Il piano per rendere “radioattivi” i corni dei rinoceronti

Dovrebbe servire a combattere il bracconaggio, che sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle cinque specie di rinoceronte viventi

(Ben Curtis/AP)
(Ben Curtis/AP)
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A inizio maggio un gruppo di ricercatori ha avviato un progetto sperimentale che prevede di iniettare un materiale radioattivo nei corni dei rinoceronti, che consentirebbe di individuare più facilmente le parti di corno che vengono asportate dagli animali e trafficate illegalmente, nella speranza di limitare il fenomeno. Ogni anno tra Africa e Asia i bracconieri uccidono centinaia di rinoceronti per ottenere i loro corni, che sono molto impiegati nella medicina tradizionale cinese per la credenza che possano curare malattie come il cancro.

Il commercio internazionale di corni di rinoceronte è vietato dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) fin dal 1977. Oggi sul mercato nero un corno di rinoceronte da un chilogrammo può arrivare a costare quasi 55mila euro, ragione per cui la caccia illegale ai rinoceronti è molto diffusa sia in Africa che in Asia, ed è una delle cause principali per cui tutte e cinque le specie di rinoceronte attualmente viventi, anche se in misura diversa, rischiano di estinguersi.

Il progetto che prevede di rendere radioattivi i corni dei rinoceronti, diciamo così, è finanziato dalla società russa Rosatom ed è stato ribattezzato “Progetto Rhisotope”, dall’unione delle parole inglesi “rhinoceros”, come rinoceronte, e “isotopo”, in riferimento agli isotopi radioattivi.

Al progetto stanno partecipando un gruppo di ricercatori dell’Università di Witswatersrand di Johannesburg, in Sudafrica, e alcune persone che possiedono rinoceronti. Il professor James Larkin, scienziato esperto di protezione dalle radiazioni e sicurezza nucleare dell’Università di Witswatersrand, ha spiegato che per il momento è stato inserito un particolare amminoacido nei corni di due rinoceronti per capire se la sostanza radioattiva iniettata circolerà all’interno dei corpi degli animali o rimarrà localizzata nel corno e in quali quantità dovrà essere somministrata per evitare problemi di salute all’animale.

Lo scopo della ricerca è fare in modo che anche una piccolissima quantità di materiale inserito nei corni di rinoceronte possa essere rilevata da appositi sensori che dovrebbero essere installati ai confini nazionali, per esempio negli aeroporti, così da rendere molto più facile l’individuazione dei corni che vengono commerciati illegalmente. Allo stesso tempo, Larkin ha detto che «rendendo i corni radioattivi» gli scienziati sperano di scoraggiare il loro consumo, intervenendo quindi «su più livelli della catena di fornitura».

A sinistra, gli ultimi due rinoceronti bianchi settentrionali viventi, Fatu e Najin, e a destra il rinoceronte bianco meridionale Tauwo. Ol Pejeta Conservancy, riserva naturale protetta in Kenya, primo maggio 2020 (AP Photo/ Khalil Senosi, File)

Secondo i dati diffusi dal governo sudafricano, nel 2020 in Sudafrica i bracconieri hanno ucciso 394 rinoceronti per ottenere i loro corni e rivenderli in maniera illegale: sono stati molti di meno rispetto a quelli uccisi nel 2019 (769) e la tendenza degli ultimi anni è in costante calo, ma il bracconaggio rimane la minaccia principale per i circa 20mila esemplari che vivono nel paese, ovvero la maggior parte dei rinoceronti viventi.

Quello del progetto Rhisotope è soltanto l’ultimo dei metodi proposti per limitare il fenomeno della caccia illegale ai rinoceronti e ai loro corni: negli ultimi anni per provare a risolvere il problema erano state proposte alcune pratiche anche piuttosto controverse, tra cui l’avvelenamento, la tintura o la rimozione dei corni dagli animali. Nel 2019, invece, un gruppo di biologi aveva pensato che diffondere sul mercato nero corni di rinoceronte finti avrebbe potuto contribuire a far scendere il prezzo e la richiesta di quelli veri.

Se il metodo del progetto Rhisotope dovesse funzionare, fosse praticabile e soprattutto sicuro per gli animali, potrebbe essere applicato anche alle zanne degli elefanti, che a loro volta sono minacciati dall’enorme problema del commercio illegale di avorio.

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