20 grandi finali cinematografici

Li ha scelti Vulture e ci sono confronti piovosi, lunghi silenzi, un «nessuno è perfetto» e varie sequenze spiazzanti

In questi giorni il sito statunitense Vulture sta pubblicando una serie “sull’arte di finire le cose“. Un articolo molto lungo e ambizioso presenta una lista dei 101 migliori finali della storia del cinema, messa insieme dopo mesi di discussioni interne tra diverse scuole di pensiero: qualche critico preferiva i finali cupi, qualcun altro quelli a metà, che lasciavano molto all’immaginazione degli spettatori, e qualcun altro ancora quelli un po’ più a lieto fine. «A volte abbiamo scelto le conclusioni catartiche, che ti fanno piangere di gioia; molte altre abbiamo però privilegiato finali che non finiscono» scrive Vulture.

Come ogni lista, comunque, è parziale, personale e compilata con una certa attenzione per tenere insieme film diversi per epoca, genere e paese di origine. E non c’è nemmeno una chiara definizione di cosa sia un finale: a volte è una lunga scena, altre una rapida inquadratura. La sola cosa importante, ha scritto Vulture, è che fosse davvero alla fine, dato che tra l’altro «è sorprendente scoprire quante cose che sono ricordate come grandi finali arrivino in realtà un po’ prima del finale vero e proprio». Qui avanti ci sono i primi 20 finali della classifica di Vulture, ed è probabilmente superfluo dire che contengono spoiler.

Tra gli 81 film scelti da Vulture per le posizioni successive ci sono Grizzly Man, Us, La grande illusione, Il silenzio degli innocenti, F come falso, Bastardi senza gloria, The Social Network, Casablanca, Thelma & Louise, Boogie Nights, I predatori dell’arca perduta, Luci della città, Eva contro Eva, Sentieri selvaggi e La 25ª ora.

Gli altri 20 sono questi:

20. L’ultima tentazione di Cristo
«La blasfemia non è mai stata così emozionante», scrive Vulture. Perché alla fine di questo film del 1988 di Martin Scorsese il piuttosto noto protagonista interpretato da Willem Dafoe è sollecitato da un angelo a scendere dalla croce e vivere una vita normale, fare figli, sposarsi, e morire di vecchiaia. Lo fa, ma poi anni dopo quando è anziano arriva Giuda (Harvey Keitel) e gli rivela che l’angelo era in realtà Satana intento a sottoporlo alla sua ultima e più grande tentazione. Gesù chiede a suo padre di dargli la possibilità di essere davvero il Messia, e d’un tratto ritorna sulla croce, dove muore sul sottofondo di un crescendo orchestrale.

19. Il matrimonio del mio migliore amico
Questa semplice, allegra e vivace commedia romantica di fine anni Novanta gira tutta intorno al personaggio di Julia Roberts che, insieme a un amico, cerca di far saltare il matrimonio tra il suo ex fidanzato e la sua imminente moglie, interpretata da Cameron Diaz. Vulture ne ha scelto il finale perché «sovverte le attese» e fa sì che, nonostante tutti i suoi sforzi, la protagonista non riesca nel suo intento e «perda sia l’amato che la dignità». Il finale originale prevedeva in realtà che la protagonista incontrasse e si innamorasse (venendo ricambiata) di un nuovo uomo, ma fu scartato perché si pensò che, forse, gli spettatori avrebbero preferito vederla soffrire almeno un po’.


18. Point Break
Il film parla di una banda di criminali/surfisti che rapina le banche con le maschere di quattro presidenti americani. L’agente dell’FBI interpretato da Keanu Reeves riesce a infiltrarsi tra i surfisti e conoscere chi deve conoscere. Alla fine – dopo una serie di vicissitudini – l’agente si ritrova con Bodhi, uno della banda, su una spiaggia australiana. Lì si scontrano e confrontano, ma alla fine l’agente lascia andare Bodhi – «vaya con Dios», gli dice – e Bodhi se ne va verso le grandi onde che tanto aveva desiderato, venendone travolto.


17. Before Sunset
È il famoso film del 2004 di Richard Linklater seguito di Prima dell’alba: lui e lei, Ethan Hawke e Julie Delpy, si ritrovano a Parigi nove anni dopo aver passato una notte insieme in giro per Vienna. Dopo essersi «girati attorno» per gran parte del film, arriva il momento in cui lui dovrebbe andarsene da Parigi, ma finisce a casa di lei, che gli dice che perderà l’aereo. «Prima che tutto dissolva a nero» ha scritto Vulture «nemmeno li vediamo baciarsi, ma sono palpabili l’attrazione e la tensione elettrica».


Il film ha avuto anche un sequel: Before Midnight.

16. Heat
Secondo la sintesi che ne fece Nanni Moretti in Aprile: «l’incontro tra un poliziotto e un criminale. Il criminale ha appena ammazzato trecento persone. Poi incontra il poliziotto che lo insegue e si dicono: “Vabbè, in fondo siamo un po’ uguali, amiamo tutti e due molto il nostro mestiere”. Sai, il bene, il male, due facce della stessa medaglia». La sua scena più famosa è forse quella del ristorante, più o meno a metà film, con De Niro e Al Pacino finalmente intenti a recitarsi uno di fronte all’altro. I due personaggi, il poliziotto e il criminale, si rivedono solo alla fine, in una scena quasi senza parole, in un momento «epico e intimo», perché uno dei due muore ma, con lui, anche un po’ l’altro.


15. Jeanne Dielman
Secondo Vulture questo film del 1975 diretto dalla belga Chantal Akerman – il cui titolo originale è un indirizzo: Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles – «è forse il film più sfacciato mai fatto», perché per oltre 200 minuti mostra la routine di una madre single (Delphine Seyrig) che alle volte si prostituisce. E anche il finale è sfacciato, perché la protagonista colpisce uno dei suoi clienti con delle forbici e poi, per sette minuti, sta seduta silenziosa e quasi immobile. Fino alla fine del film.


14. Sotto gli ulivi
Diretto nel 1994 dall’iraniano Abbas Kiarostami, è una sorta di dietro le quinte (ma è più complicato e intricato di così) di un suo precedente film. Molto in breve, l’idea è di raccontare come vita e cinema si possano influenzare a vicenda e, in termini più pratici, cosa succede se un attore si innamora di un’attrice con la quale sta recitando. Finisce, spiega Vulture, «con una lunga sequenza che mostra [molto da lontano] il ragazzo mentre corre verso la ragazza, le parla e poi si allontana di nuovo, correndo». È stato scelto perché è un finale ambiguo e aperto «in cui il regista non ci dice cosa dobbiamo provare e la scelta di come interpretare quel che vediamo è solo nostra».


13. L’atto di uccidere
Un documentario del 2012 in cui a due ex membri di una “squadra della morte” indonesiana viene data la possibilità di ricreare alcune loro uccisioni secondo i canoni di determinati generi cinematografici. Finisce con una scena in cui uno dei due, che per una volta “interpreta” una delle vittime, inizia a sentirsi fisicamente male.


12. La cosa
«La perfetta esemplificazione di un horror da isolamento» scrive Vulture. Inizia in una base scientifica antartica con un elicottero all’inseguimento di un husky e – dopo che i protagonisti man mano muoiono e/o mettono insieme i pezzi utili a capire cosa sia e cosa faccia “la cosa” del titolo – finisce con due di loro, MacReady e Childs, che sanno di dover restare soli, bloccati e destinati a morte certa, reciprocamente sospettosi del fatto che l’altro possa essere “la cosa”.


11. Mulholland Drive
«È tutto molto semplice» ha scritto Vulture a proposito del finale di questo film, notoriamente tra i più complicati della storia del cinema. Secondo il suo regista David Lynch non è nient’altro che «una storia d’amore nella città dei sogni». Spiegare il finale è difficile, perché tiene dentro vari elementi onirici e inquietanti comparsi nelle due ore e mezza precedenti, senza le quali è impossibile capirne il senso: impresa peraltro ardua anche avendo ben chiaro il contesto. Secondo Vulture, comunque, «è un finale super mentale di uno dei film più mentali di sempre, che ancora oggi, dopo vent’anni, fa discutere».


10. Ritratto della giovane in fiamme
Scritto e diretto da Céline Sciamma, uscì nel 2019 ed è ambientato nella Francia del Diciottesimo secolo, sul legame tra una pittrice e la donna che deve ritrarre. Ha molto a che fare con gli sguardi e lo sguardo femminile in particolare, e l’ultima scena mostra le due protagoniste anni dopo, finita la loro relazione. Una delle due (la pittrice) vede – senza però essere vista – l’altra donna. Il tutto mentre un’orchestra esegue l’Estate di Antonio Vivaldi, che per le due ha un particolare significato condiviso. «La cinepresa resta sulla donna osservata» ha scritto Vulture «mostrandola mentre si lascia trasportare dal ricordo». Le due, però, non incrociano mai i loro sguardi.


9. Il diritto di uccidere
È un noir di 71 anni fa e il protagonista interpretato da Humphrey Bogart è uno sceneggiatore violento fortemente sospettato di omicidio, che viene in parte scagionato da una giovane donna con la quale inizia una relazione. Un detective continua però a sospettare di lui, facendo pressioni sulla donna perché riconsideri la sua posizione. Lei in effetti si fa venire una serie di dubbi, dopo averne conosciuto i lati più violenti, e arriva ad accusarlo direttamente dell’omicidio. Alla fine, la chiamata del detective che conferma l’innocenza dello sceneggiatore arriva pochi minuti dopo che lui ha provato a strangolare la donna, compromettendo quindi irrimediabilmente la loro storia d’amore.


8. Eyes Wide Shut
Vulture ha spiegato di aver scelto un solo film per regista nel mettere insieme la sua lunga lista di finali. Per Stanley Kubrick le possibili scelte erano di certo molte, eppure è stato scelto il finale del suo ultimo film, che notoriamente scontentò un bel po’ di fan. Secondo Vulture è qui che «il maestro superò se stesso, con l’ultima scena e l’ultima battuta con cui la Alice Harford interpretata da Nicole Kidman dice al marito Bill (Tom Cruise) che resta loro ancora una cosa importante da fare prima possibile: «scopare».


7. 8 1/2
Il film di Federico Fellini che qualche giorno fa Martin Scorsese ha definito «la più pura espressione di amore per il cinema che ci sia». Secondo Vulture «un finale in cui tutti i livelli dell’io del protagonista collassano fino a diventare una sola cosa».


6. Il segreto del suo volto
Nel film Nelly, sopravvissuta all’Olocausto, si sottopone a un intervento per la ricostruzione del viso, sfigurato da un proiettile. Il marito da cui torna non la riconosce e anzi, credendola un’altra donna, le propone di fingersi sua moglie, che lui crede defunta. Lei, di fatto, deve quindi diventare l’alter ego di se stessa. Alla fine, però, lei canta e noi capiamo che lui la riconosce.


5. A qualcuno piace caldo
Una delle commedie più celebri di sempre, con Tony Curtis, Jack Lemmon e Marilyn Monroe. Finisce, dopo una lunga serie di bizzarri equivoci, con il personaggio di Lemmon che è vestito e truccato da donna perché sta fingendo di essere una certa Daphne. Una donna di cui è innamoratissimo Osgood Fielding II, che la vuole sposare. Nel finale del film i due si allontanano insieme in barca, e per tentare di dissuadere il miliardario, Daphne/Lemmon le prova tutte: «non sono una bionda naturale» dice «fumo come un turco, ho un passato burrascoso, non potrò mai avere bambini». E infine, dopo essersi tolta la parrucca, confessa: «sono un uomo». Al che il miliardario dice: «nessuno è perfetto».


4. Big Night
Un film di-e-con Stanley Tucci su due litigiosi fratelli alle prese con un ristorante italiano in New Jersey. Uno è il primo cuoco; l’altro – il maitre – si chiama Secondo ed è interpretato da Tucci. I due finiscono in mezzo a un raggiro e verso la fine del film sono molto presi a litigare su una spiaggia. Ma poi fanno la pace e alla fine-fine li vediamo mentre, in silenzio, fanno colazione a pane e frittata.


3. Madre
È il quarto film di Bong Joon Ho, uno che in genere se la cava un gran bene con i finali. Madre racconta la storia di una donna che cerca di scagionare il figlio ma che nel farlo scopre e fa tutta una serie di cose disdicevoli. Finisce con lei che nonostante il pesantissimo fardello decide di andare avanti.


2. Il terzo uomo
Uscito nel 1949, questo film di Carol Reed ambientato in una Vienna occupata dagli Alleati parla di un uomo – interpretato da Orson Welles – che si crede essere morto e che invece non lo è. E che però alla fine muore. Finisce su un famoso viale alberato di un cimitero dove si è svolto il nuovo funerale dell’uomo. Anna, la sua compagna, ignora il protagonista, innamorato di lei e che però ha causato la morte di lui.


1. Beau Travail
Un film francese del 1999, diretto da Claire Denis, liberamente ispirato a Billy Budd di Herman Melville. Finisce con una inaspettata sequenza musicale, sulle note e le parole di “The Rhythm of the Night”:


«È un flashback, un sogno, una fantasia, un rapido sguardo alla vita dopo la morte?» si chiede Vulture, che poi si risponde: «Forse tutte queste cose assieme? Tutto il film è trascendente, ma questo ultimo momento è indimenticabile, bizzarro, esilarante, esuberante e anche per certi versi molto molto triste».