Gli esoscheletri iniziano a essere tra noi

Se ne utilizzano sempre di più in ambito medico e si studia come potranno aiutare nei lavori pesanti, mentre gli impieghi militari sembrano meno realistici

esoscheltri hal cyberdyne
(YouTube/Brooks Rehabilitation)

Da diversi anni la tecnologia basata sugli esoscheletri robotizzati – strutture che sostengono e potenziano le capacità fisiche degli esseri umani che le indossano – trova numerose e crescenti applicazioni sia in ambito biomedico, per la riabilitazione dei pazienti, che in quello del lavoro manuale, come mezzo per ridurre i carichi e migliorare la sicurezza. L’industria automobilistica è tra quelle che hanno finora lasciato intravedere maggiori prospettive di collaborazione con le aziende specializzate nella produzione di esoscheletri. Ma altri impieghi possibili e in alcuni casi già adottati esistono nell’edilizia o anche nell’agricoltura, e in generale nei lavori dell’industria manifatturiera che prevedano passaggi ripetitivi e usuranti per il personale impiegato.

La produzione di esoscheletri industriali è principalmente di due tipi: quella di sistemi “attivi” e quella di sistemi “passivi”. Il tipo a cui si fa più spesso riferimento quando si parla di esoscheletri è quello “attivo”, in cui cioè la spinta viene prodotta grazie a una batteria o a un diverso sistema di propulsione. Ma ricerche recenti si sono concentrate anche sui modelli “passivi”, che non forniscono energia diretta ma sfruttano i progressi compiuti nella scienza dei materiali per costruire esoscheletri robusti e leggeri in grado di sostenere e facilitare i movimenti degli umani.

Le applicazioni in ambito medico
La crescita significativa recente è quella che interessa le applicazioni in ambito medico, dove gli esoscheletri sono impiegati per ripristinare funzioni nelle persone con disabilità e per aiutare i pazienti con difficoltà motorie. È un mercato ancora condizionato dai costi elevati e quindi prevalentemente sostenuto da ospedali e centri di riabilitazione. Ma la progressiva diminuzione di quei costi sta lentamente favorendo l’espansione dell’offerta di prodotti di consumo destinati alla popolazione, che potrebbe ulteriormente assorbire costi di ricerca e sviluppo. Secondo una previsione della società di ricerche Technavio il mercato degli esoscheletri impiegati in ambito medico dovrebbe crescere di circa 290 milioni di euro nel quadriennio 2020-2024. Già da qualche anno i progressi compiuti nel campo dei modelli indossabili stanno permettendo a migliaia di persone di affrontare con più facilità le conseguenze di lesioni spinali, ictus e problemi neurologici.

Larry Jasinski è il CEO di ReWalk, una delle aziende statunitensi più attive e conosciute nella produzione di dispositivi medici robotizzati per le persone con disabilità degli arti inferiori. Secondo dati riferiti da Jasinski ci sono circa 30 mila persone in attesa di ricevere un esoscheletro e circa 18 mila ogni anno ne fanno richiesta. Una delle ragioni che hanno accresciuto gli investimenti delle aziende nella ricerca è stato il progressivo aumento delle approvazioni di questi dispositivi da parte delle autorità.

Nel 2019 ReWalk ha ricevuto dalla Food and Drug Administration (FDA) – l’agenzia governativa statunitense che si occupa, tra le altre cose, della regolamentazione delle attrezzature mediche – l’autorizzazione a vendere ai centri di riabilitazione un suo modello di esoscheletro (ReStore Soft Exo-Suit) destinato principalmente ai pazienti con emiparesi dovuta a ictus. Ha un costo di circa 24 mila euro ed è una specie di fascia tibiale collegata tramite cavi meccanici a un marsupio che aziona un sistema idraulico. Serve ad assistere la camminata facilitando la flessione del piede e agevolandone il sollevamento da terra. L’idea degli ingegneri biomedici che hanno progettato il dispositivo, sostenuta da una serie di studi specifici, è che favorendo una corretta deambulazione del paziente il cervello possa apprendere di nuovo e ripristinare più rapidamente la funzione persa dopo l’ictus.


Un altro dispositivo molto venduto da ReWalk, approvato dalla FDA e conosciuto da più tempo nel mercato, è un esoscheletro per uso domestico (ReWalk Personal 6.0) pensato principalmente per pazienti con paraplegie dovute a lesioni spinali. Costa tra 56 mila e 70 mila euro, a seconda della personalizzazione del progetto. È un sistema alimentato da una batteria trasportabile e controllato da un orologio da polso che rileva i movimenti tramite sensori posizionati all’altezza della cintura, in modo da direzionare la camminata a seconda dell’inclinazione del busto rilevata.

Ekso Bionics, che ha sede in California, è un’altra azienda americana famosa per la produzione di esoscheletri in ambito medico. Uno dei suoi modelli più utilizzati, l’EksoNR, svolge una funzione simile a quella del ReStore di ReWalk – è sviluppato per pazienti con difficoltà motorie dovute a ictus o lesioni spinali – ed è destinato esclusivamente a un uso in ambiente clinico e nei centri di riabilitazione. Le strutture che fanno uso di attrezzature Ekso in tutto il mondo sono oltre 270, di cui otto in Italia.


Anche in Giappone la ricerca ha prodotto risultati significativi negli ultimi anni, e una delle possibili ragioni dei cospicui investimenti in questo settore è che sia interesse del paese cercare di mantenere nel mondo del lavoro il più a lungo possibile e senza infortuni la crescente parte meno giovane della popolazione.

HAL (Hybrid Assistive Limb, arto assistivo ibrido) è il progetto più ambizioso e versatile dell’azienda giapponese Cyberdyne, sviluppato in collaborazione con l’Università di Tsukuba, nella prefettura di Ibaraki. Ha già prodotto diversi modelli di esoscheletro, tutti in costante aggiornamento: condividono la stessa tecnologia ma si distinguono per tipo di supporto offerto all’utente (alle braccia, alle gambe, al busto o a tutti gli arti). Funziona tramite segnali elettromiografici rilevati attraverso una serie di elettrodi attaccati alla pelle e collegati a un processore. A seconda dei segnali ricevuti, e cioè in base alle intenzioni dell’utilizzatore, il sistema muove le articolazioni dell’esoscheletro in modo da assecondare, sostenere e amplificare il movimento.


Oltre che nella riabilitazione HAL può essere impiegato anche per facilitare lo svolgimento di lavori pesanti. Nel 2012 Cyberdyne ne progettò alcune versioni speciali per i lavori di decontaminazione nelle zone intorno alla centrale nucleare di Fukushima.

Altre applicazioni nel lavoro
Negli ultimi anni in particolare, una progressiva introduzione degli esoscheletri in alcuni settori del lavoro in Giappone è stata in parte concepita come una misura per tentare di controbilanciare gli effetti delle tendenze demografiche sull’occupazione. Secondo i dati diffusi nel 2018 dal ministero degli Affari interni e delle Comunicazioni il 28,4 per cento della popolazione giapponese (35,88 milioni) ha 65 anni o più. E questa fascia rappresenta circa il 12,9 per cento della forza lavoro del paese. Il governo ha recentemente presentato una serie di proposte di legge pensate per innalzare l’età pensionabile inducendo le aziende a proporre incentivi per i dipendenti che lavorano fino al raggiungimento dei 70 anni.

L’impiego di particolari esoscheletri “attivi” da indossare come zaini, sviluppati per aumentare la forza e la resistenza dell’operatore che ne fa uso, permetterebbe a molti lavoratori anziani giapponesi di rimanere attivi più a lungo svolgendo lavori relativamente faticosi precedentemente assegnati a persone più giovani. Le tute, progettate dall’azienda Innophys e vendute al prezzo di circa 7 mila euro l’una, pesano poco meno di 5 chilogrammi. Tramite un meccanismo ad aria compressa che accompagna le rotazioni autonome del busto permettono di sollevare più facilmente pesi fino a 25 chilogrammi. A differenza di altri modelli impiegati nella riabilitazione – che richiedono in molti casi la rigidità necessaria a sorreggere persone che non resterebbero in piedi autonomamente – gli esoscheletri di Innophys utilizzati nel lavoro sono fatti di materiali morbidi. Nel primo trimestre del 2020 l’azienda ne ha vendute 10 mila unità.


Le prospettive di un futuro utilizzo massiccio di esoscheletri sul lavoro da parte della popolazione attiva più anziana è ritenuta rassicurante per alcuni aspetti, nella misura in cui questi dispositivi possono servire a evitare infortuni. Ma pongono d’altra parte una serie di questioni relative all’opportunità di far lavorare più a lungo gli anziani e al rischio di una “normalizzazione” di pratiche di sfruttamento nelle politiche sociali. Secondo Rory O’Neill, caporedattore della premiata rivista britannica Hazards magazine, che si occupa di sicurezza sul lavoro, l’introduzione degli esoscheletri nel mercato del lavoro dovrebbe essere preceduta da regolamentazioni più rigide. «Occorre ricordare che nel corso della storia alla base delle soluzioni imposte dai capi per incrementare la sicurezza sul lavoro si è poi scoperto un desiderio primario di aumentare la produzione», ha avvertito O’Neill.

Anche nel resto del mondo e negli Stati Uniti in particolare gli esoscheletri attivi rappresentano da tempo un ambito di ricerca di interesse per l’industria automobilistica e le produzioni con linee di montaggio. I progressi nella scienza e nella tecnologia dei polimeri e di altri materiali sono anche alla base del recente sviluppo di esoscheletri meno complessi e meno costosi, tra cui uno prodotto da Archelis, una startup di Yokohama, e presentato all’edizione virtuale del CES 2021 (la grande fiera tecnologica che si tiene ogni anno a Las Vegas).

La resistenza e la leggerezza dei materiali impiegati ha permesso ad Archelis di produrre un promettente modello (ArchelisFX) progettato per alleviare i carichi sulle articolazioni degli arti inferiori nel sollevamento di oggetti pesanti. Ma è pensato anche per le persone che devono rimanere in piedi per periodi di tempo prolungati o per quelle che hanno subìto da poco un intervento chirurgico. Il costo stimato dall’azienda per ArchelisFX dovrebbe aggirarsi intorno ai 4 mila euro.


Secondo alcune ricerche recenti condotte dall’Università di Tampere e dal Campus universitario tecnologico di Lappeenranta, in Finlandia, l’utilizzo stabile di esoscheletri indossabili potrebbe servire anche a migliorare l’ergonomia e aumentare la forza del personale che si occupa di assistenza geriatrica. Uno dei punti sottolineati dai ricercatori è che queste tecnologie – principalmente utilizzate nella produzione, nella logistica e nella riabilitazione – dovrebbero essere più presenti nei settori con un’alta concentrazione di lavoratori e soprattutto lavoratrici che soffrono di disturbi muscoloscheletrici da sovraccarico.

Ricerche simili sono portate avanti anche alla Vrije Universiteit Brussel, in Belgio. «Non vogliamo che le persone lavorino più velocemente né più duramente», ha detto Sander De Bock, un dottorando che si occupa di ricerca sugli esoscheletri: «vogliamo ridurre l’assenteismo facendo in modo che gli esoscheletri riducano gli sforzi prolungati e migliorino le condizioni di lavoro». Studi futuri, secondo Jean Theurel, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Ricerca per la Salute e la sicurezza sul lavoro francese (INRS), dovranno concentrarsi sugli effetti a lungo termine – ancora inevitabilmente poco chiari – dell’utilizzo prolungato di questi dispositivi sulle articolazioni e su altre parti del corpo coinvolte nei movimenti assistiti.

– Leggi anche: Gli esoscheletri per lavorare in fabbrica

La ricerca intorno agli esoscheletri potrebbe in futuro riguardare anche aziende interessate ad applicazioni meno specifiche e rivolte a un pubblico molto esteso. L’azienda di abbigliamento Nike ha recentemente cofinanziato una ricerca dell’Università di Stanford che ha prodotto un prototipo di esoscheletro robotizzato per le caviglie. Secondo i primi risultati condivisi dai ricercatori che ne hanno misurato, l’efficienza il dispositivo dovrebbe permettere ai corridori di risparmiare il 14 per cento di energia rispetto a una corsa con normali scarpe sportive prive di esoscheletro. «Abbiamo pensato che questi nostri esoscheletri potrebbero rendere più facile e più divertente correre, e indurre le persone a farlo più spesso e volentieri», ha detto Steve Collins, uno degli ingegneri meccanici coinvolti nello sviluppo del dispositivo.


E i supersoldati?
Per lungo tempo la ricerca tecnologica sugli esoscheletri è rimasta indirizzata verso i possibili impieghi militari, producendo per lo più esperimenti senza seguito. Questa condizione, unita ai riflessi di una lunga narrativa prima letteraria e poi cinematografica di successo, ha contribuito a rafforzare nell’opinione comune il legame tra l’idea degli esoscheletri e quella dei “supersoldati” (se non altro nella declinazione che non contempli la modifica dei geni). Ma i confini tra la ricerca concentrata sulle applicazioni mediche e quella in ambito militare non sono stabili e definiti, e spesso sono di natura etica.

Secondo Patrick Lin, docente di filosofia alla California Polytechnic State University e direttore del gruppo di ricerca Ethics + Emerging Sciences Group, «quasi tutto in questo settore si presta a un duplice uso». «L’uso terapeutico può facilmente essere convertito in uso militare, e non è così facile trovare il modo di impedire che accada senza ricorrere a una regolamentazione troppo ampia che ostacolerebbe anche la ricerca terapeutica», ha spiegato Lin a BBC. È piuttosto una distinzione fatta a posteriori: nel concreto le due linee di ricerca procedono spesso in parallelo.

Ekso Bionics ha collaborato a lungo con l’esercito degli Stati Uniti prima di ampliare l’offerta dei suoi esoscheletri per adattarla a un pubblico più ampio. Uno dei primi modelli prodotti per l’esercito, un esoscheletro “attivo” a sistema idraulico (HULC, Human Universal Load Carrier), era stato progettato per aiutare i soldati impegnati in zone di guerra a trasportare carichi fino a 90 chilogrammi a una velocità massima di 16 chilometri orari.

Nel 2018 l’azienda di ingegneria aerospaziale impegnata nel settore militare Lockheed Martin aveva ottenuto un finanziamento di 6,9 milioni di dollari (circa 5,6 milioni di euro) dal governo statunitense per impiegare e adattare un modello di esoscheletro sviluppato in origine dall’azienda canadese di tecnologie mediche B-Temia per l’assistenza a persone con difficoltà motorie.

È un esoscheletro indossabile (chiamato ONYX) che sfrutta un sistema di sensori e altre tecnologie alimentate a batteria per fornire un sostegno ai movimenti naturali del corpo. L’obiettivo in questo tipo di ricerca è tendenzialmente quello di mettere a punto sistemi in grado di ridurre gli sforzi dei soldati nel trasporto delle normali attrezzature militari, che tra giubbotto antiproiettile, radio e occhiali per la visione notturna possono arrivare a pesare in tutto 64 chilogrammi. Le stesse ragioni potrebbero rendere questi sistemi utili anche per dipartimenti di soccorso pubblico come i vigili del fuoco, per agevolarne le operazioni in situazioni di emergenza.


In precedenza altri programmi molto ambiziosi dell’esercito americano con gli esoscheletri, come la tuta da combattimento Talos (Tactical Assault Light Operator Suit), erano stati progressivamente accantonati o suddivisi in programmi con obiettivi più realistici. «In pratica sono qui per annunciarvi che stiamo costruendo Iron Man», disse scherzosamente il presidente Barack Obama nel 2014 presentando una serie di piani di innovazione dell’industria manifatturiera frutto della collaborazione tra varie aziende e istituti di ricerca.

Una delle principali difficoltà nello sviluppo di esoscheletri da utilizzare in ambito militare, secondo Vikram Mittal, professore del dipartimento di Ingegneria dei sistemi all’Accademia militare di West Point (USMA), sono da sempre i tempi di reazione. Senza un rilevamento istantaneo delle intenzioni dell’operatore – allo stato attuale ancora difficile da ottenere – il ritardo tra l’intenzione e il movimento dà all’operatore «la sensazione di muoversi in una pozza di gelatina», scrive Mittal. Un’altra difficoltà tecnica è legata all’attuale limitazione dei movimenti delle articolazioni degli esoscheletri, che finisce per determinare una riduzione dell’agilità generale. E poi c’è tutta la parte problematica relativa all’energia. Per il tipo di potenza richiesta servirebbero motori troppo rumorosi, pile a combustibile troppo calde o batterie troppo pesanti, senza considerare tutti i rischi sul piano della sicurezza.

Anche nel caso in cui si arrivasse un giorno a risolvere tutti questi problemi tecnici, prosegue Mittal, gli esoscheletri militari produrrebbero probabilmente più svantaggi che vantaggi. Dotare interi corpi militari di esoscheletri efficienti e personalizzati avrebbe costi probabilmente esorbitanti. E in caso di battaglia i nemici troverebbero facilmente il modo di sfruttare le vulnerabilità delle attrezzature. La tuta potrebbe anche essere costruita in modo da resistere a esplosioni e cadute, ma l’improvvisa accelerazione e decelerazione ucciderebbe l’operatore al suo interno. «L’approccio logico sarebbe quello di togliere l’essere umano dalla tuta, il che a sua volta elimina la necessità di un esoscheletro», conclude Mittal.