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  • Domenica 28 marzo 2021

«Merluzzo e salsicce»

In una delle ultime annotazioni del suo diario, Virginia Woolf si apprestava a preparare la cena e intanto rifletteva su come impiegare il tempo «traendone il massimo vantaggio»

Virginia Woolf attorno al 1933 (Central Press/Getty Images)
Virginia Woolf attorno al 1933 (Central Press/Getty Images)

Virginia Woolf, la scrittrice inglese autrice dei romanzi La signora Dalloway e Al faro, tra gli altri, morì il 28 marzo 1941, ottant’anni fa, suicidandosi nel fiume Ouse, in Inghilterra. Dopo la sua morte il marito Leonard Woolf mise insieme una selezione di scritti dai suoi diari che in qualche modo affrontano il tema del lavoro di scrittrice: la raccolta, pubblicata per la prima volta nel 1954 e disponibile in italiano col titolo Diario di una scrittrice, nella traduzione di Giuliana De Carlo, termina con un’annotazione dell’8 marzo 1941. Woolf all’epoca aveva 59 anni.

Domenica, 8 marzo

Appena tornata dalla conferenza di L. a Brighton. Come una città estera, il primo giorno di primavera. Donne sedute sulle panchine. Un grazioso cappellino in una sala da tè: come ravviva l’occhio, la moda! E le vecchie incrostate di conchiglie, pavesate, imbellettate, cadaveriche, nella sala da tè. La cameriera in cotone a quadretti.

No: non mi propongo nessuna introspezione. Noto la frase di Henry James: osserva senza tregua. Osserva l’avvicinarsi della vecchiaia. Osserva la voracità. Osserva il tuo stesso avvilimento. Con questo mezzo diventa utile. O così spero. Insisto per impiegare questo tempo traendone il massimo vantaggio. Voglio affondare con la bandiera spiegata.

Questo, lo vedo, è sull’orlo dell’introspezione; ma non vi cade ancora. Mettiamo che io mi abboni alla biblioteca e ci vada tutti i giorni in bicicletta, a leggere libri di storia. Mettiamo che io scelga una figura dominante in ogni epoca e ci scriva sopra. Tenersi occupati è essenziale.

E ora, con un certo piacere, mi accorgo che sono le sette e che devo preparare la cena. Merluzzo e salsicce. Credo che sia vero che, scrivendone, ci si rende in qualche modo padroni del merluzzo e delle salsicce.