C’è un rito che accomuna centinaia di milioni di abitanti della Terra nella stagione estiva: a un certo punto della giornata guardano in alto, sfilano dalla loro borsa o zaino un flacone, lo spremono e iniziano a impiastrarsi con una strana sostanza oleosa dal profumo dolciastro. Altri li guardano e alzano un sopracciglio, poi magari dopo qualche giorno e una scottatura sulle spalle rimpiangono di non essersi messi la crema solare: “E adesso? Mi verrà mica il cancro?”.
I dermatologi consigliano a tutti di fare “il rito” prima di esporsi per molte ore al sole, per evitare danni seri alla pelle che, a lungo andare, possono aumentare il rischio di sviluppare un tumore. Il problema è che in pochi sanno come funzionano davvero le creme solari, il significato effettivo dei numeri sulle loro confezioni e per quanto tempo dura il loro effetto. Senza contare miti e leggende di vario tipo, a partire dal luogo comune più famoso e pericoloso: “se usi le creme non ti abbronzi”. È tempo di fare chiarezza, o almeno di provarci.
Pelle
La pelle è l’organo più esteso che abbiamo e la prima barriera di protezione tra il nostro organismo e l’ambiente circostante: di conseguenza, per tutta la nostra vita è sottoposta a sollecitazioni chimiche e fisiche di ogni tipo, compresa l’esposizione ai raggi solari che la possono disidratare e fare arrossare, quella cosa che comunemente chiamiamo scottatura. L’eccessiva e prolungata esposizione ai raggi ultravioletti (UV) è tra i fattori di rischio più importanti nell’insorgenza del melanoma e di tumori della pelle. Lo stesso rischio aumenta con il numero di scottature che avvengono nel corso della vita, soprattutto nei periodi dell’infanzia e dell’adolescenza, per questo motivo è importante proteggere la pelle con creme che aiutano a schermare i raggi UV, impedendogli di penetrare e di fare danni.
Sole e salute
Il sole ha diversi effetti positivi per la nostra salute, ma a differenza di quanto credono in molti sono sufficienti pochi minuti di esposizione al giorno per ottenere i benefici. I raggi solari contribuiscono, per esempio, allo sviluppo della vitamina D, molto importante per la salute delle ossa, dei muscoli e del sistema immunitario. Diverse ricerche hanno dimostrato che bastano pochi minuti per svilupparla, smentendo quindi il luogo comune secondo il quale si deve stare per ore sotto al sole per ottenere qualche beneficio per la salute.
Che cos’è l’abbronzatura
In generale, soprattutto nelle società contemporanee occidentali, l’abbronzatura è considerata un indizio di quanto è sana una persona. In realtà, la pelle si scurisce stando al sole in seguito a un meccanismo di difesa attuato dall’organismo per contrastare i raggi UV. L’esposizione alla luce solare attiva i melanociti, cellule specializzate nella produzione della melanina, un pigmento che si trova in diversi tessuti del nostro organismo, compresa la pelle. La melanina dermale contribuisce a trasformare l’energia delle particelle di luce (fotoni) UV in piccole quantità di calore, che vengono poi disperse limitando gli effetti dell’esposizione ai raggi solari. Con una maggiore produzione di melanina, la pelle tende a scurirsi e a diventare abbronzata: il fatto che lo sia è quindi la semplice indicazione che l’organismo si è attivato per proteggerci dai raggi solari, non che siamo più sani del nostro prossimo dal viso pallido.
UVA e UVB
I principali responsabili dell’abbronzatura e di eventuali danni alla pelle sono i raggi UVA e UVB. Gli UVA sono più diffusi nel corso dell’anno e la maggior parte di loro riesce a filtrare facilmente attraverso lo strato di ozono nell’atmosfera: inducono il rilascio di melanina che si combina con l’ossigeno creando l’effetto che chiamiamo abbronzatura. Le creme solari di solito schermano meno gli UVA rispetto agli UVB, in compenso i vestiti riescono a ostacolarli a sufficienza. In letteratura scientifica ci sono diverse ricerche sui danni che gli UVA causano nel DNA e sul loro effetto cancerogeno. Gli UVB sono filtrati di più dallo strato di ozono, ma seppure in quantità minori rispetto agli UVA riescono a superarlo: inducono la produzione di vitamina D e quella di ulteriore melanina contribuendo a un’abbronzatura più intensa, hanno più probabilità di causare scottature e si pensa che siano responsabili per alcuni tipi di tumori della pelle. Le creme solari bloccano principalmente gli UVB.
Fototipi
Sulla base delle caratteristiche di ogni individuo e della sua reazione all’esposizione ai raggi ultravioletti, i dermatologi hanno identificato sei fototipi: questa classificazione è fondamentale per sapere come comportarsi quando ci si espone al sole. Il fototipo VI è quello che contiene più melanina di tutti, mentre il fototipo II è quello che ne ha meno. Nelle persone con fototipo I, la quantità di melanina è talmente bassa da essere trascurabile. Semplificando molto, chi ha un fototipo VI ha la carnagione scurissima o nera, non ha particolare sensibilità al sole, non si scotta mai e si abbronza in un giorno. Nel caso del fototipo II, la pelle è molto chiara con un’elevata sensibilità al sole e un’alta probabilità di scottarsi quando ci si espone al sole. Conoscere il proprio fototipo è importante per sapere quale fattore di protezione usare, il “numero” sulle creme solari.
Fattore di protezione solare (SPF)
Il Solar Protection Factor (SPF), è il numero che si trova indicato sui cosmetici che contengono filtri solari per proteggere la pelle dalle radiazioni prodotte del sole, soprattutto dagli UVB. Nonostante le autorità di controllo, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, siano intervenute più volte per mettere ordine, a oggi non esiste una definizione univoca o uno standard per la misurazione dell’SPF e della sua efficacia. In termini generali, il numero identifica la dose di esposizione al sole cui ci si può sottoporre prima di avere una scottatura rispetto a quanto avverrebbe in assenza di protezione. Eh?! Ok, riproviamo: in linea teorica vuol dire che una crema 25 permette una dose di esposizione ai raggi solari 25 volte più alta rispetto a quella cui ci si potrebbe sottoporre in sicurezza senza crema solare.
Questa “dose di esposizione” non ha una durata temporale fissa, perché comprende altre variabili: se è una fase del giorno in cui la concentrazione di UVA e UVB è molto alta la durata diminuisce, così come varia a seconda della quantità di pelle esposta al sole. Il SPF non indica quindi per quante volte può essere moltiplicato il tempo di esposizione al sole prima che ci si possa scottare, è sempre bene ricordarlo: non è un’indicazione temporale. La protezione dai raggi UVB non è lineare all’aumentare del numero: una 15 ne assorbe il 93 per cento, mentre una 30 il 97 per cento.
Sulle confezioni di alcune creme solari c’è la sigla IP – sta per “indice di protezione” – invece che SPF: sono la stessa cosa.
Che crema scegliere
Il problema di base è che la maggior parte delle persone non applica la crema solare nel modo giusto: ne mette poca, oppure non la riapplica con la frequenza necessaria per garantire la protezione nel corso della giornata. Per questo motivo i dermatologi consigliano di utilizzare per lo meno una protezione 30 e di fare molta attenzione all’etichetta: le creme più affidabili sono quelle con l’indicazione “protezione ad ampio spettro”, perché garantiscono filtri solari sia per gli UVB sia per gli UVA. La Commissione europea dice che si può stare tranquilli anche con fattori di protezione compresi tra 15 e 25, a patto che la crema sia applicata correttamente e con regolarità durante la giornata.
La scelta della protezione dipende comunque dal proprio fototipo:
I – non meno di 50 per le prime esposizioni e per quelle successive;
II – 50 per le prime esposizioni, poi 30;
III – 30 poi 20 o 15;
IV – 20-15 poi 10;
V – 10 poi 6;
VI – 6 poi nulla, o sempre 6 nel caso di molte ore al sole.
Per i bambini è bene usare una protezione alta a prescindere dal fototipo.
Come si mette la crema
Ok, certo, lo sapete tutti, con le mani spalmandosela sulla pelle. Molti però non sanno che è consigliabile applicare la crema solare tra 30 e 15 minuti prima di esporsi al sole in modo da dare il tempo alla pelle di assorbirla e di essere protetti meglio. La crema va inoltre applicata più volte nel corso della giornata: l’ideale è ogni due ore, riapplicandola anche subito dopo essersi fatti il bagno, anche se sulla confezione c’è scritto “resistente all’acqua”. La crema che sta nel palmo di una mano è di solito sufficiente per gambe, braccia, viso e collo di un adulto, se si espone anche il busto ne serve di più. Mani, piedi, orecchie, il retro delle ginocchia e del collo è dove ci si scotta più di frequente perché spesso ci si dimentica di applicare la crema anche in quei punti, quindi occhio.
Scadenza ed efficacia
Una crema solare ben conservata mantiene la sua efficacia per tre anni, ma questo è un dato medio e il consiglio è di attenersi a quanto scritto sull’etichetta. Di solito la durata è segnalata con il disegno di una confezione di crema aperta e un numero che indica la durata in mesi dopo l’apertura. Le alte temperature possono danneggiare i composti chimici e ridurre quindi la capacità della crema di proteggere la pelle: il consiglio è di tenere le confezioni delle creme all’ombra e non in automobile lasciata al sole.
“Ma così non mi abbronzo!”
Non è vero. Le creme solari non impediscono l’abbronzatura, semplicemente la rallentano, perché nel frattempo permettono di moderare la quantità di raggi UV potenzialmente rischiosi che vengono assorbiti dalla pelle. Come abbiamo visto, l’abbronzatura è una reazione, il segno che il nostro organismo sta correndo ai ripari per evitare danni alla pelle: le creme lo aiutano a farlo, senza bloccare comunque la produzione di nuova melanina responsabile della colorazione.
Scottature, creme e cancro
In linea di massima: più scottature solari si rimediano nel corso della vita più alto è il rischio di sviluppare un tumore della pelle. Parliamo di rischio, non di probabilità: non significa che accadrà per forza. È impossibile dire dopo quanto e in che modo possa succedere: ognuno è una storia a sé, soprattutto in medicina, e ci possono essere fattori ereditari, predisposizioni genetiche, fattori ambientali e altre variabili che fanno aumentare o diminuire il rischio per ogni individuo. Il fototitpo non è comunque da sottovalutare, come variabile, ed è per questo che le persone con carnagione più chiara devono fare più attenzione e rassegnarsi a impiastrarsi con le creme.
Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che le creme solari contribuiscono a ridurre il rischio di almeno un tipo di tumore della pelle, mentre non è ancora chiaro quale sia il loro ruolo nella prevenzione del melanoma, perché questo si presenta dopo molti anni quindi è complicato trovare una correlazione diretta con l’esposizione solare. Una cosa è comunque certa: le creme solari riducono la probabilità di scottarsi, e le scottature aumentano il rischio di sviluppare un cancro della pelle.
“Le creme solari causano il cancro”
Per l’amor del cielo, NO. È un mito legato al fatto che alcuni studi hanno messo in evidenza un’incidenza maggiore di casi di tumore tra le persone che usano le creme solari. Questo però non significa che causino il cancro, tutt’altro: le persone che tendono a scottarsi più facilmente sono quelle che usano di più le creme solari rispetto agli altri, e sono anche le persone con un rischio maggiore di sviluppare un tumore alla pelle a causa dell’esposizione al sole rispetto a chi ha la carnagione più scura. Altri studi suggeriscono inoltre che chi usa le creme solari tende poi a ritenersi immune dai rischi di una lunga esposizione al sole, finendo quindi per danneggiare lo stesso la pelle.
Vampiri
I dermatologi consigliano spesso ai loro pazienti di non esporsi troppo al sole, soprattutto se hanno molti nei che potrebbero essere sollecitati dai raggi UV, diventando pericolosi per la salute. I fototipi più sensibili e i bambini dovrebbero evitare il sole nelle ore centrali della giornata, quando la concentrazione di UVA e UVB è più alta. Ben vengano le creme solari, ma anche i cappelli, abiti leggeri che respingono i raggi dannosi (spesso è indicato sulla loro etichetta), gli occhiali da sole protettivi e l’ombra. Il consiglio è di stare al sole per poche ore al giorno alternando l’esposizione a momenti in cui si sta al riparo dai raggi solari.
Il pippone finale
Se non esistesse il sole non esisterebbe praticamente nulla delle cose che abbiamo intorno, non esisteremmo noi e nemmeno il Post. I raggi che dopo 8 minuti di viaggio nello Spazio arrivano sulla Terra sono la principale fonte di energia per la vita sul nostro pianeta, quindi sono una risorsa insostituibile e un bene per tutti. Il sole ci aiuta a produrre vitamina D, a mantenere un buon umore e a regolare i cicli di sonno e veglia. Tra le altre cose ci fa anche abbronzare, e questa reazione naturale per proteggere la nostra pelle è diventata per motivi culturali rilevante dal punto di vista estetico in molte società (e non solo del nostro contemporaneo). Se l’abbronzatura vi fa stare meglio con voi stessi e vi piace passare ore sotto al sole come le lucertole, o non potete farne a meno per il lavoro che fate, ricordatevi che la pelle è l’organo più grande che abbiamo e si merita un po’ di attenzioni. Mettete la crema: è una noia, ma l’alternativa è molto peggio, e non parliamo delle scottature.