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  • Mercoledì 27 gennaio 2021

L’investimento da 81 milioni di euro nel vaccino italiano di ReiThera

È stato deciso da Invitalia, l'agenzia pubblica controllata da Domenico Arcuri, sulla base di dati ancora molto preliminari sull'efficacia del vaccino

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)

L’Italia investirà 81 milioni di euro in un vaccino sperimentale contro il coronavirus sviluppato dalla società di biotecnologie ReiThera, che ha sede a Castel Romano, in provincia di Roma. L’iniziativa è stata decisa da Invitalia, l’agenzia pubblica per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, che in questi mesi sta svolgendo un’attività di sostegno alla struttura del commissario straordinario per l’emergenza coronavirus Domenico Arcuri. Nelle prime sperimentazioni, il vaccino ha portato a risultati definiti incoraggianti, anche se mancano ancora dati e informazioni per analisi più approfondite.

Una parte del finanziamento avverrà sotto forma di una partecipazione di Invitalia del 30 per cento nel capitale della società. Il resto attraverso 41,2 milioni di euro a fondo perduto e altri 7,8 milioni di euro come finanziamento agevolato. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha definito l’operazione «una scelta giusta e importante». La maggior parte degli 81 milioni di euro servirà per lo sviluppo del vaccino stesso (69,3 milioni di euro), mentre 11,7 milioni di euro saranno utilizzati per l’ampliamento dello stabilimento di Castel Romano, che diventerà uno dei siti di produzione.

Arcuri, che di Invitalia è anche amministratore delegato dal 2007, lo ha definito un accordo importante per ridurre la dipendenza dell’Italia dai vaccini sviluppati all’estero. Il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) Giorgio Palù ha dettoSky Tg24 che le dosi del vaccino di ReiThera potrebbero integrare i 200 milioni che si prevedeva già di acquistare da altre società e che «stanno ritardando», aggiungendo che le prime somministrazioni potranno iniziare «dopo l’estate».

Le dichiarazioni di Arcuri e di Palù hanno però attirato diverse critiche: sia perché è ancora presto per fare previsioni su un vaccino alle primissime fasi di sperimentazione, sia perché raggiungere alti volumi di produzione in breve tempo sarà molto difficile. Prospettare l’impiego del vaccino italiano per sopperire ai ritardi nelle consegne di quelli internazionali è inoltre apparso prematuro, considerato che i principali produttori dei vaccini già autorizzati si stanno organizzando per potenziare la loro offerta.

A luglio del 2020 l’AIFA aveva autorizzato la prima fase di sperimentazione del vaccino ReiThera, condotta presso l’Istituto Spallanzani di Roma e il Centro Ricerche Cliniche di Verona. I risultati erano stati presentati lo scorso 5 gennaio allo Spallanzani con una certa enfasi, parlando del raggiungimento dei due obiettivi principali: dimostrarne la sicurezza e valutarne l’immunogenicità, cioè la capacità di indurre una risposta immunitaria con la produzione di anticorpi contro il coronavirus.

Il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, aveva spiegato che la prima fase di sperimentazione era stata condotta su un campione di 100 persone tra i 18 e i 55 anni: nessuna aveva segnalato effetti avversi a 28 giorni dalla vaccinazione e oltre il 90 per cento aveva sviluppato anticorpi neutralizzanti nei confronti del coronavirus con una sola dose.

Il vaccino sperimentale deve ancora affrontare due fasi (su tre) di test clinici, da svolgere su un campione di persone molto più ampio. L’attività di reclutamento dei volontari potrebbe richiedere tempo e comportare qualche imprevisto, che potrebbe incidere sui tempi della sperimentazione. A oggi appare molto ottimistica l’idea prospettata dall’azienda di chiedere un parere all’Agenzia europea dei medicinali (EMA) già in estate, per ricevere poi un’autorizzazione da parte della Commissione Europea.

Il vaccino sperimentale, che si chiama GRAd-COV-2, è basato su un adenovirus (un tipo di virus che non causa particolari problemi di salute) nel quale è stato innestato un gene contenente le istruzioni per produrre una proteina del coronavirus. Quando si riceve una dose, gli adenovirus inducono alcuni tipi di cellule del nostro organismo a produrre copie della proteina, che dovrebbe poi essere riconosciuta come una minaccia dal sistema immunitario. In questo modo, il nostro organismo impara a sviluppare una difesa contro la proteina del coronavirus (innocua), che può poi rivelarsi utile nel caso in cui si subisca un’infezione col virus vero e proprio. Questo approccio è impiegato da tempo per altri vaccini, ed è alla base del vaccino sperimentale contro il coronavirus di Johnson & Johnson e di quello di AstraZeneca.

Il vaccino può essere conservato a 8 °C e ReiThera dice che sembra stimolare una risposta immunitaria già alla prima somministrazione, ma non è ancora chiaro se possa essere sufficiente una dose per dare una buona copertura. La società vorrebbe produrre 100 milioni di dosi in un anno, un obiettivo che appare estremamente ambizioso, considerato lo stato attuale del progetto.