira e Toledo.

Secondo molti atleti brasiliani, il momento decisivo per la crescita del surf nel paese è stato il titolo mondiale ottenuto da Medina nel 2014. Come ha raccontato il surfista Mateus Herdy, considerato uno dei giovani talenti del paese, «Gabriel ha cambiato tutto»: non solo ha dimostrato che i brasiliani potevano vincere le gare internazionali più importanti, ma ha anche aperto la strada a un’intera generazione di campioni.

Il surf arrivò in Brasile nella seconda metà degli anni Sessanta, dopo essersi diffuso in Australia, in California e in diversi arcipelaghi dell’oceano Pacifico, in particolare nelle Hawaii, grazie a onde alte anche più di 15 metri.

Fino agli anni Novanta in Brasile questo sport era visto più che altro come un passatempo, praticato solo da chi poteva permettersi di comprare una tavola o viaggiare nei posti con le onde migliori: insomma, dal ceto medio-alto, e non dai brasiliani più poveri o che abitavano nelle favelas, dove lo sport più diffuso era il calcio. A partire dagli anni Duemila, però, il surf divenne via via più comune, anche grazie a maggiori investimenti nel settore e all’arrivo di allenatori più preparati.

Una delle persone che hanno contribuito al successo dei surfisti di questa generazione è l’osservatore e allenatore Luiz “Pinga” Campos, che nel giro degli ultimi quindici anni ha scoperto e lanciato vari atleti della Brazilian Storm.

– Leggi anche: Brevi storie di atleti paralimpici

Dalla fine degli anni Duemila, Campos cominciò a reclutare alcuni dei surfisti brasiliani più noti, tra cui Ferreira, aiutandoli a ottenere sponsorizzazioni, in modo che potessero iscriversi alle competizioni nazionali e riuscissero ad andare all’estero per allenarsi su onde più alte rispetto a quelle che si trovano in Brasile. Allo stesso tempo, Campos insegnò ai giovani surfisti – che gareggiavano per lo più come non professionisti – anche la disciplina e l’attitudine da professionisti: una cosa che ha aperto nuove opportunità a chi prima non le aveva, e che ha reso a poco a poco il Brasile uno dei paesi più avanzati in questo sport.

Uno dei momenti storici del surf brasiliano è stato lo scontro per il titolo del mondo nel 2019: la prima finale di sempre tra due surfisti brasiliani, Ferreira e Medina, che oggi in Brasile sono considerati grandi celebrità sportive.

Con questa impostazione, i giovani surfisti brasiliani sono cresciuti in un ambiente sempre più competitivo, che al contempo ha rafforzato il seguito e il sostegno da parte di famiglie e comunità, facendo diffondere lo sport anche tra le parti più povere della popolazione. Come ha spiegato Lucas Chumbo, in Brasile «non c’erano soldi e non c’erano le onde» e i brasiliani avevano la reputazione di essere quelli svantaggiati, quelli che «cercavano di sopravvivere» nella loro stessa comunità.

La storia di Adriano de Souza è particolarmente interessante. Cresciuto in una favela nella periferia di Guarujá, a sud di San Paolo, e scoperto da Campos quando aveva solo 9 anni, de Souza ha raccontato che una tavola di seconda mano pagata 7 dollari regalatagli da suo fratello quando era piccolo lo ha «tenuto lontano da una vita di crimini, droga e povertà». Con l’aiuto di Campos, da ragazzino de Souza si è trasferito in California per praticare il surf.

Il surfista brasiliano Gabriel Medina durante le semifinali della gara Rip Curl Narrabeen Classic in Australia, 20 aprile 2021 (Cameron Spencer/ Getty Images)

Grazie al successo degli atleti della Brazilian Storm, molti giovani surfisti stanno vedendo il surf come uno sport sempre più accessibile.

Uno di questi è Fabrício Conceição de Jesus, 14enne considerato uno dei talenti maggiori di questo sport in Brasile. Conceição abita con la sua famiglia in una favela di Rio de Janeiro, e anche se fa surf da solo 4 anni ha ottenuto una borsa di studio in una scuola privata grazie alla sua abilità nel surf. Come ha raccontato al Washington Post il suo allenatore, Dioniso Santos, «l’unica cosa che manca [a Fabrício] sono le opportunità»: come de Souza, anche Conceição punta sul surf per superare le divisioni di classe e la povertà.

– Leggi anche: Agatha Christie, surfista