Un tribunale di Tokyo ha condannato al carcere due cittadini statunitensi per aver aiutato Carlos Ghosn a fuggire dal Giappone

(David Becker/Getty Images)
(David Becker/Getty Images)

Un tribunale di Tokyo, in Giappone, ha condannato due cittadini statunitensi accusati di aver aiutato l’ex capo di Nissan e Renault, Carlos Ghosn, a scappare dal Giappone e arrivare in Libano, nonostante fosse in libertà vigilata con condizioni molto restrittive: era in attesa di essere processato per le accuse di aver deliberatamente sottostimato i propri compensi nei report alle autorità di borsa e di aver utilizzato beni aziendali a fini personali quando era a capo di Nissan.

I due condannati sono Michael Taylor, ex membro delle forze speciali dell’esercito statunitense ed esperto in antiterrorismo, che lavora da tempo nella sicurezza privata, e suo figlio Peter. Il primo è stato condannato a due anni di carcere e il secondo a un anno e otto mesi.

I due statunitensi erano stati arrestati nel maggio del 2020 in Massachusetts, negli Stati Uniti, dopo che il Giappone aveva emesso un mandato d’arresto internazionale nei loro confronti. Erano stati estradati in Giappone lo scorso marzo e si erano dichiarati entrambi colpevoli.

I due, insieme a una terza persona, George Antoine Zayek, cittadino libanese con passaporto statunitense che lavora per alcune società di Taylor, erano accusati di aver partecipato all’organizzazione della rocambolesca fuga di Ghosn, avvenuta il 29 dicembre del 2019. Di Zayek, al momento, non si hanno notizie.

Secondo i magistrati giapponesi i Taylor avrebbero ricevuto circa 1 milione di euro da Ghosn per averlo aiutato a fuggire e altri 400mila euro per coprire eventuali spese legali. Nei confronti di Ghosn pende ancora un mandato di cattura internazionale emesso dal Giappone, a cui è seguita una red notice dell’Interpol, ovvero una richiesta di localizzare, arrestare ed estradare un criminale o sospetto tale. Ghosn si trova ancora in Libano, che gli ha vietato di lasciare il paese, e difficilmente verrà estradato in Giappone, dato che tra i due paesi non c’è un accordo sull’estradizione.