In Armenia il partito del primo ministro Nikol Pashinyan ha vinto le elezioni parlamentari col 54 per cento dei voti, ma l’opposizione ha denunciato brogli

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan saluta i colleghi di partito a Yerevan, in Armenia, lunedì 21 giugno (Tigran Mehrabyan/ PAN Photo via AP)
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan saluta i colleghi di partito a Yerevan, in Armenia, lunedì 21 giugno (Tigran Mehrabyan/ PAN Photo via AP)

Secondo i risultati preliminari comunicati dalla Commissione elettorale nazionale, le elezioni parlamentari di domenica in Armenia sono state vinte col 54 per cento dei voti dal partito del primo ministro Nikol Pashinyan, Contratto Civile, che avrebbe sconfitto la coalizione di opposizione guidata dall’ex presidente armeno ed ex primo ministro Robert Kocharyan, ferma al 21 per cento. Le elezioni erano state convocate dopo la sconfitta dell’Armenia nella guerra contro l’Azerbaijan, che aveva provocato grandi proteste contro Pashinyan.

Lunedì mattina a spoglio non ancora completato Pashinyan si è proclamato vincitore delle elezioni, ma la coalizione di Kocharian si è rifiutata di riconoscere i risultati parziali, citando presunti brogli e «contraffazioni pianificate». Domenica sera il procuratore generale armeno ha segnalato di aver ricevuto 319 segnalazioni di varie violazioni durante il processo elettorale e di aver avviato sei indagini penali per presunti casi di corruzione durante le votazioni; la Commissione elettorale ha detto comunque che le operazioni di voto sono state eseguite nel rispetto della legge.

Pashinyan era stato eletto per la prima volta nel 2018 dopo aver condotto la cosiddetta “rivoluzione di velluto”, una serie di grandi proteste pacifiche che avevano costretto alle dimissioni il presidente Serzh Sargsyan, accusato di aver trasformato l’Armenia in un regime autoritario. Kocharian è un amico e alleato del presidente russo Vladimir Putin e in passato era stato a sua volta accusato di corruzione per aver favorito un suo alleato politico e di aver represso in maniera violenta i manifestanti durante le violente proteste del 2008 contro l’elezione di Sargsyan, avvenute quando lui era primo ministro.

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