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  • Lunedì 7 dicembre 2020

Negli Stati Uniti l’emergenza sanitaria continua a peggiorare

E potrebbe aggravarsi nelle prossime settimane a causa degli spostamenti per il Ringraziamento, nonostante le buone notizie sui vaccini

Persone lasciano il loro kit per il test sul coronavirus in un contenitore in un sito di raccolta, nel quartiere di North Hollywood a Los Angeles (Richard Vogel/AP Photo, LaPresse)
Persone lasciano il loro kit per il test sul coronavirus in un contenitore in un sito di raccolta, nel quartiere di North Hollywood a Los Angeles (Richard Vogel/AP Photo, LaPresse)

Negli Stati Uniti la situazione dell’emergenza sanitaria continua a peggiorare: solo nei primi 5 giorni di dicembre ci sono stati più di un milione di nuovi casi di coronavirus, oltre 227 mila venerdì 4 dicembre, che da quando è cominciata la pandemia è stato il giorno con più contagi. Domenica 6 dicembre i pazienti ricoverati negli ospedali americani erano più di 101.400, il numero più alto di sempre secondo il Covid Tracking Project, che raccoglie i dati sull’andamento dell’epidemia negli Stati Uniti. Il dottor Jeremy Faust, medico del Brigham and Women’s Hospital di Boston, ha detto alla CNN che, differentemente dalla primavera, tra un paio di settimane «non sarà solo in qualche ospedale o regione o stato, che finiranno i posti letto in terapia intensiva, ma sarà nell’intero paese».

Tra i motivi per cui si prevede un peggioramento nelle prossime settimane ci sono i numerosi spostamenti che gli americani hanno fatto per passare il giorno del Ringraziamento, lo scorso 26 novembre, con amici e parenti.

Intanto in California è stato reintrodotto il lockdown per circa 40 milioni di persone (l’85% degli abitanti totali). Il governatore Gavin Newsom aveva ordinato il 4 dicembre che, quando la capacità delle terapie intensive di una qualsiasi delle regioni della California fosse scesa sotto al 15 per cento, quella regione sarebbe andata in lockdown. Dall’inizio dell’epidemia la California ha registrato più di 1,3 milioni di contagi, oltre 30mila domenica 6 dicembre, il dato più alto di sempre. I morti sono stati 21 mila. Il sindaco di Los Angeles Eric Garcetti ha definito la pandemia «la più grande minaccia per la vita che abbiamo mai affrontato a Los Angeles». Nella contea di Los Angeles i ricoveri sono triplicati nell’ultima settimana e i posti letto potrebbero finire in poche settimane, se i casi dovessero continuare a salire.

Sta migliorando invece la situazione in diversi Stati del Midwest, la parte più colpita dalla pandemia degli Stati Uniti, in cui c’era stato un peggioramento con l’abbassarsi delle temperature. Illinois, Iowa, Missouri, Kansas, Nebraska, North Dakota e South Dakota sono gli Stati in cui i casi sono in calo, ma il tasso di positività resta preoccupante. In South Dakota, per esempio, negli ultimi 14 giorni in media quasi metà delle persone testate è risultata positiva. Carl Bergstrom, professore di biologia all’università di Washington, ha detto che questo miglioramento nel Midwest potrebbe essere un’illusione, perché prima del Ringraziamento molte persone senza sintomi si sono affrettate a fare tamponi e hanno prodotto molti risultati negativi.

Nel Tennessee, invece, il governatore repubblicano Bill Lee ha chiesto aiuto alla Guardia Nazionale, autorizzando le sue truppe a guidare ambulanze, fare i test ai pazienti e svolgere attività infermieristiche per alleggerire il carico sulle strutture sanitarie. Nello stato in questo momento sono ricoverate più di 2.700 persone di cui quasi 700 in terapia intensiva, dove rimangono ancora disponibili circa 230 posti, l’11 per cento del totale.

La situazione dei vaccini
Nel frattempo il 10 dicembre ci sarà un incontro della Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa di regolamentare i prodotti alimentari e farmaceutici, per discutere le autorizzazioni ai vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna, che potrebbero arrivare entro poche settimane. Il presidente Donald Trump è molto ottimista a riguardo e domenica ha detto che i vaccini arriveranno la prossima settimana. Anche se è vero che le prime dosi di vaccino potrebbero essere somministrate già entro il 2020, ci vorranno diversi mesi per vedere l’impatto della vaccinazione sugli americani.

L’immunologo Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID, il più importante istituto di ricerca americano sulle malattie infettive), ha detto alla CNN che la popolazione non anziana e senza altre malattie potrà essere vaccinata verosimilmente tra la fine di marzo e il mese di aprile. È con questo calcolo che il presidente eletto Joe Biden ha dichiarato che nel primo giorno della sua amministrazione chiederà ai cittadini di usare le mascherine per altri 100 giorni, «non per sempre. 100 giorni».

Se venissero approvati sia il vaccino di Pfizer-BioNTech, sia quello di Moderna, entro la fine di dicembre sarebbero disponibili 40 milioni di dosi, sufficienti a vaccinare 20 milioni di persone. Il CDC (centri per il controllo delle malattie e la prevenzione), un’agenzia federale degli Stati Uniti che fa parte del ministero della Salute, ha raccomandato che i primi a essere vaccinati debbano essere gli operatori sanitari e gli ospiti delle case di cura, che un’indagine della CNN ha stimato essere 24 milioni. Le dosi disponibili entro l’anno non basterebbero quindi a vaccinarli tutti.

Dopo questa prima fase, poi, bisognerà decidere se vaccinare prima i lavoratori essenziali o le persone più anziane, un dibattito che ancora non è stato risolto e su cui ogni stato alla fine deciderà autonomamente. Si discute anche del problema di dover definire quale sia un lavoratore essenziale: secondo il New York Times la definizione usata dal CDC comprende il 70 per cento della forza lavoro americana. Il piano preliminare della Louisiana, per esempio, mette la polizia carceraria e chi lavora nella trasformazione alimentare davanti agli insegnanti, mentre il piano del Nevada dà la priorità alla scuola e al trasporto pubblico.

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