I primi deludenti risultati del vaccino di CureVac

I dati preliminari dell'atteso vaccino a mRNA per il coronavirus hanno fatto stimare un'efficacia del 47%, molto più bassa del previsto

 (Sebastian Gollnow/dpa via AP)
(Sebastian Gollnow/dpa via AP)

L’azienda tedesca di biotecnologie CureVac ha da poco comunicato risultati preliminari piuttosto deludenti sull’efficacia del suo atteso vaccino a mRNA contro il coronavirus. Il test clinico svolto su 40mila volontari tra Sudamerica ed Europa ha portato a stimare un’efficacia del 47 per cento, molto inferiore rispetto agli altri vaccini che utilizzano la medesima tecnologia. Il test è ancora in corso, ma secondo vari osservatori i risultati finali non saranno distanti dall’efficacia stimata finora. L’Unione Europea e altri paesi avevano riposto molte speranze nel nuovo vaccino per risolvere i problemi legati alla scarsità delle dosi disponibili, in modo da accelerare le loro campagne vaccinali.

CureVac esiste da circa 20 anni e prima dell’avvento della pandemia si era dedicata alla ricerca contro i tumori e altre malattie basata sull’RNA messaggero, la molecola con le istruzioni per produrre le proteine responsabili di buona parte delle attività all’interno delle cellule. Identificato il coronavirus che causa la COVID-19 tra la fine del 2019 e le prime settimane del 2020, l’azienda aveva avviato la ricerca di un vaccino a mRNA, così come avevano fatto Pfizer-BioNTech e Moderna.

Dopo i primi risultati promettenti di un vaccino sperimentale contro il coronavirus, a giugno del 2020 CureVac aveva ricevuto un finanziamento da circa 300 milioni di dollari da parte del governo tedesco, stimolando investimenti da parte di altri fondi. Le nuove risorse si erano rivelate essenziali per accelerare le fasi finali dello sviluppo e per organizzare le tre fasi di sperimentazione del vaccino.

I progressi ottenuti da CureVac erano stati osservati con grande interesse perché il suo vaccino offriva alcuni vantaggi rispetto a quelli della concorrenza. Rimaneva stabile per mesi nei normali frigoriferi, senza la necessità di potenti congelatori come nel caso del vaccino di Pfizer-BioNTech (che avrebbero poi verificato la possibilità di conservarli a temperature maggiori), e ogni dose aveva un costo più basso grazie al fatto di utilizzare una minore concentrazione di molecole di mRNA. Queste due circostanze avevano interessato soprattutto i paesi in via di sviluppo, con la prospettiva di potere ottenere vaccini a mRNA relativamente economici e facili da conservare.

Come altri produttori di vaccini della “seconda ondata”, CureVac confidava di riuscire a vendere il proprio vaccino nei paesi in via di sviluppo, che finora hanno ricevuto poche dosi, specialmente dei vaccini a mRNA. Il fatto di poter essere conservato in frigorifero, o a temperatura ambiente fino a 24 ore, potrebbe favorire la sua diffusione nelle aree rurali e nei piccoli centri abitati, dove raramente cliniche e ambulatori dispongono di congelatori potenti.

I risultati sull’efficacia diffusi finora sono preliminari, ma sono comunque ritenuti poco promettenti. La stima è stata effettuata sulla base di 135 volontari che si sono ammalati di COVID-19 nel gruppo che aveva ricevuto il vaccino e in quello di controllo, che aveva invece ricevuto una sostanza che non fa nulla (placebo). I dettagli non sono ancora noti, ma una commissione indipendente incaricata di fare le analisi ha rilevato solo una lieve differenza tra i vaccinati e i non vaccinati nel test clinico, arrivando a calcolare un’efficacia del 47 per cento nella capacità del vaccino di proteggere in generale dalla COVID-19.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e diverse altre autorità sanitarie hanno fissato un limite minimo del 50 per cento per l’autorizzazione dei vaccini contro il coronavirus. Se CureVac non riuscisse a superare la soglia, potrebbe avere non pochi problemi nel ricevere l’autorizzazione negli Stati Uniti e quella dell’OMS per essere impiegato nei vari programmi vaccinali, compreso COVAX per l’equa distribuzione dei vaccini nei paesi più poveri.

CureVac ha comunque invitato ad attendere i risultati finali e ha confermato di avere intenzione di richiedere un’autorizzazione di emergenza all’Agenzia europea per i medicinali. Lo scorso anno, l’Unione Europea aveva stretto un accordo con CureVac per la fornitura di almeno 400 milioni di dosi del vaccino, una volta autorizzato. Non è chiaro se alla luce dei risultati sull’efficacia possa esserci un cambio di programma, anche considerati gli aumenti di ordini per i vaccini di Pfizer-BioNTech concordati negli ultimi mesi dalla Commissione europea.

I risultati preliminari forniti da CureVac hanno sorpreso diversi ricercatori, che si attendevano stime sull’efficacia in linea con quelle degli altri vaccini a mRNA, ben al di sopra del 90 per cento. Il vaccino sperimentale si era inoltre rivelato promettente nei test di laboratorio e anche nelle prime fasi dei test clinici. Un’ipotesi è che sui risultati abbia influito l’emersione negli ultimi mesi di diverse varianti, sia in Sudamerica sia in Europa, verso le quali il vaccino potrebbe rivelarsi meno efficace.

CureVac ha analizzato 124 campioni raccolti da parte dei volontari che si sono poi ammalati di COVID-19, riscontrando la versione iniziale del coronavirus solo in un caso. Più della metà dei casi positivi è invece derivata da particolari varianti, che in questi mesi si sono rivelate più contagiose o in grado di ridurre l’efficacia dei vaccini nel proteggere in generale dalla COVID-19. La variante lambda, molto presente in Perù, costituiva da sola circa un quinto dei casi da varianti rilevati dai ricercatori.

I vaccini di Pfizer-BioNTech e di Moderna erano stati testati lo scorso anno, in un contesto sensibilmente diverso dall’attuale e con meno varianti in circolazione. Questo potrebbe spiegare perché si rivelarono più efficaci, ma è bene comunque ricordare che entrambi i vaccini hanno mostrato di mantenere un’alta efficacia anche nel caso della maggior parte delle varianti, dopo la seconda somministrazione.

Stando ai dati preliminari, sembra inoltre che il vaccino di CureVac offra una minore protezione negli anziani rispetto ai giovani. La differenza non è particolarmente marcata e l’azienda confida che si riduca, una volta che saranno disponibili tutte le informazioni sul test clinico nella sua fase finale.

La minore efficacia potrebbe essere inoltre dovuta al modo in cui è stato progettato il vaccino di CureVac. La tecnologia di base è la medesima rispetto a Pfizer-BioNTech e Moderna, ma i risultati mostrano come non tutti i vaccini a mRNA siano uguali e ci possano essere fattori che ne condizionano le prestazioni.