Breve storia del “chiringuito”

L’usanza di servire cibo e bevande nelle tipiche strutture all’ombra vicino al mare ha un’origine dibattuta, in Catalogna e Andalusia

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Barcellona, 27 maggio 2020 (AP Photo/Emilio Morenatti)
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In moltissimi film uno degli stereotipi più noti e ricorrenti prevede che il protagonista o un altro personaggio secondario esprima, a un certo punto della storia, il desiderio di “mollare tutto” o di scappare da qualcuno o da qualcosa, per dedicarsi a un’attività commerciale molto specifica: aprire un bar su una spiaggia, in un paese più o meno remoto e tropicale. Quel desiderio ha spesso la forma del chiringuito, il tipico chiosco formato da una struttura in legno e ombreggiato da rami e foglie, che vende bibite e pasti in spiaggia, diffuso lungo le coste spagnole del Mediterraneo e in tante altre località di mare in tutto il mondo, ormai anche in Italia.

Per quanto radicato nell’immaginario collettivo, il chiringuito ha una storia poco chiara e molto dibattuta tra gli esperti del settore. Diversi gestori in Catalogna e in Andalusia, ma anche alcuni in America Latina, sostengono di discendere dalle generazioni che per prime avviarono questo tipo di attività. Tra questi ci sono i proprietari di un noto chiringuito catalano sul lungomare della Ribera, a Sitges, un comune spagnolo situato 40 chilometri a sud di Barcellona. «Il primo chiringuito dal 1913», è scritto su una delle pareti della struttura, in legno dipinto di blu e bianco. Era originariamente noto come “El Kiosquet”, e all’inizio era soltanto un lungo tavolo utilizzato come bancone vicino alla spiaggia.

Nel 1943, l’imprenditore Juan Calafell comprò il chiosco di Sitges, lo rifondò e lo ricostruì con il nome “chiringuito”, dopo che la precedente struttura era stata distrutta dalle onde del mare. Si ritiene che il chiringuito di Sitges sia stato il primo in Spagna a utilizzare quella parola nel senso in cui la utilizziamo oggi. In precedenza, secondo lo scrittore e giornalista di Madrid César Gonzalez Ruano, quella parola definiva un tipo di preparazione del caffè e proveniva dalle Antille, dove i contadini chiamavano “chiringo” il caffè filtrato attraverso un calzino. Questa versione della storia è però contestata da Beli Artigas, uno storico dell’arte di Sitges e peraltro frequentatore del chiringuito.

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In base alle ricerche svolte da Artigas, negli anni Venti esisteva un chiringuito – già chiamato così – nel porto di Barcellona, sul Muelle de la Paz. Era una specie di bancarella, nota per la clientela vivace e le grandi scazzottate, in cui venivano servite bevande ai viaggiatori che andavano e venivano dall’America. È quindi molto probabile, secondo Artigas, che il nome “chiringuito” fu scelto da Calafell a Sitges sulla scorta della popolarità del chiringuito di Barcellona, e non per la storia della particolare tecnica di preparazione del caffè nelle Antille.

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Una spiaggia di Paguera, a Maiorca, il 24 luglio 2021 (Clara Margais/dpa)

In effetti la parola “chiringuito” deriva, con ogni probabilità, dall’America Latina ma non risulta che abbia legami con il caffè, a parte quelli supposti nella storia scritta da Ruano. È invece attestato l’uso di una parola molto simile, “chinguirito”, per definire in Messico e a Cuba un tipo di brandy prodotto nelle terre dell’Impero spagnolo durante l’epoca coloniale. Ottenuto dalla distillazione di miele della canna da zucchero, fu a lungo proibito perché ritenuto «velenoso e mortale», prima di essere legalizzato e commercializzato in Spagna dall’inizio dell’Ottocento.

Il legame del brandy con il chiringuito, secondo una delle teorie più accreditate, sarebbe frutto di un lapsus linguistico rapidamente entrato nel linguaggio popolare e di cui esistono tracce risalenti al 1895. “Chiringuitos” potrebbero a un certo punto essere diventati, per semplice metonimia, i posti in cui veniva servito quel brandy originariamente chiamato “chinguirito”. Questa teoria sarebbe peraltro compatibile con le numerose storie che descrivono il chiringuito come un chiosco originariamente adibito soltanto al consumo di bevande all’aperto, un luogo in cui le persone sostavano e si intrattenevano.

L’usanza di mangiare a pochi passi dal mare e in strutture uguali a quelle che oggi definiamo “chiringuito”, secondo lo storico ed esperto di gastronomia spagnola Fernando Rueda, risale almeno al 1860 e potrebbe derivare dall’Andalusia. «A Malaga si chiamavano “merendero”, altro che chiringuito», ha detto Rueda. Sotto un tetto di canne sorretto da quattro pali di legno, i pescatori di quartieri di mare come El Palo si riunivano con il cibo preparato nelle case e poi servito sui banchi. Era un modo per permettere alle persone di bere e mangiare seduti all’ombra e all’aperto. L’unica cosa cucinata all’esterno, ha raccontato Rueda, erano gli spiedini di sardine arrostite al fuoco sulla sabbia, secondo una tecnica di cottura in uso ancora oggi e chiamata “amoragar”.

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Spiedini di sarde cucinati in un chiringuito a Rincon de la Victoria, Costa del Sol, il 19 agosto 2020 (EPA/Jorge Zapata)

Non è chiaro il passaggio storico che portò i merendero a mutare fino a diventare i numerosi chiringuito presenti oggi sulle spiagge dell’Andalusia. Pepe Romero è il proprietario del ristorante Nuevo Reino a San Pedro Alcántara, a Marbella, riconosciuto come il «primo chiringuito» della Costa del Sol. Sostiene che a introdurre quella parola furono nel 1956 alcuni produttori cinematografici che acquistarono delle case nel quartiere Cortijo Blanco, incaricarono suo padre di allestire vicino al mare un bancone all’ombra con cibi e bevande, e definirono quello spazio “chiringuito”.

Quella parola finì per diffondersi in tutte le zone di mare della regione, conferma lo storico Rueda, sottolineando una certa tendenza degli andalusi ad accogliere favorevolmente le formule linguistiche e le pratiche culturali provenienti da aree esterne ai confini dei loro paesi. «Successe la stessa cosa con il limone, aggiungerlo al pesce è un’imposizione della gente che dalle zone interne arrivava sulla costa». Rueda ha detto che alcuni merendero si trovano ancora, a Malaga, anche se i giovani non li chiamano così: «di sicuro io mi rifiuto di chiamarli chiringuito».

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