• Italia
  • Venerdì 11 dicembre 2020

I dati della settimana sul coronavirus in Italia

Per la prima volta nella seconda ondata ci sono stati meno morti della settimana precedente, la situazione migliora un po' ovunque ma non in Veneto

Nell’ultima settimana in Italia sono stati registrati 122.318 nuovi casi di positività al coronavirus, il 21% in meno rispetto ai sette giorni precedenti, e la metà di quelli che erano stati accertati nelle due settimane peggiori della seconda ondata della pandemia, quelle centrali di novembre. I nuovi casi sono in diminuzione per la terza settimana di fila.

Sono infine calati anche i nuovi decessi, rimasti comunque a livelli molto alti: tra venerdì scorso e giovedì sono stati 4.588, il 12% in meno dei sette giorni precedenti. La curva dei decessi segue notoriamente un andamento in ritardo di due-tre settimane rispetto a quella dei casi, come conferma il momento del picco dei contagi nella seconda ondata (il 13 novembre) e quello delle morti (il 3 dicembre). Ma nonostante i decessi per COVID-19 stiano diminuendo, soltanto giovedì ne sono stati comunicati 887, cioè il quarto aumento giornaliero più alto dall’inizio dell’epidemia. Non vuol dire, comunque, che siano avvenuti tutti in quel giorno (i dati comprendono sempre dei referti risalenti anche ai giorni precedenti).

Attualmente non ci sono regioni in cui sono in vigore le restrizioni più severe per contenere l’epidemia, quelle corrispondenti alla “zona rossa”: o meglio, l’Abruzzo avrebbe dovuto essere l’ultima, ma ha deciso unilateralmente di tornare arancione, provocando una certa tensione con il governo. Domenica scorsa erano tornate arancioni anche Campania, Valle d’Aosta, Toscana e la provincia autonoma di Bolzano. Ci si aspetta invece che questo weekend Lombardia, Piemonte, Toscana e Campania tornino gialle, colore che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è auspicato accomunerà tutta Italia entro Natale. L’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità dice che l’Rcalcolato sui casi sintomatici tra l’11 e il 24 novembre era di 0,91, contro l’1,08 registrato una settimana prima.

Secondo i dati aggiornati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, la Lombardia rimane comunque la regione con il tasso di saturazione dei reparti di terapia intensiva più alto, intorno al 55% (la settimana scorsa era al 60%). Questo però dipende molto dal fatto che i posti totali stanno diminuendo, man mano che i reparti provvisori attivati per fronteggiare l’emergenza vengono smantellati (ma rimangono lì, nel caso servissero). Il tasso di saturazione sta calando quasi ovunque: le regioni in cui sta aumentando sono il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, la provincia di Trento e l’Umbria dove quelli totali sono rimasti gli stessi o sono aumentati di poche unità.

Le regioni che hanno registrato più decessi in rapporto alla popolazione negli ultimi sette giorni sono state il Friuli Venezia Giulia (18,4 ogni 100mila abitanti), la Valle d’Aosta (15,9), la provincia di Trento (12,9) e il Veneto (11,6). Tra queste, la provincia di Trento è quella con il tasso di saturazione delle terapie intensive più preoccupante.

In tutte le regioni è visibile una chiara diminuzione dei nuovi casi che quasi sempre va avanti da diverse settimane. Il calo è evidente specialmente in Lombardia, dove si è passati dagli oltre 50mila casi di un mese fa ai circa 16mila dell’ultima settimana. O in Piemonte, passato da quasi 30mila a meno di 9mila. Ci sono però delle eccezioni: in Veneto sono aumentati, anche se di poco, e negli ultimi sette giorni sono stati perfino di più di quelli registrati nella settimana centrale di novembre. Anche in Friuli Venezia Giulia i numeri sono stati abbastanza stabili nell’ultimo mese, senza un vero calo, e lo stesso è successo in Puglia (anche se in entrambe le regioni nell’ultima settimana c’è stato un piccolo calo).

L’anomalia del Veneto è particolarmente visibile nella mappa che aggrega il dato sui nuovi casi per abitanti – la dimensione dei cerchi – e la variazione rispetto alla settimana scorsa – arancione dove aumentata, verde dove è diminuita. La Valle d’Aosta, tra le regioni più colpite all’inizio della seconda ondata, è ora tra quelle con meno casi rapportati agli abitanti e con i cali più drastici.

A livello nazionale, il tasso di positività dei tamponi – cioè quanti risultano positivi sul totale di quelli fatti – si è un po’ stabilizzato nell’ultima settimana, dopo un drastico calo in quelle precedenti. Si spiega col fatto che facciamo meno tamponi rispetto a novembre, e che quindi le operazioni di test sono più concentrate sulle persone con sintomi.

La media nazionale racconta però solo un pezzo della storia. Il Veneto infatti continua ad avere un tasso di positività molto più alto del resto d’Italia, pari al 23% nell’ultima settimana. In molte regioni è tra il 5 e il 10 per cento. Anche in Puglia è stato particolarmente alto, pari al 17%.

Nel grafico che mette insieme i nuovi casi rapportati agli abitanti, l’aumento o la diminuzione rispetto alla settimana scorsa e il tasso di positività dei tamponi, il Veneto si trova nella posizione peggiore: in alto a destra. Basilicata, Calabria e Valle d’Aosta sono invece in basso a sinistra, cioè nel posto migliore.

La mappa che mostra la circolazione del virus rapportata agli abitanti su base regionale mostra chiaramente come in questo momento l’area più colpita sia il Nord Est, come emergeva già la settimana scorsa. La provincia che ha registrato più contagi nelle ultime due settimane è stata quella di Belluno (1291 ogni 100mila abitanti, il 9% in più rispetto a una settimana fa). Anche la provincia di Treviso e quella di Pordenone, seppur con un’incidenza sensibilmente più bassa, hanno registrato un aumento rispetto a una settimana fa. I numeri sono migliorati invece per esempio in provincia di Cuneo, passata da 967 casi ogni 100mila abitanti a 590, in provincia dell’Aquila, passata da 805 a 580, e in quella di Napoli, passata da 702 a 448. La provincia di Foggia registra invece l’incidenza più alta al Sud, 690 casi nelle ultime due settimane ogni 100mila abitanti, in calo.

Negli ultimi sette giorni sono stati elaborati 1.115.103 tamponi, il 19% in meno rispetto alla settimana precedente. È una diminuzione significativa, che riporta ai livelli della seconda metà di ottobre. Secondo il rapporto dell’ISS, nel periodo tra il 16 e il 29 novembre i casi di positività scoperti con le operazioni di screening – cioè con i tamponi fatti a determinate categorie considerate a rischio, come gli operatori sanitari – sono stati il 27,9%; quelli scoperti con il tracciamento dei contatti sono stati il 22,5%; quelli scoperti perché il paziente aveva sintomi il 32,8% (per il 16,9% dei casi non si sa).