Anche i capelli vanno protetti dal sole?

Abbiamo chiesto a un'esperta a cosa servono davvero le protezioni solari per capelli, e come non scottarsi la "riga"

(AP Photo/Ed Ford)
(AP Photo/Ed Ford)

Tra i prodotti presentati dai negozi di cosmetici nel periodo estivo ci sono spesso spray e oli per proteggere i capelli dal sole pubblicizzati con sigle poco intuitive. A volte sulle confezioni di questi prodotti compare la sigla che si trova anche sulle creme solari: SPF, cioè Sun Protection Factor, fattore di protezione solare. Elena Accorsi Buttini, divulgatrice scientifica, esperta di marketing e cosmetici, e autrice del libro La scienza dei capelli, ha spiegato però che «l’SPF è una misura riconosciuta dall’Unione Europea per quantificare la capacità di un prodotto di proteggere la pelle dai raggi UVB, quindi non ha molto senso applicare lo stesso standard ai capelli».

Altre volte può capitare di trovare la sigla HPF, cioè Hair Protection Factor, che fa pensare a un equivalente dell’SPF per capelli: in realtà, dice Accorsi Buttini, «bisogna sapere che in questo caso si fa riferimento a standard stabiliti da enti indipendenti che rilasciano certificazioni ai produttori senza però essere vincolati a un protocollo internazionale». La sigla HPF quindi è un’indicazione che nasce da esigenze di marketing per dare credibilità a un prodotto che fino a qualche anno fa non c’era: non ha niente a che vedere con la protezione solare e può significare cose diverse.

Per non farsi confondere dalle scritte sulle confezioni e capire come trattare i propri capelli in vacanza, abbiamo fatto un po’ di ordine.

L’esposizione della pelle al sole senza protezioni può causare eritemi, dermatiti, ustioni e nei casi più gravi melanomi: sui capelli, che sono fatti di cellule morte, il danno è soprattutto estetico. «I prodotti venduti per proteggere i capelli dal sole intervengono soprattutto a livello estetico con antiossidanti o filtri che proteggono dai raggi UVA e hanno senso per chi si espone molto al sole» ha spiegato Accorsi Buttini. «Per esempio può tornare utile a chi lavora nel bar di un bagno in riviera per tutta l’estate e magari ha i capelli tinti, per far durare il colore più a lungo. L’obiettivo di questo tipo di prodotti è soprattutto prevenire la discolorazione del capello. Il sole può rompere le proteine dei capelli, che si ossidano e assumono un colore bruno o verso l’arancione. Se piace, va bene così, se no si può provare a evitarlo con questi prodotti. In ogni caso l’ossidazione non fa perdere i capelli».

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Anche nel caso della testa, è soprattutto della pelle che bisogna preoccuparsi: un’ustione grave o ripetuta al cuoio capelluto, per esempio, può stressare la pelle e avere l’effetto di non far ricrescere alcuni capelli. A quelle persone che si bruciano spesso la pelle della “riga” (che tecnicamente si chiama “scriminatura”) o alle persone con un po’ di calvizie, Accorsi Buttini consiglia di usare «gli spray protettivi “invisibili” che rilasciano una polvere leggera simile a quella dei deodoranti o degli shampoo secchi: possono essere spruzzati per proteggere la pelle della testa senza avere l’effetto di ungere o impiastricciare i capelli».

Solitamente questi spray hanno una tecnologia che si chiama Bag on Valve (BOV) che funziona grazie a una valvola e permette di distribuire il prodotto in polvere. «I vantaggi di questo sistema», dice Accorsi Buttini, «sono l’uniformità dell’applicazione sulla pelle — importantissima — e l’altissima stabilità di conservazione — che per un solare è molto importante».

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Gli spray adatti riportano la dicitura “invisible” o “dry” e hanno confezioni simili a quelle dei deodoranti secchi: per esempio questo di Garnier Ambre Solaire ha protezione 50+ e costa 8 euro e questo di La Roche Posay sempre con protezione 50+ costa 17 euro e si possono usare anche sul resto del corpo.

Anche il cloro usato nelle piscine e il sale del mare possono indebolire i componenti del capello (cioè lipidi, proteine, pigmenti colorati): anche in questi casi il capello si rovina, diventa secco, e assume quell’aspetto che nelle pubblicità viene definito “sfibrato”.

«Anche qui, come con il sole, la cosa da fare è evitare esposizioni intense: se vado a fare snorkeling e sto in acqua 3 ore tutti i giorni per un mese mi devo aspettare che quell’attività rovini il capello, ma se vado una settimana al mare e basta non è il caso di preoccuparsi», dice Accorsi Buttini: «In ogni caso è sempre bene sciacquarsi i capelli con l’acqua dolce dopo essere stati in mare e fare qualche maschera restitutiva, cioè che aiuta a riportare i capelli allo stato originario».

Tra le redattrici del Post che usano questo tipo di prodotti c’è chi ha testato con soddisfazione la maschera di Nashi Argan, chi quella del marchio Moroccan Oil e chi si trova bene con le cose del marchio Kérastase, che fa maschere ricostituenti per capelli di ogni tipo. Ma sia online che nei negozi si trovano facilmente anche maschere più economiche.

«Come in ogni cosa bisogna avere buon senso. Chi ha in programma una vacanza di un mese al mare deve preoccuparsi come prima cosa della pelle, che come dicevamo può avere danni seri. Il danno sui capelli possono essere la disidratazione, il cosiddetto effetto paglia, o la discolorazione, e anche per questo andrebbe evitata un’esposizione selvaggia al sole», conclude Accorsi Buttini. «Va bene usare cappellini o tenere i capelli legati, ma in generale quando si va al mare non è mai ideale stare esposti tutto il giorno al sole, bisogna alternare spesso con momenti all’ombra. E fare attenzione anche quando ci si pettina, facendolo con delicatezza, e quando si usa la piastra, evitando temperature esagerate».

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