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  • Martedì 3 novembre 2020

Sui video di Vienna

Che scelte si fanno quando ci sono in ballo fattori di sicurezza e fattori di informazione: si valuta ogni volta

Con le prime notizie sull’attentato di Vienna di lunedì sera sono iniziati subito a circolare online alcuni video girati da persone che si trovavano lì, che mostravano il presunto attentatore, o i feriti, o la gente spaventata. Quasi immediatamente la polizia viennese ha chiesto – attraverso i suoi account sui social network e domandando ai siti di news di comunicarlo – che quei video non fossero messi sui social network, per non complicare le operazioni ancora in corso con la diffusione di informazioni e immagini che potessero costituire un rischio.

Ci sono due considerazioni da fare, su questo. La prima è che in questi casi la richiesta può essere vista come un eccesso di premura sproporzionato e privo di ragioni specifiche: ma si tratta di situazioni drammatiche ed eccezionali per dimensioni del pericolo, in cui nessuna premura è un eccesso né sproporzionata, e i rischi per la sicurezza in quei momenti esistono e sono concretissimi. Ed è corretto e comprensibile che la polizia chieda cautele, e che le persone le rispettino, soprattutto in assenza di ragioni per non farlo.

La seconda è che i mezzi di informazione fanno però un lavoro di informazione e di aggiornamento sulle cose, che ha delle ragioni e dei criteri che spesso entrano in conflitto con quelle della polizia o delle istituzioni: gli esempi sono infiniti, ma se i giornalisti obbedissero sempre agli ordini di polizia, si perderebbe una parte indispensabile del lavoro del giornalismo e delle sue migliori conseguenze. Naturalmente sono scelte che si fanno con valutazioni delicate, difficili, rischiose, e prendendosi le responsabilità relative al contesto e alle situazioni trattate.

Lunedì sera di queste valutazioni non c’era ragionevolmente bisogno: non esisteva nessuna ragione per contravvenire immediatamente alle richieste di sicurezza, nessuna ragione di temere che qualcosa venisse occultato, o che le persone non fossero informate con completezza. C’era una temporanea situazione di emergenza e di pericolo di vita che si sarebbe realisticamente esaurita in un tempo breve, alla fine del quale ogni informazione sarebbe stata pubblicata e condivisa.

Il Post, che nel suo primo aggiornamento sull’attacco aveva dapprima pubblicato un tweet che mostrava un primo video in cui si sentiva il suono degli spari e si vedevano persone scappare, lo ha rimosso appena è stata diffusa la richiesta della polizia. È piuttosto impensabile che quel video in un articolo di un sito italiano di news potesse presentare un rischio (soprattutto a fronte del dilagare di quello e di altri video in molti altri siti, social media, televisioni) ma abbiamo ritenuto di rispettare la richiesta e di partecipare a un buon esempio di attenzione alle cautele – a cautele difficilmente discutibili o sospettabili di secondi fini – in una situazione eccezionale e momentanea, considerato che la narrazione dei fatti poteva benissimo fare temporaneamente a meno di quelle immagini, senza che a nessuno fosse occultato niente di importante. Martedì mattina – conclusa l’emergenza – l’articolo del Post su Vienna mostra anche alcune di quelle immagini utili a visualizzare, farsi un’idea, capire meglio cosa sia successo e quale sia stata la situazione.

Altri siti di news e televisioni hanno fatto in quelle ore scelte diverse, soppesando diversamente i criteri citati finora e prendendosi responsabilità giornalistiche diverse: sono questioni che hanno variabili e complessità per cui non c’è sempre così chiaramente la cosa giusta o sbagliata da fare. E ogni situazione è diversa: queste non sono le riflessioni che riguardano per esempio immagini macabre o indiscrete rispetto alla sofferenza e al dolore, né quelle che riguardano le esecuzioni degli ostaggi, né quelle diffuse per propaganda dai gruppi terroristici. Sono le riflessioni su una scelta fatta lunedì sera rispetto a quello che stava succedendo a Vienna lunedì sera, e che ci sembra giusto condividere anche rispetto alle discussioni che si sono sviluppate sui social network a questo proposito.