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  • Venerdì 7 maggio 2021

La nave della Guardia costiera libica che ha sparato ai pescherecci italiani era stata donata dall’Italia

Era parte dell'accordo stretto dall'ex ministro dell'Interno Minniti con alcune milizie per fermare l'arrivo di migranti

Il peschereccio "Aliseo", a sinistra, seguito dalla nave della Guardia costiera libica (ANSA/MARINA MILITARE)
Il peschereccio "Aliseo", a sinistra, seguito dalla nave della Guardia costiera libica (ANSA/MARINA MILITARE)

La nave della cosiddetta Guardia costiera libica che giovedì ha sparato al largo della Libia contro i due pescherecci italiani Artemide e Aliseo, ferendo il comandante di quest’ultimo, era stata donata dall’Italia alla Libia. La donazione era avvenuta nel 2018 nell’ambito di un piano di aiuti e legittimazione politica in favore delle milizie che facevano riferimento all’allora governo libico di Fayez al Serraj, affinché intercettassero le navi dei migranti che partivano dalle coste libiche per raggiungere l’Italia.

Come si vede dalle foto dell’incidente pubblicate dalla Marina militare italiana, la nave della Guardia costiera libica mostra il numero 660 dipinto sulla fiancata. Il numero rende possibile identificarla come la “Ubari-660”, una delle due navi donate del 2018 dal governo guidato da Paolo Gentiloni, il cui ministro dell’Interno era Marco Minniti.

L’accordo fra il governo di Gentiloni e le milizie legate a Serraj, appoggiato anche dall’Unione Europea, è da allora molto criticato, dato che la Guardia costiera libica è composta da milizie armate che compiono sistematiche violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti. Le persone intercettate in acque libiche sono inoltre riportate in Libia in centri di detenzione gestiti da trafficanti di essere umani, a volte in combutta con le stesse milizie. Decine di inchieste giornalistiche e delle organizzazioni internazionali hanno dimostrato che nei centri di detenzione i migranti vengono sistematicamente torturati, picchiati, stuprati, schiavizzati e ridotti alla fame. Non sono disponibili dati certi su quante persone vengano respinte ogni mese dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, ma si pensa siano diverse centinaia.

L’accordo prevedeva la consegna di dieci ex navi della Guardia costiera italiana, consegnate solo nel 2019, e di due ex motovedette classe Corrubia dismesse dalla Guardia di Finanza italiana. Una di queste ultime due era la “660-Ubari”, arrivata a Tripoli nel novembre del 2018, e l’altra era la “Fezzan-658”, entrambe utilizzate in questi tre anni per pattugliare la zona SAR (e quindi per facilitare le operazioni per riportare i migranti in Libia).

(ANSA/MARINA MILITARE)

Le nave “660-Ubari” era finita di recente al centro di un altro caso dopo che nell’ottobre del 2020 il ministero della Difesa della Turchia aveva diffuso su Twitter alcune immagini della nave utilizzata da personale turco nel corso di un addestramento della Guardia costiera libica: nel corso del 2020 la Turchia aveva infatti intensificato la sua presenza in Libia a sostegno del primo ministro libico Fayez al Serraj e secondo diverse fonti aveva anche assunto il controllo delle acque libiche.

I pescherecci italiani Aliseo e Artemide colpiti dai colpi esplosi dalla nave “660-Ubari’ erano partiti da Mazara del Vallo, in Sicilia, e al momento dell’incidente stavano navigando circa 30 miglia al largo delle acque di Misurata, nella parte occidentale della Libia.

Un portavoce della Marina libica, Masoud Ibrahim Abdelsamad, ha detto ad ANSA che nelle acque territoriali libiche stavano navigando «quattro o cinque pescherecci senza alcun permesso da parte del governo libico», aggiungendo che erano stati esplosi solo colpi di avvertimento in aria. Il comandante dell’Aliseo, Giuseppe Giacalone, ha smentito questa ricostruzione, spiegando che gli spari erano rivolti verso i pescherecci.