Che tempo farà sul Sole?

La nostra unica stella inizia un nuovo ciclo di attività, potremmo non accorgercene o fare i conti con enormi tempeste solari

(NASA)
(NASA)
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In una mattina di inizio settembre del 1859 alcuni cercatori d’oro nelle Montagne Rocciose (Stati Uniti) si svegliarono un po’ più assonnati del solito alle prime luci del giorno. Iniziarono a preparare la colazione convinti che fosse l’alba, ma in un secondo momento realizzarono che era ancora notte fonda: un evento misterioso aveva illuminato il cielo.

La causa di quello strano fenomeno aveva avuto origine a 151 milioni di chilometri dalla Terra, sul Sole. Aveva espulso una gigantesca quantità di energia che in poche ore aveva investito il nostro pianeta, comportando quella che sarebbe diventata la più grande tempesta solare mai registrata, passata alla storia come “evento di Carrington”, dal nome dell’astronomo britannico Richard Carrington che era riuscito a osservare l’anomala attività solare prima che investisse la Terra. Oltre a produrre incredibili aurore visibili a grande distanza dai poli, la perturbazione rese inutilizzabili per giorni i telegrafi interrompendo le comunicazioni. L’evento fu accolto con sorpresa e interesse, ma non portò a troppi disguidi in un mondo ancora poco connesso ed elettrificato.

Se qualcosa di simile all’evento di Carrington accadesse ai giorni nostri, gli effetti potrebbero essere devastanti con danni alle reti elettriche, blackout e interruzioni alle telecomunicazioni. Per questo motivo i ricercatori osservano con attenzione l’attività del Sole, soprattutto in questo periodo nel quale è previsto l’avvio di un nuovo ciclo di tempeste solari. E i pareri sull’entità che potranno assumere sono discordanti.

Sole
Oltre a rendere possibile la nostra esistenza, il Sole è una presenza piuttosto confortante nelle nostre vite. Possiamo mettere in dubbio moltissime cose ed essere incerti su altre, ma sappiamo che quotidianamente la nostra stella farà capolino in cielo per riscaldare le giornate e che continuerà a farlo a lungo. Con i suoi 4,6 miliardi di anni, il Sole è una stella di mezza età, e le sue dimensioni sono relativamente contenute rispetto ad altre: 1,4 milioni di chilometri di diametro.

A debita distanza da noi, il Sole è una grande palla di gas che conduce una vita alquanto turbolenta. La sua parte interna ruota più velocemente degli strati più esterni, che a loro volta ruotano più velocemente all’equatore rispetto a quanto facciano ai poli. Queste differenze producono complicati campi magnetici e comportano la formazione di macchie solari: aree sulla superficie del Sole (fotosfera) distinte dalle altre e con una temperatura più bassa.

Macchie solari: la più grande al centro fu osservata nell’ottobre del 2014 e aveva un diametro di 130mila chilometri (NASA)

Per ogni secondo trascorso a leggere i primi paragrafi di questo articolo, le reazioni termonucleari che avvengono al centro del Sole hanno portato a fondere circa 600 milioni di tonnellate di idrogeno in 596 milioni di tonnellate di elio. Come sappiamo, in natura nulla si crea e nulla si distrugge e i processi che avvengono nella nostra stella non fanno eccezione. I 4 milioni di tonnellate che avanzano dal processo di trasformazione sono pura energia: attraversa strati sempre più freddi e meno densi di gas, fino a raggiungere la fotosfera. Il viaggio dall’interno all’esterno del Sole dura 100mila anni.

A contatto con l’ambiente esterno, questa energia viene poi emessa sotto forma di radiazioni solari (elettromagnetiche), vento solare (flusso di particelle) e neutrini, particelle subatomiche assai sfuggenti. È la radiazione solare ad avere permesso lo sviluppo della vita sulla Terra e a rendere possibile la nostra esistenza e in sostanza quella di tutto ciò che abbiamo intorno.

Cicli e brillamenti
Il Sole attraversa periodi di minore e maggiore attività, misurabili attraverso lo studio delle macchie solari che compaiono sulla sua superficie: se ce ne sono molte, significa che l’attività è maggiore e che lo è anche la quantità di energia emessa nell’ambiente circostante. Queste fasi si alternano determinando un ciclo solare che dura in media 11 anni e che può influire sui pianeti che si trovano nel vicinato del Sole, compresa la Terra. Il nostro pianeta è del resto immerso nell’eliosfera, la gigantesca area dello Spazio influenzata dall’attività del Sole e che si spinge fino alla periferia del nostro sistema solare.

I campi magnetici che emergono dalla superficie solare si attorcigliano e avvitano, a volte spezzandosi e ricollegandosi tra loro in modi diversi. Quando ciò avviene, producono una grande quantità di radiazioni e di particelle cariche, dando origine a un “brillamento”, un’esplosione solare potentissima paragonabile all’esplosione contemporanea di decine di milioni di bombe atomiche.

In alcuni casi, queste esplosioni sono talmente forti da far staccare un pezzo degli strati più esterni del Sole, producendo un’espulsione di massa coronale (CME).

Tempesta geomagnetica
Una CME può essere paragonata a un lampo, mentre il suo effetto sulla Terra a un tuono. Un’espulsione di massa coronale implica che una densa nube di elettroni e protoni copra i 150 milioni di chilometri di distanza tra il Sole e il nostro pianeta in meno di un giorno. Al suo arrivo comporta una violenta onda d’urto, il tuono, che comprime il campo magnetico che avvolge la Terra perturbandolo. A volte il campo magnetico prodotto dalla CME è allineato con quello terrestre e ciò comporta che i due si fondano, stiracchiando in una direzione il campo magnetico della Terra e formando una sorta di lunga coda, che a causa dell’energia accumulata finisce per spezzarsi come un elastico rilasciando una grande quantità di energia verso il nostro pianeta: una tempesta geomagnetica.

Fu proprio un fenomeno come questo a causare l’evento di Carrington e a ingannare i cercatori d’oro delle Montagne Rocciose. Fenomeni di questo tipo non sono così rari, ma fortunatamente le grandi quantità di energia emesse non incontrano sempre sulla loro strada la Terra, impegnata nel suo annuale viaggio intorno al Sole. Nel 2012 una CME mancò il nostro pianeta di appena nove giorni, evitando che potessero esserci conseguenze disastrose per le attività umane.

Il campo magnetico terrestre (a sinistra) sotto l’influsso dell’attività solare in un’elaborazione grafica, le distanze non sono in scala (NASA)

Nel 1859 gli effetti furono relativamente contenuti perché, telegrafi a parte, la nostra civiltà non dipendeva ancora molto dall’energia elettrica. Secondo i ricercatori, un evento simile ai giorni nostri potrebbe causare migliaia di miliardi di euro di danni. Questo articolo non potrebbe essere letto perché smetterebbero di funzionare i dispositivi elettronici, così come buona parte di Internet e tutti i servizi collegati ai computer e alla rete elettrica, compresi i sistemi che fanno funzionare i nostri acquedotti o il GPS. Consapevoli del rischio, i gestori delle reti satellitari ed elettriche hanno iniziato ad adottare sistemi per arginare gli effetti di una tempesta geomagnetica, ma hanno ancora molto lavoro da fare.

Previsioni del Sole
Le tempeste solari solitamente si verificano con maggior frequenza nel corso dei picchi di attività del Sole quando emergono più macchie solari nell’ambito dei suoi cicli da 11 anni. Diverse ricerche hanno segnalato come nell’ultimo periodo i cicli siano diventati più deboli, con la formazione di meno della metà delle macchie solari rispetto alla media: un centinaio contro le 160-240 osservate in precedenza. Sulla base di questi dati, la NASA e altri ricercatori hanno previsto che anche il nuovo ciclo avrà picchi contenuti, con al massimo 115 macchie solari nel 2025.

Non tutti gli astronomi condividono però queste valutazioni e alcuni dicono che le macchie solari saranno più di 200. La loro previsione è basata sul fatto che l’ultimo ciclo solare (il 24esimo) sia durato meno di 11 anni, circostanza che solitamente porta ad avere un seguente ciclo solare più intenso. In questi mesi c’è quindi una grande attesa per le conferme sull’avvio del nuovo ciclo, che secondo questa teoria potrebbe rivelarsi tra i più intensi mai registrati.

Un’aurora boreale alle isole Lofoten, in Norvegia, nella notte del 3 marzo 2018: il fenomeno è dovuto all’interazione delle particelle cariche (elettroni e protoni) portate dal vento solare con gli strati più alti dell’atmosfera terrestre, nella ionosfera (Olivier Morin/AFP/Getty Images)

Il problema è che a oggi non sono completamente chiare le dinamiche che portano il Sole ad avere questi cicli, il cui studio è spesso complicato dalla presenza di eccezioni e oscillazioni nella loro intensità e nel numero di macchie solari osservate. Tutti questi elementi rendono difficile fare previsioni accurate, tanto da spingere altri ricercatori ad avere un approccio più pragmatico: non impelagarsi in previsioni e aspettare di vedere che cosa succede.

Comprendere i cicli solari non è solo importante per tutelare meglio il nostro mondo elettrificato, ma anche per capire come funzionano le stelle dello stesso tipo del Sole che si trovano nella nostra e nelle altre galassie. Negli ultimi decenni abbiamo scoperto che molte di queste stelle sono al centro di sistemi solari nei quali esistono pianeti con caratteristiche paragonabili al nostro, e che alla giusta distanza dal loro sole potrebbero avere un clima compatibile con la vita, per come la conosciamo. La stella a noi più vicina potrebbe offrirci nuovi elementi per studiare meglio mondi enormemente lontani.