L’ambizioso progetto per produrre energia in mare, a Ravenna

Prevede la costruzione di due parchi eolici, uno fotovoltaico e di centrali per produrre idrogeno dall'acqua salata

Un esempio di parco eolico nel mare (sito ufficiale Saipem)
Un esempio di parco eolico nel mare (sito ufficiale Saipem)
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Il mar Adriatico al largo della costa dell’Emilia-Romagna ha fondali bassi e raramente si alzano onde che superano i tre metri: non è il posto ideale per praticare il surf, ma potrebbe esserlo per produrre energia. Il sole, il vento e la stessa acqua del mare sono le tre fonti al centro del progetto chiamato “Agnes”, che punta a realizzare due parchi eolici, uno fotovoltaico e un impianto di elettrolizzazione per la produzione di idrogeno. Tutto questo in mezzo al mare a una distanza dalla costa che rende poco visibili le turbine eoliche e i pannelli solari.

Agnes è stato pensato a Ravenna, dove fin dal dopoguerra il porto e la zona industriale hanno vissuto una significativa espansione grazie all’insediamento di aziende petrolchimiche, soprattutto l’allora ANIC, l’Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili controllata dall’Eni. Percorrendo via Baiona, una delle strade che costeggiano l’area industriale e conducono al porto, si notano impianti di ogni tipo: tra i tanti, ci sono il petrolchimico Enichem, l’Alma petroli, la Versalis. Sono in una posizione privilegiata, collegati a uno dei porti più importanti del mare Adriatico per il traffico delle merci.

Al largo della costa invece ci sono decine di piattaforme offshore – secondo l’ultimo report di Legambiente sono 75 nell’alto Adriatico – utilizzate per l’estrazione di gas naturale e che una volta esauriti i giacimenti andranno dismesse. Uno degli obiettivi di Agnes è sfruttare queste strutture, che molti esperti ritengono più semplici da riconvertire piuttosto che da smantellare completamente.

L’alta concentrazione di aziende, la caduta del prezzo del petrolio e l’esigenza di spostare la produzione verso l’utilizzo di risorse energetiche più sostenibili hanno incentivato lo sviluppo di questa idea piuttosto ambiziosa. «La riconversione di un settore industriale maturo, quale quello dell’Oil & Gas, risulterebbe una vera opportunità, a patto di anticipare i tempi rispetto al resto del mondo», si legge nel rapporto “Oltre il fossile, energia e lavoro nell’Adriatico del futuro” pubblicato da Legambiente nel 2019.

Il progetto Agnes anticipa i tempi e per questo è molto complesso, per diversi motivi: la tecnologie su cui si basa, soprattutto la produzione dell’idrogeno, è ancora all’inizio del suo possibile sviluppo; è il primo in Italia nel suo genere e richiede investimenti imponenti che i promotori hanno stimato in un miliardo di euro.

Ci sono anche molti punti di forza, però: da luglio dello scorso anno è stata firmata un’intesa tra le due società promotrici, Agnes e Qint’x, e la Saipem, azienda del settore ingegneristico di cui ENI, il più grande gruppo industriale italiano, detiene circa il 30 per cento; inoltre il progetto rispetta tutti i canoni della cosiddetta transizione ecologica, cioè la trasformazione del sistema produttivo verso un modello che renda più sostenibile la produzione di energia e quella industriale.

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Secondo i promotori, una delle caratteristiche più importanti di Agnes è il fatto che sia stato pensato come un “hub energetico”, con l’utilizzo di più tecnologie. In questo modo si garantisce una costante produzione di energia che può essere immessa direttamente nella rete, stoccata in batterie agli ioni di litio oppure utilizzata per produrre idrogeno attraverso l’elettrolisi. I primi studi hanno stimato una capacità produttiva massima di 620 megawatt: 520 prodotti dall’eolico e 100 dal parco fotovoltaico galleggiante. L’impianto di produzione dell’idrogeno invece garantirebbe 4000 tonnellate annue, sufficienti ad alimentare duemila bus a idrogeno. Si stima di produrre 1,5 terawattora l’anno, una quantità di energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico annuo di 500mila famiglie.

Il progetto prevede di installare 65 turbine eoliche da 8 megawatt. La prima area è stata chiamata “Romagna 1” e il parco eolico viene definito “near shore” perché si trova a 9,5 miglia (17 chilometri) dalla costa di Punta Marina, una frazione del comune di Ravenna. Si svilupperà su una superficie di 17 chilometri quadrati ed è composto da 15 turbine eoliche alte 130 metri.

“Romagna 2” sarà più lontano dalla costa, più grande e più potente: sarà a 13 miglia (24 chilometri) dalla costa di porto Corsini, un’altra frazione del comune di Ravenna, composto da 50 turbine eoliche sempre alte 130 metri, con una disposizione che consentirà di sfruttare al massimo il vento che soffia al largo. Durante una delle tante presentazioni, Gian Luca Vaglio, responsabile dello sviluppo commerciale e strategico di Agnes, ha detto che il mar Adriatico ha caratteristiche favorevoli a questo progetto perché la bassa ondosità e i fondali poco profondi consentono di avere vantaggi economici e infrastrutturali. Vaglio ha anche spiegato che una delle più grandi preoccupazioni nella fase di studio preliminare è stata la necessità di limitare l’impatto visivo dalla costa per gli abitanti e i tanti turisti che ogni estate riempiono le spiagge.


Sarà ancor meno visibile l’impianto fotovoltaico, che si alza di circa tre metri dal livello dell’acqua e secondo le intenzioni dei progettisti si svilupperà su una superficie di 63 ettari. Tecnicamente viene definito “flottante”, cioè galleggiante. In Italia ne sono già stati installati alcuni, in laghi e bacini, ma non così estesi. Uno dei più grandi in Europa si trova a Bomhofsplas, nei Paesi Bassi: è stato costruito in una cava di sabbia e ha un’estensione di 18 ettari. Questa tecnologia è studiata per avere un’alta resa energetica grazie allo sfruttamento dei raggi solari che vengono riflessi dal mare, inoltre la ventilazione naturale del mare consente di abbassare le temperature dei pannelli per ottenere un rendimento migliore.

L’impatto visivo delle turbine eoliche (Agnes)

Del progetto dell’hub energetico fanno parte anche centrali di produzione di idrogeno installate sulle piattaforme offshore da dismettere. Gli impianti sfruttano parte dell’energia prodotta dall’eolico e dal fotovoltaico per ricavare idrogeno attraverso elettrolizzatori: sono dispositivi che consentono di rompere le molecole d’acqua separando l’idrogeno dall’ossigeno. L’idrogeno viene poi trasportato in tubature verso la terraferma per essere distribuito.

Il limite più grande di questa tecnologia era dovuto alla necessità di utilizzare acqua distillata, che non consentiva di avere una produzione massiccia. Ma uno studio dell’università di Stanford, in California, ha messo a punto un metodo per ricavare l’idrogeno anche dall’acqua salata aprendo alla possibilità di espandere il mercato. I conti li fa la stessa Agnes: «Applicando una percentuale del 10% di idrogeno al totale del gas trasportato annualmente nella rete del metano, 70 miliardi di metri cubi di gas all’anno, se ne potrebbero immettere ogni anno in rete oltre 7 miliardi di metri cubi, che consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 5 milioni di tonnellate, corrispondenti al totale delle emissioni di tutte le auto dell’Emilia Romagna». Secondo le aspettative dei promotori, una parte dell’idrogeno potrebbe essere messa a disposizione delle aziende dell’area industriale di Ravenna.

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Il progetto prevede di non sprecare nemmeno l’ossigeno, all’apparenza uno scarto della produzione di idrogeno: potrà essere utilizzato nell’acquacoltura, l’allevamento dei molluschi, soprattutto vongole. Anche l’ossigeno è un bene prezioso, per l’ambiente e per l’economia: lo scorso anno, tra il 22 e il 29 settembre, la carenza di ossigeno nell’acqua ha causato la morìa di una quota tra il 70 e il 90 per cento delle vongole nel tratto di mare tra Cesenatico e Ravenna con gravi conseguenze per i pescatori.

Agnes è stato ben accolto dagli amministratori e dalle associazioni ambientaliste. Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente dell’Emilia-Romagna, ha spiegato che «solare ed eolico rappresentano la strada per la riconversione del distretto di Ravenna». Mentre il sindaco di Ravenna Michele de Pascale ha detto che l’amministrazione ha creduto fin da subito in questo progetto. «Ravenna è un punto di riferimento internazionale nell’ambito delle energie sostenibili, per tecnologie e know-how», ha spiegato de Pascale. «Siamo “la città dell’energia”, grazie agli oltre 60 anni d’esperienza abbiamo saputo far convivere cultura, ambiente, industria e turismo».

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Legambiente si è espressa in modo molto favorevole anche perché contraria, insieme a tante altre associazioni ambientaliste, a un altro piano di riconversione chiamato CCS proposto da Eni. L’acronimo sta per “cattura e stoccaggio di carbonio”: consiste in un sistema per separare l’anidride carbonica da altri gas negli impianti industriali per poi trasportarla e iniettarla nei giacimenti di idrocarburi. Secondo le associazioni ambientaliste, è un modo per continuare a usare i combustibili fossili che non consente di avviare la transizione ecologica.

Al momento i tecnici di Agnes hanno concluso il progetto preliminare e secondo le previsioni, piuttosto ottimistiche, l’obiettivo è ottenere tutte le autorizzazioni entro il 2023. I tempi sono molto stretti: nel 2022 si dovrà realizzare lo studio di impatto ambientale e presentare il progetto definitivo che dovrà essere sottoposto alla valutazione di impatto ambientale (VIA). Nei prossimi mesi è in programma una campagna molto approfondita di misurazione del vento, indispensabile per studiare il progetto definitivo.