Miami Beach, il 3 giugno 2014 (Joe Raedle/Getty Images)

Il livello del mare di Miami si sta alzando, e serve una soluzione

È un fenomeno causato dal cambiamento climatico, ma il piano pensato finora dalle autorità locali non convince gli esperti

Miami è una delle città al mondo più esposte all’innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento globale. Non ha la popolazione più vulnerabile al problema – a differenza di altre città più popolose e meno attrezzate a rispondere a un’emergenza – ma è quella che più di tutte ha da perdere in termini economici per le inondazioni costiere, le tempeste e la crescita del livello del mare, secondo le stime dell’organizzazione americana Resources for the Future, che dal 1952 conduce ricerche sull’ambiente e le risorse naturali.

Per questo la contea di Miami-Dade – di cui fanno parte Miami e Miami Beach – ha messo insieme un piano per affrontare un innalzamento di almeno 50 centimetri, previsto entro il 2060. Il piano prevede di alzare il livello di strade e case, costruire di più nelle zone lontane dalla costa e creare spazi aperti dove far defluire l’acqua delle alte maree.

Secondo alcuni esperti di cambiamento climatico, però, il piano è inadeguato e sottostima la gravità della situazione che Miami si troverà ad affrontare.

In azzurro le zone della contea di Miami-Dade che finiranno sommerse con un innalzamento del livello del mare di 60 centimetri in una simulazione della National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di meteorologia e clima; le zone in verde sono quelle più basse, che potrebbero a loro volta allagarsi (NOAA)

Nel sud della Florida, dove si trova la contea di Miami-Dade, il livello del mare è aumentato di 30 centimetri dall’inizio del Novecento e di più di 10 dal 1993. Le inondazioni dovute alle alte maree primaverili, soprannominate king tide, sono diventate quattro volte più comuni rispetto a 15 anni fa. Alcuni scienziati si aspettano che nei prossimi dieci anni il livello del mare crescerà di altri 15 centimetri. Le stime per la fine del secolo invece parlano di 1 metro e mezzo o addirittura 2 metri.

Se questo scenario diventerà realtà, quasi un terzo dell’attuale popolazione di Miami-Dade dovrà spostarsi, e una grande parte della contea diventerà inabitabile.

Il piano delle autorità locali per affrontare questa prospettiva prevede varie azioni, ognuna con connesse complicazioni. Una è alzare le case costruendo delle palafitte sotto cui l’acqua potrà passare durante le inondazioni: è una cosa che si può fare facilmente con le nuove costruzioni, mentre è più complessa e costosa per quelle esistenti. Inoltre, perché l’operazione abbia un senso, anche il livello delle strade dovrebbe essere rialzato: per farlo la contea progetta di acquistare rocce e terreno per innalzare zone più ampie.

Il problema con questo approccio è che se lo si fa solo per certi isolati si rischia di esporre a maggiori rischi di inondazioni le aree vicine non rialzate a loro volta.

Una strada allagata per l’alta marea a Miami Beach, il 18 ottobre 2012 (Joe Raedle/Getty Images)

Il piano prevede di costruire di più e di raggiungere una maggiore densità abitativa nelle zone più lontane dalla costa. Si tratta di quartieri dove fino a poco tempo fa il valore delle case era più basso, abitati per lo più da famiglie a basso reddito, molte delle quali appartenenti a minoranze. Il rischio di questa strategia è quindi quello di causare una “gentrificazione climatica”.

Il modo in cui sarà affrontato l’innalzamento del livello del mare nel sud della Florida è in generale strettamente legato al mercato immobiliare. Le parti della contea di Miami-Dade affacciate sull’oceano sono quelle dove i valori degli immobili sono più alti, ma anche quelle più a rischio per gli effetti del cambiamento climatico. Secondo una stima fatta l’anno scorso dall’Urban Land Institute, un centro di ricerca, entro il 2040 potrebbero andare perse proprietà immobiliari del valore complessivo di 3 miliardi di dollari a causa dell’innalzamento dei livelli delle alte maree.

Rob Moore, un esperto del Natural Resources Defense Council, un’organizzazione internazionale che si occupa di difesa dell’ambiente, ha detto al New York Times che il problema del piano della contea di Miami-Dade è che non parla abbastanza dei rischi di continuare a costruire lungo la costa. Secondo Moore, la strategia annunciata dalla contea «rassicura le imprese edili che nel breve termine a Miami si può ancora costruire», mentre sarebbe stato meglio diffondere un messaggio diverso.

Una strada di Miami Beach allagata per l’alta marea, il 29 settembre 2015 (Joe Raedle/Getty Images)

La contea di Miami-Dade dovrebbe avere tutto l’interesse a trovare soluzioni al problema dell’innalzamento del mare, e anche dei buoni mezzi, proprio per via dell’importanza del mercato immobiliare lungo la costa. Le tasse sulle proprietà immobiliari infatti contribuiscono molto al bilancio della contea.

Katherine Hagemann, capo delle politiche per l’adattamento climatico della contea di Miami-Dade, ha detto al New York Times che il piano per affrontare l’innalzamento del livello del mare tiene conto del fatto che non sarebbe sostenibile a livello economico pagare un gran numero di persone per abbandonare le proprie case: ha più senso, ha detto Hagemann, trovare delle soluzioni per rendere vivibili le zone in cui quelle case si trovano. Secondo Mike Hernández, un consulente politico che aveva lavorato per la precedente amministrazione della contea, il piano è pensato per il miglior scenario possibile, non per quello più probabile: «In realtà una politica di adattamento – e questa è la cosa che fa paura, credo, a molti amministratori e politici eletti – può significare rinunciare a parte della terra. Può significare far spostare le persone altrove o costruire una barriera».

Una strada allagata dall’alta marea a Fort Lauderdale, che rientra nella contea di Broward ma fa parte dell’agglomerato urbano della “Grande Miami”, il 30 settembre 2015 (Joe Raedle/Getty Images)

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