• Mondo
  • Lunedì 17 maggio 2021

Gli Stati Uniti non sanno se nel palazzo di AP e al Jazeera bombardato a Gaza ci fosse davvero anche Hamas

Il segretario di Stato ha detto di aver chiesto alle autorità israeliane prove della presenza del gruppo radicale nel grattacielo: per ora non le ha viste

Il crollo dell'edificio di Al-Jalaa, nel centro di Gaza, bombardato dall'esercito israeliano: l'edificio ospitava le sedi di diversi media internazionali, tra cui Associated Press e Al Jazeera (ANSA/EPA/MOHAMMED SABER)
Il crollo dell'edificio di Al-Jalaa, nel centro di Gaza, bombardato dall'esercito israeliano: l'edificio ospitava le sedi di diversi media internazionali, tra cui Associated Press e Al Jazeera (ANSA/EPA/MOHAMMED SABER)

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha detto di aver chiesto al governo israeliano le prove che nel palazzo di Gaza che ospitava le sedi di diversi media internazionali e che è stato distrutto sabato dai bombardamenti fossero effettivamente in corso operazioni di Hamas, ma non di averle ancora viste.

Nel pomeriggio di sabato l’esercito israeliano aveva colpito e distrutto in un bombardamento aereo l’edificio di Al-Jalaa, nel centro di Gaza, che ospitava le sedi di diversi media internazionali, tra cui Associated Press e al Jazeera. L’edificio era stato colpito dopo che l’esercito israeliano aveva detto alle persone che erano all’interno di uscire, ha scritto Associated Press.

L’esercito israeliano aveva motivato il bombardamento dicendo che l’edificio ospitava anche risorse militari dell’intelligence di Hamas, il gruppo radicale palestinese che governa di fatto la Striscia di Gaza, ma la sua decisione è stata molto criticata e considerata come un attacco ai giornalisti che lavorano nella Striscia di Gaza. Associated Press lavorava nell’edificio da 15 anni, ma non era al corrente della presunta presenza di Hamas: «Non abbiamo indicazioni che Hamas fosse nell’edificio o che vi svolgesse delle attività. È una cosa che monitoriamo attivamente al meglio delle nostre capacità. Non metteremmo mai consapevolmente in pericolo i nostri giornalisti» ha detto il presidente dell’agenzia Gary Pruitt.

Reporter senza frontiere, una ONG che si occupa di difendere i giornalisti nel mondo, ha scritto alla Corte penale internazionale di aprire un’indagine sul bombardamento come un possibile crimine di guerra.

Blinken ha risposto alle domande dei giornalisti mentre si trovava a una conferenza a Copenaghen, in Danimarca. «Poco dopo l’attacco abbiamo chiesto dettagli sulla sua motivazione», ha detto, ma si è rifiutato di commentare aspetti specifici del bombardamento e di dire se le autorità israeliane avessero risposto alla richiesta americana. Poi ha aggiunto:

«Non ho visto nessuna informazione».

Negli ultimi giorni il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato criticato per la sua riluttanza a fare dichiarazioni pubbliche per spingere il governo israeliano ad accettare un cessate il fuoco immediato. Gli Stati Uniti sostengono di avere avviato tutti i canali diplomatici possibili per facilitare un accordo tra le parti, ma gli sforzi per ora non sono sembrati troppo convinti: sia per la tradizionale alleanza che lega i due stati, e che finora ha sempre frenato il governo americano dall’avanzare critiche troppo esplicite verso Israele, sia per la volontà di Biden di reindirizzare le risorse di politica estera dal Medio Oriente verso altre aree del mondo, tra cui l’Asia.