Il fallimento delle trattative tra PD e M5S a Roma

Conte ha appoggiato Raggi, affossando la candidatura di Zingaretti e forse le possibili alleanze alle amministrative in altre città

La sindaca di Roma Virginia Raggi, Roma, 21 dicembre 2020 (ANSA/ANGELO CARCONI)
La sindaca di Roma Virginia Raggi, Roma, 21 dicembre 2020 (ANSA/ANGELO CARCONI)

Negli ultimi giorni si è chiarita la situazione sulle amministrative che si svolgeranno a Roma il prossimo autunno, dopo il rinvio deciso per via della pandemia. La possibile candidatura del governatore del Lazio Nicola Zingaretti per il Partito Democratico è stata affossata dal sostegno dell’ex presidente del Consiglio e futuro leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte alla sindaca uscente Virginia Raggi. La conseguenza è che il grande favorito alle primarie del centrosinistra è ora l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che però ha molte meno possibilità di vittoria rispetto a Zingaretti, almeno stando ai sondaggi. È successo tutto nel giro di qualche ora, domenica, e le ricadute andranno probabilmente oltre le amministrative a Roma.

Il contesto è quello del tentativo della dirigenza del M5S e di quella del PD di mettere in piedi un’alleanza a livello nazionale, e di proporla anche alle varie elezioni amministrative. Ma a Roma gli incastri erano complicatissimi, e i tanti ostacoli a una candidatura unica non sono stati superati.

Per il M5S infatti si era già candidata da tempo la sindaca uscente Virginia Raggi, eletta nel 2016, ricevendo peraltro subito il sostegno di Beppe Grillo. Raggi però è considerata una candidata in qualche modo divisiva anche nello stesso partito, e tra la sua giunta e il gruppo del PD al Consiglio comunale di Roma c’è sempre stata fortissima ostilità. Un eventuale accordo tra M5S e PD non poteva passare attraverso il suo nome, ma ormai c’era la sua candidatura.

La sindaca aveva detto che «mi è stato proposto di tutto per invitarmi a fare un passo indietro e, allo stesso tempo, non sono mancate pressioni per lasciare spazio alla “politica”», lasciando intendere che dal M5S fossero arrivate richieste perché si ritirasse, in modo da facilitare un accordo con il PD su un altro candidato o un’altra candidata. Il fatto che Conte non si fosse ancora espresso sulle comunali sembrava confermare che le trattative fossero ancora in corso e che esistesse ancora questa possibilità. Raggi d’altra parte è sempre sembrata molto determinata a candidarsi, senza cedere alle richieste e alle pressioni interne.

Non era però l’unica complicazione. Il nome più quotato per mettere d’accordo i due partiti era quello di Zingaretti, che gode di un ampio consenso ed è tra i principali promotori di un’alleanza più strutturata con il M5S. Ma Zingaretti guida la giunta regionale del Lazio, in cui il PD è alleato del M5S. Da sempre è stato chiaro che se si fosse candidato contro Raggi ci sarebbe stato un grosso problema, e la giunta avrebbe rischiato di cadere: cosa che Zingaretti voleva assolutamente evitare. I retroscena dicono che Conte abbia provato a lungo a trovare una quadra, ma che alla fine abbia capito che Raggi non si sarebbe ritirata e che la giunta sarebbe caduta se Zingaretti si fosse candidato.

Il PD sembra particolarmente deluso da come sono andate le cose, e in tanti descrivono la gestione dell’intera vicenda come un fallimento politico. Questo risultato peraltro compromette probabilmente l’alleanza in diverse altre grandi città, con ricadute possibili su quella a livello nazionale.

Nel comunicato, Conte ha detto che al secondo turno porterà avanti «il dialogo privilegiato con il PD», aggiungendo di essere dispiaciuto che a Roma «non si siano realizzate le condizioni per pianificare con il PD una campagna elettorale in stretta sinergia». Si è anche augurato che la decisione del PD sul loro candidato «non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese è stato proficuamente avviato a livello di governo regionale» e che «merita di essere portato a termine fino alla fine della legislatura nell’interesse di tutti i cittadini della Regione». Un evidentissimo messaggio rivolto a Zingaretti.

Per settimane, la storia principale dentro al PD romano era stata la possibilità che  Zingaretti si candidasse: secondo i sondaggi e le previsioni sarebbe stato il candidato più forte del centrosinistra. La dirigenza del PD aveva cercato a lungo di convincerlo, e secondo i cronisti era la scelta preferita anche dal segretario del partito Enrico Letta. Il 6 maggio, Repubblica aveva scritto che Letta «nelle ultime ore» aveva «chiesto di nuovo a Francesco Boccia, responsabile degli Enti locali del Nazareno, di fare tutto il possibile per realizzarlo». Zingaretti non si era mai detto disponibile, ma l’impressione per giorni era stata che la decisione potesse non essere davvero irreversibile. Sabato scorso, la possibilità di una candidatura di Zingaretti era descritta come «vicina» dal Corriere della Sera.

Dopo il comunicato di Conte e la rottura nelle complicate trattative tra PD e M5S si è quindi candidato alle primarie Gualtieri. Aveva già fatto sapere di volerlo fare tempo fa, ma era stato messo momentaneamente in attesa da Letta, che voleva prima capire se fosse possibile candidare Zingaretti. Le primarie si terranno il 20 giugno, e Gualtieri è il candidato più noto e strafavorito: gli altri sono il presidente del III Municipio Giovanni Caudo, il ricercatore e attivista Tobia Zevi e il consigliere regionale del Lazio Paolo Ciani.

Come ha scritto oggi il Corriere della Sera «sarà una campagna non facile per i dem. Carlo Calenda (che si è candidato mesi fa come indipendente e che non parteciperà alle primarie, ndr) è agguerritissimo contro Raggi e il PD non può attaccare troppo duramente la sindaca, perché spera di avere i voti grillini al ballottaggio».

Il fatto che un accordo tra M5S e PD sia saltato a Roma potrebbe avere ripercussioni anche nelle altre principali città che andranno al voto in autunno. A Torino, per scegliere il candidato sindaco il centrosinistra farà le primarie, alle quali il M5S non parteciperà: i due partiti avranno dunque due diversi candidati.

Anche a Bologna il centrosinistra farà le primarie: se vincerà il PD con Matteo Lepore, il M5S potrebbe sostenerlo già al primo turno. Se vincerà invece Isabella Conti (di Italia Viva), PD e M5S andranno divisi al voto. L’unica città dove potrebbe concretizzarsi un’alleanza è Napoli: non sulla candidatura del presidente della Camera Roberto Fico, ma su quella dell’ex ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi vicino ai democratici, ma apparentemente non sgradito al M5S.