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  • Giovedì 25 marzo 2021

Negli Stati Uniti si torna a parlare di armi

Ma con ogni probabilità alle parole non seguiranno i fatti, ancora una volta, perché i Repubblicani non vogliono nemmeno discuterne

Il supermercato di Boulder, in Colorado, dove sono state uccise 10 persone nel corso di un attacco armato (Chet Strange/Getty Images)
Il supermercato di Boulder, in Colorado, dove sono state uccise 10 persone nel corso di un attacco armato (Chet Strange/Getty Images)

Negli ultimi giorni negli Stati Uniti si è tornati a discutere della possibilità di introdurre più forti restrizioni sulla vendita di armi in tutto il paese. È un tema di cui si parla periodicamente da anni ma senza successo, nonostante solo una minoranza degli americani possieda armi e la maggioranza degli americani sia favorevole a introdurre nuovi limiti, a causa della forte opposizione del Partito Repubblicano e dell’influenza della National Rifle Association (NRA), l’associazione che rappresenta produttori e proprietari di armi negli Stati Uniti. Nell’ultima settimana ci sono state due stragi compiute con armi da fuoco in cui sono morte in tutto 18 persone.

Il presidente Joe Biden martedì ha chiesto al Congresso di approvare una nuova legge per rendere più difficile l’acquisto di armi, e di reintrodurre il divieto di vendere armi d’assalto (decaduto nel 2004). Simili tentativi in passato sono falliti a causa del voto contrario dei Repubblicani: perché passi una legge del genere, infatti, al Senato servono ben 60 voti su 100. Oggi i Democratici ne controllano 50, e in generale è difficile che un partito solo abbia una maggioranza così ampia. In un breve discorso tenuto alla Casa Bianca, Biden ha detto che questa «non è e non dovrebbe essere una questione di parte: è una questione americana. Dobbiamo agire».

Il caso Boulder
Il discorso di Biden è arrivato il giorno dopo l’ultima delle due stragi avvenute in settimana: nella prima, avvenuta il 17 marzo ad Atlanta, in Georgia, un uomo ha ucciso 8 persone, di cui 6 di origine asiatica: la polizia ha fermato un uomo bianco di nome Robert Aaron Long, di 21 anni, accusato di aver compiuto la strage; nella seconda, avvenuta lunedì 22 marzo a Boulder, in Colorado, un 21enne bianco di origine siriana, di nome Ahmad Al Aliwi Alissa, ha ucciso 10 persone con un fucile semiautomatico all’interno di un supermercato prima di essere arrestato dalla polizia.

Soprattutto quest’ultima strage ha generato molte discussioni politiche. Nel 2018, infatti, la città di Boulder – una delle più progressiste del paese, dove Biden alle ultime elezioni ha vinto di oltre 50 punti – aveva approvato una legge che vietava la vendita di armi d’assalto come il fucile semiautomatico usato da Alissa, e di caricatori in grado di contenere più di 10 munizioni. La NRA aveva fatto ricorso contro il divieto e l’esito del ricorso è arrivato solo pochi giorni fa, il 12 marzo, quando il giudice distrettuale della contea di Boulder ha deciso che era illegittimo, poiché «solo una legge dello stato del Colorado o una legge federale può proibire il possesso e la vendita di armi d’assalto e di caricatori di grande capienza».

Secondo una nota diffusa dalla polizia, il 16 marzo, quindi quattro giorni dopo la caduta del divieto, Alissa aveva comprato un fucile semiautomatico Ruger AR-556, una versione più piccola e maneggevole del fucile d’assalto AR-15. Al momento non è chiaro se abbia usato proprio quel fucile nella sparatoria, dato che la polizia ha detto solo che al momento dell’arresto era in possesso di una pistola e di un fucile semiautomatico. Sappiamo però che in passato Alissa era stato condannato per aggressione, e che suo fratello lo ha descritto come una persona con disturbi mentali, antisociale e paranoica. Nella nota della polizia si dice anche che il 20 marzo, due giorni prima della strage, la fidanzata del fratello di Alissa lo aveva visto maneggiare quella che le era sembrata “una mitragliatrice”.

Come si compra un’arma negli Stati Uniti
Le regole per l’acquisto di armi variano molto da stato a stato, ma ci sono comunque alcune regole di base a livello federale. Negli Stati Uniti ci sono migliaia di negozi in cui si possono acquistare armi, in alcuni casi anche in aree dedicate dei grandi supermercati. Oltre alle armerie, chi vuole comprare una pistola o un fucile può partecipare alle fiere di armi organizzate praticamente ogni settimana in molti stati, oppure può acquistare direttamente da un privato cittadino, magari un conoscente.

I controlli preventivi – i cosiddetti “background checks” – sono effettuati solamente per gli acquisti di armi nei negozi: il cliente deve compilare un modulo del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF), con i propri dati anagrafici e rispondere a un questionario. Le domande riguardano eventuali precedenti penali, l’uso di farmaci e informazioni sul proprio stato di salute mentale. Una volta compilato il modulo, il venditore deve chiamare l’FBI per un controllo incrociato.

Questi controlli però possono essere facilmente aggirati comprando un’arma di seconda mano, oppure online, nella maggior parte dei casi, oppure in una delle tante fiere in cui vengono vendute le armi (il cosiddetto “gun show loophole”). Di conseguenza, oggi negli Stati Uniti possono acquistare un’arma anche le persone che hanno già avuto condanne per reati violenti, o che hanno note e accertate patologie mentali. Gli oppositori dei “background checks” sostengono che il diritto di possedere un’arma venga stabilito dalla Costituzione senza eccezioni, e sia l’unica garanzia verso potenziali tentazioni tiranniche del governo federale; inoltre, temono che una qualsiasi diagnosi di ansia o depressione, magari legata a un momento passeggero, possa rendere impossibile acquistare un’arma.

Le proposte dei Democratici
La Camera – dove i Democratici hanno la maggioranza – aveva già approvato questo mese due progetti di legge sul tema.

La prima ha lo scopo di ampliare e rafforzare i controlli sui precedenti di chi vuole comprare armi, e prevede tra le altre cose di aumentare il tempo a disposizione dell’FBI, l’agenzia investigativa della polizia federale statunitense, per effettuare controlli sui precedenti degli acquirenti. Questi accertamenti oggi possono durare al massimo tre giorni, oltre i quali – anche in mancanza di un parere dell’FBI – il venditore può vendere liberamente l’arma all’acquirente. La seconda proposta di legge chiede di regolamentare i venditori senza licenza e imporre controlli anche su chi compra armi online, a una fiera o da altri proprietari.

Le due proposte servirebbero inoltre a unificare i regolamenti sui controlli dei precedenti penali di chi vuole acquistare un’arma: diversi stati hanno infatti regole diverse su questo tema, e solo 22 stati hanno una legislazione comune. La creazione di un registro federale unico dei precedenti potrebbe anche servire a limitare la circolazione di armi attraverso i confini statali (evitando che qualcuno lasci il suo stato per andare a comprare un’arma dove è più facile farlo).

Biden ha chiesto che i due progetti di legge approvati dalla Camera passino anche al Senato, facendo appello ai Repubblicani: «Non abbiamo bisogno di aspettare un altro minuto per prendere decisioni di buon senso che salveranno delle vite, e per esortare i miei colleghi alla Camera e al Senato ad agire. Possiamo vietare ancora una volta armi d’assalto e caricatori di grossa capienza in questo paese», ha detto.

Biden fa riferimento a una legge approvata del 1994, di cui era stato tra i principali sostenitori in Senato, che vietò la vendita di armi d’assalto per dieci anni (il risultato di un faticoso compromesso tra Democratici e Repubblicani). Il divieto decadde nel 2004 sotto l’amministrazione di George W. Bush e non venne mai più rinnovato. Anche in questo caso, tra l’altro, si tratterebbe di misure dagli effetti molto limitati: anche un blocco totale delle vendite di armi d’assalto non inciderebbe su quelle che sono già in circolazione.

Non succederà
Le possibilità che questi due progetti di legge passino al Senato sembrano però al momento molto scarse. Alla Camera le proposte sono passate quasi soltanto con i voti dei Democratici. Al Senato, dove il Partito Democratico ha 50 voti su 100 – e può usufruire del voto della vicepresidente Kamala Harris in caso di pareggio – i progetti di legge hanno bisogno di trovare 60 voti se vogliono superare l’ostruzionismo che i Repubblicani hanno già detto di aver intenzione di fare. Non risulta che oggi ci siano più di due o tre senatori Repubblicani interessati a votare leggi del genere; sicuramente non ce ne sono dieci.

Il vantaggio dei Repubblicani su questo tema è determinato dalla saldatura di due fenomeni politici.

Il primo: per quanto la maggioranza della popolazione da anni si dica favorevole a introdurre nuove restrizioni, la questione è sempre stata considerata meno urgente di altre (dalle diseguaglianze economiche al razzismo, dalla scuola al cambiamento climatico) e quindi ha generato movimenti di opinione non particolarmente influenti. Per i sostenitori delle armi, invece, la difesa delle attuali libertà è una fortissima priorità, e questo sentimento viene manifestato con attivismo, donazioni a comitati e associazioni, militanza politica.

Il secondo: l’influenza dell’NRA tra i conservatori americani è cresciuta tantissimo negli ultimi decenni, e le posizioni politiche sulle armi sono diventate un elemento identitario, una cartina al tornasole che permette di capire subito chi è un “vero conservatore” e chi no. L’NRA dona molti fondi ai politici più amici dell’associazione (o agli sfidanti di chi vuole introdurre restrizioni) e il suo sostegno politico è diventato una sorta di “credenziale” che dimostra la propria ortodossia anche su temi come l’aborto, l’immigrazione, il ruolo del governo, il politicamente corretto. In un Partito Repubblicano che è diventato progressivamente più estremista, spostandosi su posizioni di estrema destra, in moltissimi stati americani è impensabile ottenere i voti della base del partito senza essere in qualche modo “approvati” dall’NRA.