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  • Sabato 30 gennaio 2021

Alcune ragazze rapite da Boko Haram nel 2014 sono riuscite a scappare

Dopo quasi 7 anni di prigionia, durante un'operazione dell'esercito nigeriano contro il gruppo terroristico

Nella foto Dolapo Osinbajo, moglie del vicepresidente nigeriano, abbraccia una delle 21 ragazze liberate il 13 ottobre 2016
(EPA/STR EPA/STR)
Nella foto Dolapo Osinbajo, moglie del vicepresidente nigeriano, abbraccia una delle 21 ragazze liberate il 13 ottobre 2016 (EPA/STR EPA/STR)

Alcune studentesse della scuola femminile di Chibok, in Nigeria, che erano state rapite nel 2014 dal gruppo terroristico Boko Haram e che dopo quasi sette anni erano ancora sotto il controllo dei rapitori, sono riuscite a scappare. Lo ha raccontato a CNN il padre di una di loro, Halima Ali Maiyanga.

Maiyanga ha 22 anni – ne aveva 15 quando è stata rapita – ed è una delle 100 ragazze (su 276 rapite nel 2014) che ancora non erano state liberate. Giovedì 28 gennaio ha telefonato a suo padre, dicendo di essere riuscita a sfuggire ai rapitori insieme ad alcune compagne durante un’operazione dell’esercito nigeriano contro il gruppo terroristico. Secondo la famiglia di Maiyanga, le ragazze fuggite sarebbero ora sotto la protezione dell’esercito nigeriano, e la telefonata sarebbe stata fatta dal numero di un funzionario delle forze di sicurezza. Non è ancora chiaro quante siano le ragazze che sono riuscite a scappare.

Non ci sono per ora conferme ufficiali dal governo: un funzionario delle forze di sicurezza nigeriane ha però detto al Wall Street Journal che l’esercito ha potuto verificare che alcune delle donne sfuggite dai militanti di Boko Haram durante l’operazione erano di Chibok. Un altro ha detto che poteva soltanto confermare che erano più di 100 le donne liberate nell’operazione.

Le studentesse erano state rapite a Chibok durante una fase di grande espansione di Boko Haram nell’aprile 2014, prima che il gruppo terroristico, che da alcuni anni controlla diversi territori nel nordest della Nigeria, si affiliasse allo Stato Islamico.
Chibok è una città del nord-est della Nigeria appartenente allo stato di Borno. La popolazione del nord della Nigeria è per la maggior parte musulmana, ma Chibok ha una storia particolare: nel 1941 una coppia di missionari statunitensi arrivò nella città e ne convertì gran parte degli abitanti al cristianesimo. Da allora i diversi gruppi religiosi convissero abbastanza bene insieme, almeno fino all’arrivo di Boko Haram.

Le studentesse di Chibok furono rapite nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 aprile 2014. Nella scuola femminile della città, che era anche un convitto, studentesse musulmane e cristiane seguivano le lezioni insieme. I militanti di Boko Haram attaccarono la scuola per rubare un macchinario per la produzione di mattoni: quella era il loro primo obiettivo. Poi bruciarono l’edificio e decisero di rapire le ragazze perché fosse il loro leader a decidere cosa fare di loro.

Sappiamo come si svolse il rapimento e quello che successe dopo alle studentesse di Chibok grazie ai racconti di alcune di loro, prima fra tutte Naomi Adamu, che riuscì a conservare il diario che tenne durante i primi mesi di prigionia. Le ragazze furono portate nella foresta di Sambisa, dove si trovava la base di Boko Haram. Erano 276: alcune di loro riuscirono a scappare immediatamente dopo il rapimento, le altre furono divise tra cristiane e musulmane. Le musulmane furono costrette a sposare dei miliziani e lo stesso accadde alle cristiane che accettarono di convertirsi all’Islam. Le ragazze cristiane che rifiutarono la conversione furono ridotte in schiavitù, costrette a dormire all’aperto e compiere vari lavori duri, oltre a cucinare per i miliziani, curare quelli feriti e seppellire quelli morti. I loro guardiani le separarono in piccoli gruppi e continuarono a spostarle nelle varie basi di Boko Haram per tenerle nascoste.

Poco dopo il rapimento iniziò una estesa campagna internazionale, in cui si era impegnata molto anche l’allora first lady americana Michelle Obama, per chiederne il rilascio, usando sui social network l’hashtag #BringBackOurGirls.
Il primo tentativo del governo nigeriano di trattare con Boko Haram fallì, così come fallirono gli sforzi internazionali per trovarle e liberarle.
La seconda trattativa, progettata da un’unità del ministero degli Esteri svizzero (la Divisione Sicurezza umana) ebbe più successo: il 13 ottobre 2016 vennero rilasciate 21 ragazze, e altre 82 furono liberate il 6 maggio 2017, grazie a uno scambio di cinque prigionieri e al pagamento di un riscatto organizzati dal governo nigeriano. Da allora non c’erano più state notizie delle circa 100 studentesse ancora sotto controllo dei rapitori.

Oltre alle ragazze di Chibok, negli anni Boko Haram ha rapito centinaia (forse migliaia) di altre persone tra cui donne, anche incinte, e bambini per compiere attacchi suicidi in Nigeria e nei paesi vicini. Secondo le stime del governo nigeriano circa 35mila persone sono state uccise da Boko Haram.