I falchi pellegrini si trovano bene nelle grandi città

I palazzi assomigliano alle pareti di roccia e il cibo non manca: lo dimostra la coppia che vive sul Pirellone a Milano, ma non solo

Un falco pellegrino a Lipsia, in Germania, il 16 maggio 2013 (ANSA-DPA/SEBASTIAN WILLNOW)
Un falco pellegrino a Lipsia, in Germania, il 16 maggio 2013 (ANSA-DPA/SEBASTIAN WILLNOW)

Nel 2014 a Milano, durante alcuni lavori di manutenzione sul tetto del grattacielo Pirelli, sede del Consiglio regionale della Lombardia, furono trovati due giovani uccelli, ancora incapaci di volare. Erano i piccoli di una coppia di falchi pellegrini che tuttora nidifica in cima al palazzo, e che in questo momento si sta prendendo cura di tre pulli – per i rapaci non si dice “pulcini” – nati tra il 10 e il 12 aprile. I due falchi hanno ottenuto una certa popolarità grazie a due webcam che dal sito della Regione Lombardia trasmettono le immagini del nido 24 ore su 24. Sono inoltre più di 12mila le persone che seguono la pagina Facebook che diffonde aggiornamenti sul loro conto.

Il nido di falchi in cima al grattacielo Pirelli, a Milano, la mattina del 22 aprile 2021: cliccando sull’immagine si può vedere il nido in diretta (Regione Lombardia)

Giò e Giulia, questo sono i nomi dei due falchi-genitori milanesi, ispirati a quelli dell’architetto Giò Ponti – uno dei progettisti del grattacielo – e di sua moglie, sono solo due tra i moltissimi falchi pellegrini che hanno costruito nidi in una grande città in cima a grattacieli, campanili, cupole e torri piezometriche. Milano non è la sola in cui sono state allestite delle webcam per seguirne la vita quotidiana.

A Roma ad esempio ci sono tre webcam attive: una si trova sulla cupola del complesso del Buon Pastore, in zona Bravetta, nel quadrante ovest della città, un’altra in cima a una torre piezometrica di Salone, e una terza sulla torre del centro idrico ACEA di Monte Mario.

Ci sono webcam puntate su nidi di falchi anche in Inghilterra, ad esempio sulla cattedrale di Wakefield e su quella di Salisbury, dove la presenza di falchi pellegrini è documentata fin dall’Ottocento; su una torre del castello imperiale di Norimberga, in Baviera; su un grattacielo di Baltimora, negli Stati Uniti; e su una torre piezometrica australiana. In passato coppie di falchi erano state osservate anche sulla Lanterna di Genova, il faro della città, a Bologna su una torre del Fiera District e su un davanzale del campanile di San Petronio, e a Foligno, in provincia di Perugia.


I falchi pellegrini sono rapaci, cioè uccelli carnivori che mangiano altri vertebrati. Il loro nome scientifico è Falco peregrinus e con le loro 21 sottospecie sono diffusi in tutto il mondo, fatta eccezione per i Poli. Non sono grandissimi: hanno una lunghezza compresa tra i 30 e i 60 centimetri e un’apertura alare che va dagli 80 ai 110 centimetri. Detengono però un notevole primato: in picchiata superano i 320 chilometri orari: sono considerati gli animali più veloci di tutti.

Le femmine sono visibilmente più grandi dei maschi, quindi quando si osserva una coppia il falco più grande è la femmina. Sono una di quelle specie di uccelli che praticano la monogamia: una volta raggiunta l’età adulta formano delle coppie fisse, e solo nel caso della morte prematura del proprio compagno un falco ne cerca uno nuovo.

Quando la coppia ha trovato un posto adatto dove deporre e covare le uova continua a frequentarlo. Per questo Giò e Giulia tornano ogni anno sul grattacielo Pirelli (detto anche Pirellone) e le altre coppie di falchi urbani fanno lo stesso. Entrambi i genitori covano le uova, alternandosi, e sempre dandosi il cambio cacciano e nutrono i piccoli una volta che si sono schiuse.


Le ragioni per cui i falchi pellegrini si trovano bene nelle città sono due, principalmente.

La prima è architettonica: nelle città sono presenti molte strutture che hanno delle caratteristiche in comune con le pareti di roccia su cui i falchi nidificano negli ambienti naturali, cioè permettono di avere una buona visuale dall’alto e di tenere i piccoli protetti da eventuali attacchi (che in alcune città potrebbero provenire dai gabbiani). I falchi cacciano volando molto in alto e poi scendendo in picchiata sul loro obiettivo per arrivarci con la maggior velocità possibile.

La seconda ragione è che le grandi città sono piene di cibo adatto a loro, cioè una grande abbondanza di piccioni tutto l’anno e, in alcune stagioni, molti uccelli migratori, come gli storni.

A Roma ci sono anche molti parrocchetti, quei pappagallini verdi ormai comuni in molte parti della città, le cui penne sono state ritrovate tra gli scarti dei falchi pellegrini che nidificano sulla cupola del complesso del Buon Pastore. Nel Regno Unito gli ornitologi hanno invece scoperto che i falchi pellegrini di città possono mangiare anche i pipistrelli: è una cosa insolita per i falchi, probabilmente dovuta al fatto che in città, grazie all’illuminazione notturna, si può cacciare anche di notte.

Guido Pinoli, il naturalista che cura la pagina Facebook dedicata a Giò e Giulia, spiega che i falchi pellegrini hanno una dieta molto varia: a Milano, oltre ai piccioni, mangiano merli, rondoni, storni, tortore, colombacci, beccacce, ma anche uccelli acquatici come i tuffetti e le gallinelle d’acqua.

Alcune di queste prede non sono facilmente reperibili attorno al Pirellone – che si trova di fronte alla stazione Centrale – ma le battute di caccia dei falchi adulti coprono anche decine di chilometri: Giò e Giulia arrivano fino all’Idroscalo, nel comune di Segrate, per procurarsi gli uccelli acquatici. In questo periodo dell’anno, quello in cui hanno i pulli di cui occuparsi, i due falchi cacciano però soprattutto vicino al nido: per questo è più facile avvistarli.

La caccia agli storni a Roma, in un video di BBC:


Negli anni Sessanta le popolazioni di falchi pellegrini erano diminuite di numero e rischiavano l’estinzione sia in Europa che in Nord America a causa dell’uso di pesticidi come il DDT: attraverso la catena alimentare i falchi ingerivano questa sostanza, che aumentava la mortalità degli adulti e faceva diminuire lo spessore dei gusci delle uova, che spesso si rompevano.

Negli anni Settanta, in seguito alla messa al bando del DDT, la specie si riprese. In Italia il calo di falchi pellegrini era stato meno intenso che altrove, ma negli ultimi decenni si stima che ci sia comunque stato un aumento della popolazione.

A Milano, racconta Pinoli, la colonizzazione dei falchi iniziò negli anni Novanta: già dalla fine degli anni Settanta la specie aveva rioccupato le pareti rocciose attorno ai grandi laghi lombardi ed è molto probabile che alcuni falchi nati in quella zona, durante la dispersione estivo-autunnale, siano arrivati a Milano e abbiano scoperto che alcune strutture della città erano molto comode per la caccia.

Il Pirellone non è l’unica: Pinoli e gli altri esperti di fauna urbana pensano che ci siano almeno altre due coppie di falchi pellegrini a Milano, oltre a Giò e Giulia, e sono abbastanza sicuri che una delle due nidifichi sulla torre della RAI di corso Sempione o sullo stadio di San Siro.

Si stima che Giò e Giulia abbiano all’incirca 10 anni: i falchi pellegrini possono vivere fino a 17 anni e raggiungono la maturità sessuale, cioè cominciano ad accoppiarsi, a 3 o 4 anni di età.

Ogni primavera depongono le uova, solitamente tre. Quelle dei falchi di città generalmente si schiudono tutte e i pulli crescono bene, perché grazie alla grande quantità di cibo disponibile i genitori non fanno fatica a nutrirli. Per la stessa ragione tra i fratelli che condividono il nido non nascono inimicizie come succede invece nei nidi di altre specie di rapaci che vivono in ambienti naturali: osservando le webcam che mostrano nidi di aquile negli Stati Uniti può capitare di vedere un pullo buttare fuori dal nido il fratello, mentre i figli di Giò e Giulia sembrano andare d’accordo: in città non bisogna competere per il cibo perché ce n’è per tutti, dice Pinoli.


Chi abita in una città dove vivono dei falchi può seguire alcune dritte per vederli. Sicuramente i periodi migliori per avvistarli sono la primavera, quando devono cacciare più del solito per nutrire i piccoli, e l’autunno, quando in città passano gli stormi di storni e i falchi ne approfittano. A Milano e a Roma assistere alle complesse coreografie aeree degli storni può essere un buon modo per avvistare un falco: è probabile che ce ne sia uno se lo stormo sembra particolarmente agitato.

Per quanto riguarda gli eventuali ritrovamenti di piccoli falchi vivi a terra, la sezione milanese della LIPU, la Lega Italiana Protezione Uccelli, consiglia: «A meno che lo stesso non sia in pericolo di vita (nelle vicinanze di una strada, in zona di caccia di volpi o altri predatori), è consigliabile non raccoglierlo: in molte specie infatti i giovani tentano l’involo precocemente, ma restano nei paraggi del nido, ove i genitori possono sorvegliarli e nutrirli (a terra), fino al momento in cui gli stessi riescono finalmente a spiccare il loro primo volo».

In caso di ritrovamento di un falco morto invece sarebbe bene avvisare i gruppi cittadini che si occupano di monitoraggio degli uccelli: potrebbe essere un esemplare noto e segnalarne la morte potrebbe aiutare lo studio delle popolazioni urbane di falchi.

Tutti i pulli che nascono sul Pirellone vengono inanellati – cioè dotati di un piccolo anello identificativo su una zampa – dai naturalisti che seguono la vita nel nido. L’inanellamento, racconta Pinoli, viene fatto con un «blitz» quando i piccoli sono a metà del loro processo di crescita, cioè quando hanno già le zampe abbastanza sviluppate ma non sono abbastanza grandi da riuscire a svolacchiare fuori dal nido. Il blitz dura circa un quarto d’ora: se uno dei genitori è presente, chiaramente si allarma, si aggira intorno al nido chiamando sia i figli che il compagno, ma non succede niente di male se i naturalisti si affrettano. Poi i genitori ritornano al nido e se ne riappropriano.

– Leggi anche: Tutto sugli storni

Il primo anno di vita non è facile per i falchi pellegrini e la mortalità è molto alta per i giovani.

Ai figli di Giò e Giulia però potrebbe essere andata abbastanza bene: uno dei pulli nati nel 2019 morì scontrandosi contro la Torre Galfa, un grattacielo vicino al Pirellone, ma intorno a Milano non sono mai stati ritrovati falchi morti che fossero stati inanellati in città. Sempre nel 2019, grazie a una collaborazione con l’Università di Palermo, i giovani falchi erano stati dotati di un trasmettitore GPS: grazie a questo strumento è stato possibile seguire per alcuni mesi un giovane maschio e studiare i suoi spostamenti fino alla provincia di Mantova.