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  • Mercoledì 10 febbraio 2021

Gli olandesi non riescono ad avere il loro Elfstedentocht

È una storica e seguitissima gara di pattinaggio sui canali ghiacciati che non si fa da 24 anni: per il caldo, e ora per la pandemia

di Gabriele Gargantini

(Rob Bogaerts / Anefo, CC0, via Wikimedia Commons)
(Rob Bogaerts / Anefo, CC0, via Wikimedia Commons)

Ogni inverno, nei Paesi Bassi, per moltissime persone più fa freddo e meglio è. Perché sperano che si formi uno strato di ghiaccio su canali, fiumi e laghi, abbastanza spesso da poterci pattinare sopra. In particolare, sperano che si possa pattinare sul percorso di 199 chilometri che collega undici città della Frisia, una provincia nel nord del paese: è quello su cui si svolge, o meglio dovrebbe svolgersi, l’Elfstedentocht. Una gara pazza e localmente leggendaria, vecchia di oltre un secolo ma che in questo secolo non c’è ancora stata. Perché non ha ancora fatto così tanto freddo. Quest’anno, per quanto riguarda il meteo, potrebbe essere la volta buona: ma con ogni probabilità a impedire la gara sarà la pandemia da coronavirus.

Il nome Elfstedentocht significa “giro (tocht) delle 11 (elf) città (steden)”: Elf-steden-tocht. Esiste ufficialmente dal 1909, quindi da 15 anni prima delle prime Olimpiadi invernali, ma le vere origini risalgono a un paio di secoli prima. In un paese in cui il pattinaggio su ghiaccio è una grandissima passione, oltre che uno sport nazionale, l’Elfstedentocht è quindi, insieme, un grande rito collettivo e un attesissimo evento sportivo. «Ho vinto otto titoli Mondiali e due medaglie olimpiche» ha detto il pattinatore su ghiaccio Erben Wennemars «ma nessuna vale quanto un Elfstedentocht. Le medaglie le hanno in tanti, ma se vinci un Elfstedentocht, sei ricordato per sempre».

Il problema, però, è che sebbene si provi a organizzarlo ogni anno, dal 1997 a oggi non si è svolto nemmeno un Elfstedentocht, perché non si sono mai presentate le rigide condizioni meteorologiche senza le quali la gara è impossibile. Come ha raccontato Stefano Rizzato, giornalista sportivo della Rai, per quanto riguarda il freddo il 2021 sembrerebbe poter essere l’anno buono: di mezzo però, c’è la pandemia da coronavirus, con tutti i problemi che si porta appresso.

 

Prima ancora che con il coronavirus, sono decenni che l’Elfstedentocht se la deve vedere con il cambiamento climatico e con il fatto che nei Paesi Bassi i gelidi inverni sono sempre meno gelidi. Già nei suoi primi 50 anni, l’Elfstedentocht era stato un evento piuttosto raro, organizzato solo in 11 occasioni. Ma il vero problema è arrivato negli ultimi 50 anni, durante i quali le edizioni sono state solo tre: due negli anni Ottanta e poi una, l’ultima, nel 1997.

Da allora, ogni anno, con l’arrivare del primo freddo si riparla di Elfstedentocht, che per poter essere organizzato ha bisogno di una sola ma determinante condizione: che su tutto il percorso il ghiaccio sia spesso almeno 15 centimetri. In quel caso, un’apposita organizzazione decide, con un paio di giorni di anticipo, di organizzare la gara, il cui percorso parte da sempre dalla città di Leeuwarden e da sempre ci ritorna dopo essere sceso verso sud e dopo essere risalito verso nord lungo la costa.

Nel caso in cui fosse organizzato, l’Elfstedentocht prevederebbe una partenza prima dell’alba: per centinaia di pattinatori professionisti e per migliaia di appassionati. Un po’ come succede nelle maratone, infatti, l’Elfstedentocht è un evento sia per professionisti che per amatori. Nelle ultime edizioni i più veloci ci misero poco meno di sette ore; per diversi amatori il limite massimo entro cui tagliare il traguardo è sempre stato la mezzanotte, ma molti si ritiravano lungo la strada i canali.

Nei Paesi Bassi, il pattinaggio è importante da secoli perché è da secoli che i canali sono importanti ed efficienti vie di collegamento tra città. E quando quei canali ghiacciavano, pattinare diventava il modo più pratico e veloce per andare da un posto all’altro. Prima ancora che una forma di svago e uno sport – nel quale i Paesi Bassi hanno vinto più medaglie olimpiche di ogni altro paese al mondo – il pattinaggio su ghiaccio era stato una necessità. Bisogna quindi capire, come ha scritto il Washington Post, che «in un paese in cui il pattinaggio su ghiaccio è più che uno sport, l’Elfstedentocht è più di una gara». Non è solo il Super Bowl, è il Super Bowl e il carnevale messi insieme. È una sentita competizione di pattinaggio, ma è anche un grande evento popolare.

E infatti ha origini piuttosto antiche: come spiega il sito dell’istituto meteorologico dei Paesi Bassi, le prime prove accertate di qualcuno che a un certo punto si mise a pattinare sui canali ghiacciati tra le diverse città olandesi risalgono al Diciassettesimo secolo. Secondo le ricostruzioni dello storico e meteorologo Jan Buisman, il primo evento simile organizzato nella Frisia il cui percorso toccasse 11 città – quindi il primo Elfstedentocht – fu nel freddissimo inverno del 1740. Secondo Buisman, la prova principale sta in una poesia che ne parlò nel 1749 e in alcune analisi su quali anni, tra quelli precedenti a quella data, fossero stati i più freddi.

Con il passare dei decenni la tradizione si consolidò e, quando possibile, diversi pattinatori ripercorsero più o meno gli stessi canali della Frisia, sempre cercando di completare il percorso in un solo giorno. Ufficialmente, però, l’Elfstedentocht esiste dal 1909. Quell’anno i partecipanti furono 22 e tra loro pare ci fosse anche un contadino che passò gran parte del tempo a fumare una pipa d’argilla mentre pattinava.

Sembra che al tempo l’idea fosse di fare una sola e unica edizione, ma poi un avvocato di Leeuwarden, la città di partenza e di arrivo, intuì che l’evento poteva avere del potenziale e fondò un’apposita associazione per organizzare, quando possibile, nuove edizioni.

L’Elfstedentocht, quindi, fu organizzato di nuovo nel 1912, poi nel 1917 e poi altre sei volte da lì fino alla fine degli anni Quaranta, durante i quali ci furono addirittura tre edizioni consecutive tra il 1940 e il 1942. Alle edizioni di inizio Novecento il numero dei partecipanti era nell’ordine delle decine, ma già nel 1940, pochi mesi prima dell’occupazione nazista dei Paesi Bassi, i pattinatori al via furono circa tremila. Quell’edizione, tra l’altro, è ricordata anche perché a vincerla furono in cinque, che arrivarono al traguardo insieme dopo quasi 12 ore di gara rifiutando di fare una “volata” finale, che avrebbe decretato un solo vincitore.

Ci furono poi un’edizione nel 1954 (qualche giorno fa giornali e siti olandesi hanno dedicato diversi articoli al ritrovamento di un paio di minuti di immagini a colori) e una nel 1956, al termine della quale arrivarono di nuovo più atleti insieme. In quel caso gli organizzatori furono meno decoubertiani e decisero di non assegnare la vittoria a nessuno.


Nel 1963, a poco più di mezzo secolo dalla nascita ufficiale dell’Elfstedentocht, si tenne la 12ª edizione della gara, ancora oggi ricordata come la più ostica di sempre a causa delle bassissime temperature e del forte e gelido vento che quell’anno soffiò sul percorso. Partirono in quasi 10mila, ma a quanto pare solo in 127 arrivarono al traguardo di Leeuwarden. Quella gara è nota come “l’inferno del ’63”, e un po’ di anni fa nei Paesi Bassi fecero pure un film drammatico per raccontarne gli eventi.


Dopo un’attesa di oltre vent’anni, nel 1985 si riuscì finalmente a organizzare di nuovo l’Elfstedentocht. Nel frattempo erano molto migliorati pattini, indumenti e materiali ed era anche cresciuta l’attesa o – come si dice da quelle parti – la “febbre da Elfstedentocht”. Tra atleti professionisti e semplici amatori, i partecipanti furono oltre 15mila. Quell’anno, della gara scrisse anche il New York Times, che parlò di circa un milione di spettatori lungo il percorso e di moltissimi altri che seguirono l’evento in televisione, interamente trasmesso in diretta dalla sua partenza alle 5.30 e fino all’arrivo dei primi.

Nel raccontare quell’edizione il New York Times scrisse che oltre a pattinare i partecipanti dovettero fare alcuni tratti di corsa perché il ghiaccio non c’era o non era abbastanza spesso. E che diversi spettatori si erano lamentati del fatto che l’evento stava diventando troppo commerciale, con tanti sponsor e con troppi atleti professionisti che toglievano alle persone normali la possibilità di una vittoria.


Nel 1985 il più veloce di tutti fu Evert van Benthem, che terminò la gara in 6 ore e 46 minuti: il più veloce di sempre (sebbene il dato conti poco, visto che il percorso cambia a seconda degli anni). Un paio di anni fa van Benthem raccontò in un articolo la sua passione per l’Elfstedentocht, «una gara in previsione della quale molti pattinatori passano un’intera vita agonistica ad allenarsi» senza però sapere se avranno effettivamente modo di correrla. Van Benthem scrisse che era uno di quegli eventi che «se lo hai guardato, ancora ti ricordi dove eri» e che quella vittoria – tra l’altro ottenuta sotto gli occhi della regina olandese e di circa tremila giornalisti da tutto il mondo – gli cambiò la vita: «in un istante tutti, nei Paesi Bassi, sapevano il mio nome».

Li per lì, il cambiamento per le sue finanze non fu invece gran cosa, dato che l’Elfstedentocht non prevede premi in denaro. Van Benthem raccontò anche che l’inverno successivo scoprì suo malgrado che anche nel 1986 ci sarebbe stato un nuovo Elfstedentocht e che quindi la sua vittoria rischiava di essere in parte dimenticata. Invece vinse anche nel 1986, diventando ancora più famoso.

– Leggi anche: Quando gli olandesi cambiarono le strade

All’edizione del 1997, l’ultima disputata, presero il via 300 pattinatori professionisti e almeno 16mila amatoriali: compreso van Benthem, che nel frattempo si era ritirato, ma che partecipò comunque per gustarsi l’evento con meno agonismo. Il vincitore fu il ventinovenne Henk Angenent: uno specialista del marathon skating, il pattinaggio su ghiaccio su grandi distanze. Ancora oggi, a più di cinquant’anni di età, Angenent è il campione in carica dell’Elfstedentocht.


Come spiegò il meteorologo Geert Jan Oldenborgh, l’edizione del 1997 fu resa possibile da un’eccezionale bassa pressione che portò verso i Paesi Bassi aria particolarmente fredda in arrivo dalla Russia.

La febbre da Elfstedentocht si fece poi risentire nel 2012, quando le temperature scesero particolarmente e quando van Benthem raccontò che diversi giornalisti tornarono a ricordarsi di lui, cercandolo per opinioni e interviste. Ancor prima che la gara fosse ufficializzata, diversi appassionati prenotarono pernottamenti nella Frisia e alcuni pattinatori professionisti dichiararono che se necessario avrebbero rinunciato ai Mondiali di pattinaggio pur di essere all’Elfstedentocht. Ma poi le giornate si fecero un po’ meno fredde, e l’Elfstedentocht non fu organizzato.

Il Keizersgracht, uno dei canali di Amsterdam, nel 2012 (AP Photo/Margriet Faber

Nel 2019, il lasso di tempo passato dall’ultima edizione arrivò a 22 anni, più di quello che era intercorso tra le edizioni del 1963 e del 1985. Il Washington Post intervistò Wiebe Wieling, presidente dell’associazione responsabile della gara, per sapere quanto spesso le persone gli chiedessero, ogni anno, se quello sarebbe stato l’anno buono per un nuovo Elfstedentocht. Lui rispose che glielo chiedevano ogni giorno «non solo a novembre, ma anche a luglio».

Wieling, presidente da più di dieci anni, è ancora nella bizzarra posizione di non aver mai potuto vedere realizzato l’evento in previsione del quale deve comunque, ogni anno, verificare protocolli, predisporre percorsi, preparare transenne, incontrare amministrazioni e fare ogni altro necessario preparativo. Il Washington Post parlò di circa 400mila dollari di spese annue, ma anche di «un esercito di volontari che misuravano con costanza lo spessore del ghiaccio lungo il percorso».

Come ha scritto Rizzato – che sul suo profilo Twitter sta continuando ad appassionarsi all’Elfstedentocht, con costanti e precisi aggiornamenti direttamente da alcuni siti olandesi – «l’istituto meteorologico dei Paesi Bassi calcola che oggi c’è l’8 per cento di probabilità di avere un Elfstedentocht, contro il 20 di un secolo fa» e secondo alcuni dati preliminari sembrerebbe che «grazie a una prevista ondata di gelo, di qui al 15-16 febbraio le condizioni del ghiaccio dovrebbero consentire un Elfstedentocht». Per molti potrebbe essere l’unica possibilità di correre un Elfstedentocht nella propria vita, visto che già da qualche tempo c’era chi temeva che le condizioni necessarie per un Elfstedentocht non si sarebbero mai più ripresentate.

Sempre Rizzato ha spiegato che, viste le previsioni del tempo, negli ultimi giorni è risalita la “febbre da Elfstedentocht”: con diversi utenti che pubblicano sui social le foto dei canali ghiacciati, parlano di come si potrebbe organizzare la gara per evitare gli assembramenti, e commentano i molti articoli che stanno uscendo sulla stampa locale. Tra i tanti, Rizzato cita l’appello scritto da Wennemars (il pattinatore che si era detto disponibile a rinunciare a tutte le sue medaglie pur di vincere un Elfstedentocht): «Ci sono di certo molte buone ragioni per non organizzarlo» ha scritto Wennemars, aggiungendo però che per molti olandesi un Elfstedentocht potrebbe essere un segno di ripartenza e speranza.

Nonostante l’associazione che organizza l’Elfstedentocht abbia già fatto sapere che non ritiene ci siano margini di alcun tipo per organizzare l’evento e che «un Elfstedentocht senza spettatori o con pochi partenti non sarebbe un vero Elfstedentocht», la discussione sta andando avanti. Come spiega Rizzato c’è infatti chi ipotizza una gara solo per qualche centinaio di professionisti o chi pensa al fatto che pur senza un’organizzazione ufficiale diverse persone potrebbero pensare di farsi un Elfstedentocht «informale», con tutti i possibili rischi legati a eventuali assembramenti, oltre a quelli non indifferenti che hanno a che fare con il pattinare sul ghiaccio naturale di laghi e canali.

È praticamente certo, però, che nemmeno quest’anno ci sarà un vero Elfstedentocht, che prima della pandemia si stimava avrebbe avuto circa 30mila partecipanti, almeno un milione e mezzo di spettatori lungo i canali e, secondo stime citate dal New York Times, qualcosa come 20 milioni di spettatori televisivi (gli abitanti dei Paesi Bassi sono 17 milioni).

Intanto, nell’attesa di poter organizzare un vero Elfstedentocht, da qualche anno alcuni olandesi hanno deciso di organizzarne uno alternativo, che si svolge ogni inverno a Weissensee, in Austria, dove il ghiaccio non manca. Mancano però le 11 città e i quasi 200 chilometri di laghi e canali che le collegano, e i partecipanti devono quindi accontentarsi di fare 16 giri di un anello di 12,5 chilometri, tutti sullo stesso lago ghiacciato.

Parlando delle possibilità di un vero Elfstedentocht, nel 2019 Sytse Prins, uno dei membri dell’associazione che dovrebbe organizzare l’evento, disse: «prima o poi ci sarà un anno che ci ripagherà di tutta questa attesa».

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