Una canzone di Christina Aguilera

«Ora vi dirò questa cosa: ho sempre confuso Britney Spears con Christina Aguilera, e viceversa»

(Photo by Kevork Djansezian/Getty Images)
(Photo by Kevork Djansezian/Getty Images)

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È uscito negli altri paesi il documentario nuovo su Tina Turner. Dell’Italia non ho trovato notizie (forse su Sky).
Waxahatchee – quella di questa bella canzone – ha pubblicato tre cover, tra cui Streets of Philadelphia di Springsteen.
Ho visto quello strano e inquietante film, Promising young woman, candidato all’Oscar per le categorie grosse (mi è piaciuto): sui titoli di testa c’è una tenebrosa versione di It’s raining men che mi ha confermato quello che scrivo sotto, ovvero le mie lacune sulle ragazze dei tardi anni Novanta. Insomma, come un qualunque adolescente ignorante che “quella canzone è una cover”, ho scoperto ieri che It’s raining men non è di Geri Halliwell, ma è un pezzo del 1983, scritto peraltro da Paul Shaffer (ovvero il “maestro” del Dave Letterman Show, oltre che un quasi Blues Brother), e che era stato rifiutato da Donna Summer, Diana Ross e Barbra Streisand.
E nel film c’è anche una canzone di Donna Missal (una cover anche questa), che avevamo citato qui per questa sua canzone nuova niente male.
Ok, era il weekend, e ho visto anche Midnight sky, candidato all’Oscar pure lui (quello con George Clooney): che invece ha una scena in cui viene usato in maniera un po’ diversa dal solito lo straclassico di Neil Diamond Sweet Caroline.

Lift me up
Ora vi dirò questa cosa: ho sempre confuso Britney Spears con Christina Aguilera, e viceversa. È il problema di questa mia generazione (beh, non proprio IL problema): alla fine del millennio scorso e all’inizio di questo eravamo già troppo vecchi per conoscere ancora tutti i fenomeni pop, ma ancora abbastanza giovani da percepirli (ora è diverso: faccio una vita che a tutt’oggi mi ha fatto ascoltare non più di due canzoni dell’ultimo Sanremo, e l’altroieri ho visto per la prima volta colpevolmente dei video di Chiara Ferragni; non so niente di Dua Lipa, eccetera).

Da qualche tempo la triste storia extra musicale di Britney Spears mi ha portato a maggiore consapevolezza, ma su Aguilera sono davvero scarso. Però una decina d’anni fa uscì il disco di un concerto prodotto per raccogliere fondi dopo il terremoto di Haiti, e dentro c’era gente che valeva la pena (Springsteen, Stevie Wonder che faceva Bridge over troubled water, Beyoncé con Chris Martin su Halo) e pure un ballatone piuttosto struggente di Christina Aguilera: la canzone era nel suo disco appena uscito allora, sempre ballatone, ma più arrangiata. Invece qui la sua voce faceva tutto il lavoro – in maniera tradizionale, certo, quelle cose di “apertura vocale” tanto apprezzate a X Factor – e se volete una di quelle canzoni buone per ogni scena struggente e drammatica di una serie tv contemporanea, questa è tra le migliori di quel campionato lì.

Anche perché l’ha scritta Linda Perry (l’aveva scritta per sé), che sa il fatto suo, in quel campionato lì di pezzoni americani che vanno nelle classifiche pop che piacciono agli americani. Linda Perry ha scritto Beautiful, per Aguilera, e prodotto e scritto canzoni per un sacco di gente (donne, soprattutto, le più diverse). Ma la cosa per cui è più famosa per quelli di noi novecenteschi, è quella gran canzone che fece all’inizio della sua carriera con l’effimera band dei 4 Non Blondes. Qui la rifà diversa e bella uguale nel 2018 (lei ora ha 55 anni).

E insomma, quella che suona il pianoforte nella versione “per Haiti” è Linda Perry: e messo tutto assieme ce n’è abbastanza per nobilitare una buona ballatona pop.


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