Colonial Pipeline ha riaperto il suo oleodotto dopo l’attacco informatico

(Drew Angerer/Getty Images)
(Drew Angerer/Getty Images)

I funzionari di Colonial Pipeline, uno dei più grandi e importanti oleodotti degli Stati Uniti, hanno detto di «aver riportato il sistema alla normale operatività» dopo che la società era stata costretta a interrompere l’attività in seguito a un attacco informatico. L’attacco, compiuto venerdì 7 maggio, aveva causato la chiusura dell’intero oleodotto che rifornisce circa la metà della costa orientale del paese, tra cui città come Atlanta, Washington e New York.

Nei giorni scorsi gli hacker, appartenenti al gruppo DarkSide, avevano pubblicato un comunicato in cui avevano spiegato di non essere legati a governi stranieri e avevano aggiunto che il loro unico intento era di «fare soldi». L’attacco era stato compiuto con un “ransomware”, cioè un software malevolo installato dagli hacker che blocca alcuni dati. Mercoledì il presidente statunitense Joe Biden aveva firmato un ordine esecutivo per rafforzare il sistema di sicurezza informatica degli Stati Uniti, dopo le crescenti preoccupazioni per gli attacchi informatici.

La chiusura dell’oleodotto aveva causato diverse carenze di carburante e un aumento del prezzo petrolio negli Stati Uniti di più del 4 per cento. Le operazioni di riavvio erano iniziate mercoledì e tra gli stati che sono tornati a ricevere carburante ci sono Texas, Louisiana, Mississippi, Alabama, Tennessee, Georgia, Virginia, Maryland, Washington, D.C., Delaware, Pennsylvania, New Jersey, North Carolina e South Carolina.

Colonial Pipeline ha spiegato in una nota che la sicurezza dei propri gasdotti è sempre stata una priorità dell’azienda «come dimostrato dagli investimenti da 1,1 miliardi di dollari nella manutenzione preventiva negli ultimi cinque anni». L’azienda ha anche sottolineato di aver «investito in modo significativo nell’IT e nella sicurezza informatica».