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  • Martedì 15 dicembre 2020

In India la destra hindu non vuole i matrimoni interreligiosi

Sarebbero un complotto per convertire all’Islam le donne: uno stato ha già approvato una legge contro la “Love Jihad”

Proteste contro la legge anti-conversione dell'Uttar Pradesh, Bengaluru, 1 dicembre 2020 (AP Photo/Aijaz Rahi)
Proteste contro la legge anti-conversione dell'Uttar Pradesh, Bengaluru, 1 dicembre 2020 (AP Photo/Aijaz Rahi)

“Love Jihad” (“Jihad dell’amore”) è un’espressione islamofoba utilizzata dall’estremismo hindu per descrivere un presunto complotto portato avanti dalla minoranza musulmana del paese per sedurre, sposare e convertire le donne e raggiungere l’obiettivo della “sostituzione demografica”. A fine novembre in Uttar Pradesh è stata votata una legge che vieta la conversione ai fini del matrimonio, in base alla quale almeno dieci persone sono state arrestate e diversi matrimoni interreligiosi sono stati interrotti. Sulla base di questa teoria, promossa negli ultimi anni dagli esponenti del Bharatiya Janata Party (BJP, il partito al governo guidato dal primo ministro nazionalista hindu e conservatore Narendra Modi) altri quattro stati, tutti governati dal BJP, hanno proposto di limitare i matrimoni interreligiosi.

L’Uttar Pradesh è uno stato molto popoloso che si trova nel nord del paese e che è guidato dal monaco induista e ultranazionalista hindu Yogi Aditiyanath, considerato molto vicino a Modi. A fine novembre, in Uttar Pradesh è stata introdotta una legge che – partendo dalla teoria della “Love Jihad” – vieta la conversione forzata anche ai fini del matrimonio: stabilisce che chiunque si voglia sposare fuori dalla propria comunità religiosa lo debba comunicare al governo locale due mesi prima, per permettere ai funzionari di verificare che la relazione sia sincera. Se viene stabilito il contrario, l’uomo rischia fino a cinque anni di carcere. Nel caso, poi, che la donna provenga da un gruppo di casta bassa il massimo della pena aumenta fino a 10 anni di carcere. Il presupposto della legge è che ogni conversione religiosa avvenga senza consenso, e che le donne di casta inferiore siano particolarmente incapaci di decidere per sé.

Nelle ultime settimane altri quattro stati governati dal BJP oltre all’Uttar Pradesh (Haryana, Madhya Pradesh, Karnataka e Assam) hanno annunciato di voler introdurre proposte simili. Chi si oppone a queste leggi sostiene che siano un nuovo passo del BJP per portare avanti il proprio progetto nazionalista e conservatore.

Proteste contro la legge anti-conversione dell’Uttar Pradesh, Bengaluru, 1 dicembre 2020 (AP Photo/Aijaz Rahi)

Nelle ultime settimane, in base a questa nuova legge, almeno dieci uomini musulmani sono stati arrestati e diversi matrimoni sono stati interrotti con la forza dalla polizia. Il giorno dopo che la legge è entrata in vigore, a Lucknow, capitale dell’Uttar Pradesh, la polizia è intervenuta durante una cerimonia di matrimonio tra una donna hindu, Raina Gupta, e un uomo musulmano, Mohammad Asif, che stava per essere celebrata con rito sia hindu che musulmano. Le famiglie, che sostenevano l’unione, hanno testimoniato che nessuno dei due si sarebbe convertito, ma il matrimonio è stato comunque fermato.

La scorsa settimana, Owais Ahmad è stato arrestato e condannato a 14 giorni di carcere per aver presumibilmente tentato di fare pressioni su una donna hindu affinché si convertisse all’Islam. La denuncia era stata presentata dal padre di lei. La donna è ora sposata con un uomo hindu. Sempre la scorsa settimana, un uomo musulmano di 27 anni, Rashid, e suo fratello sono stati arrestati a Moradabad per aver tentato di registrare il matrimonio di Rashid con una donna hindu di 22 anni, Muskan Jahan, che si era convertita all’Islam prima del matrimonio e che ha esplicitamente negato ogni coercizione: «Sono un’adulta, ho 22 anni. Mi sono sposata di mia spontanea volontà», ha dichiarato.

«Quando un uomo hindu sposa una donna musulmana, si parla sempre di romanticismo e amore da parte delle organizzazioni hindu, mentre quando accade il contrario si parla di coercizione», ha spiegato al Guardian Charu Gupta, una storica dell’Università di Delhi che ha studiato la questione. La teoria della “Love Jihad” e l’opposizione ai matrimoni interreligiosi ha radici lontane e ben documentate. Già a partire dagli anni Venti, alcuni gruppi nazionalisti hindu lanciarono una campagna contro il “rapimento” di donne hindu da parte di uomini musulmani. Se ne discusse persino nel parlamento dell’India coloniale: il Partito del Congresso, ora il principale partito di opposizione, approvò una risoluzione in cui affermava che «le donne rapite e costrette al matrimonio con la forza dovevano essere riportate nelle loro case».

In tempi recenti, alcune frange dell’estremismo hindu hanno fatto leva su quelle credenze: la teoria della “Love Jihad” è nata ufficialmente nello stato del Kerala, nel sud del paese, dove si cominciarono ad organizzare delle ronde negli spazi pubblici per scoprire e punire le coppie interreligiose in cerca di intimità. La teoria dei presunti rapimenti e conversioni di donne hindu da parte di uomini musulmani, ha spiegato Charu Gupta, ha poi iniziato a strutturarsi e a diffondersi, fino ad essere sostenuta da alcuni esponenti del Bharatiya Janata Party (BJP), partito al governo dal 2014. Un portavoce del BJP in Uttar Pradesh ha recentemente affermato che gli uomini musulmani ricevono fondi dall’estero per acquistare vestiti costosi, automobili e regali per corteggiare le donne hindu. L’idea diffusa è dunque che si tratti di una cospirazione globale.

Ad alimentare la teoria ci sono gli stereotipi sulle persone musulmane, ma anche una propaganda politica e religiosa portata avanti in nome delle donne, ha spiegato la storica Charu Gupta. «Prima dell’indipendenza, tali campagne erano sepolte nelle pagine interne dei giornali. Non c’erano partiti o leader che alimentassero tali tensioni. Ora l’argomento è da prima pagina e lo stato è attivamente coinvolto».

Proteste contro la legge anti-conversione dell’Uttar Pradesh, Bengaluru, 1 dicembre 2020 (AP Photo/Aijaz Rahi)

Non ci sono prove sostanziali che la pratica delle conversioni forzate a fini di matrimonio esista in India, un paese dove la comunità musulmana rappresenta il 15 per cento circa della popolazione mentre la comunità hindu è l’80 per cento. I matrimoni interreligiosi sono rari e pari a poco più del 2 per cento: hanno sempre rappresentato un’eccezione nel paese, per varie difficoltà. Tuttavia, negli ultimi anni, le coppie hanno parlato di persecuzioni sociali, legali e familiari senza precedenti. Asif Iqbal, di Dhanak of Humanity, un’organizzazione che assiste le coppie interreligiose, ha dichiarato: «Il matrimonio interreligioso è sempre stato una sfida in India, ma negli ultimi anni è diventato molto pericoloso. Ora vediamo famiglie che cercano di intimidire i propri figli contattando un gruppo fanatico hindu che creerà problemi e userà la violenza».

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Non tutti i matrimoni interreligiosi, comunque, implicano la conversione. Lo Special Marriage Act del 1954 prevede che indipendentemente dalla religione di appartenenza, o dalla casta, le persone si possano sposare civilmente: la legge prevede che la coppia depositi un preavviso di trenta giorni in vista del matrimonio. Nell’Uttar Pradesh, ma non solo, già prima dell’approvazione della legge contro la conversione la polizia faceva visita ai genitori della coppia che si era registrata per un matrimonio laico interreligioso (e che spesso non ha il consenso dei genitori stessi), e sono stati segnalati tentativi di intimidazione e pressioni per sospendere il procedimento. Molto spesso, infine, gli ufficiali di matrimonio si rifiutano di registrare questi “particolari” contratti civili costringendo le persone a trasferirsi per trovare funzionari disponibili.