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  • Domenica 18 ottobre 2020

Le proteste contro le violenze della polizia in Nigeria

Vanno avanti da settimane, animate da migliaia di giovani: e ieri sono finite anche nella Serie A di calcio

Una manifestazione contro la violenza della polizia a Lagos, in Nigeria, il 15 ottobre 2020 (La Presse/AP Photo/Sunday Alamba)
Una manifestazione contro la violenza della polizia a Lagos, in Nigeria, il 15 ottobre 2020 (La Presse/AP Photo/Sunday Alamba)

Da inizio ottobre in Nigeria vanno avanti grandi proteste contro l’uso della forza da parte della polizia, in particolare da parte delle Special Anti-Robbery Squad (SARS), unità da anni accusate di gravi violazioni dei diritti umani di cui i manifestanti chiedevano l’abolizione. Le manifestazioni stanno avendo sempre più visibilità internazionale, anche grazie ai messaggi di solidarietà di nigeriani famosi nel mondo. Anche in Italia: sabato i giocatori della Serie A Victor Osimhen del Napoli e Simy del Crotone hanno mostrato una maglietta con scritto #EndPoliceBrutalityInNigeria, esultando dopo aver segnato un gol.

Secondo Amnesty International almeno 10 persone sono morte e centinaia sono state ferite durante gli scontri con la polizia avvenuti durante i cortei. Tutto è cominciato dopo che il 3 ottobre erano stati diffusi online alcuni video che mostravano un giovane ucciso con un colpo d’arma da fuoco da un agente delle SARS a Ughelli, nel sud della Nigeria. Inizialmente le proteste si erano concentrate sui social network, con la diffusione dell’hashtag #EndSARS, già usato nel 2018. Poi il 7 ottobre, ha spiegato BBC, una donna di nome Rinu Oduala ha invitato le altre persone che stavano partecipando alle proteste sui social a passare la notte davanti alla sede del parlamento dello stato di Lagos, a Ikeja.

Da quel momento sono state organizzate numerose manifestazioni di protesta in tutta la Nigeria, che la polizia ha cercato di reprimere usando gas lacrimogeni, getti d’acqua e armi da fuoco. Decine di manifestanti sono stati arrestati e ad alcuni, secondo i racconti diffusi su social network e giornali, è stato impedito di rivolgersi a un avvocato. Perché fossero rilasciati sono dovuti intervenire i governatori degli stati – la Nigeria è uno stato federale – e il presidente del Senato. Negli scontri sono stati coinvolti anche contro-manifestanti filogovernativi, che hanno aggredito chi protestava contro la polizia.

Le unità SARS furono create nel 1992 con lo scopo di occuparsi delle rapine a mano armata e di altre attività criminali molto gravi. Da sempre però sono state accusate di commettere abusi di vario genere nei confronti dei cittadini: arresti arbitrari, detenzioni irregolari, rapine ed estorsioni, atti di tortura e anche uccisioni ingiustificate. Un rapporto di Amnesty International dello scorso giugno ha documentato 82 casi di estorsione, tortura e altri abusi commessi dalle SARS tra il gennaio del 2017 e il maggio del 2020. Le vittime erano perlopiù giovani tra i 18 e i 35 anni in condizioni socio-economiche disagiate.

Secondo molti nigeriani le SARS perseguitano in modo deliberato i giovani, specialmente quelli che conducono uno stile di vita simile a quello dei paesi occidentali. Più volte in passato le autorità nigeriane avevano promesso di riformare le SARS – l’ultima volta dopo le proteste del 2018 – e indagare sulle accuse di abusi, ma in concreto non era mai successo nulla.

– Leggi anche: Le violenze della polizia nigeriana durante l’epidemia

L’11 ottobre, in risposta alle proteste, il governo nigeriano ha infine annunciato l’immediato scioglimento delle SARS e il capo della polizia ha detto che sarà istituita una squadra di investigatori, coinvolgendo anche organizzazioni che si occupano di diritti umani, per verificare le accuse di abusi. Il governo, però, ha deciso di ricollocare gli agenti che facevano parte delle SARS in altre forze di polizia, dopo un «test psicologico», e di sostituite le SARS con nuove unità speciali. Per questo, e perché le proteste si erano ormai trasformate in una più ampia contestazione dei metodi della polizia nigeriana, le manifestazioni stanno proseguendo.

Le proteste non hanno dei leader e sono state organizzate da persone comuni. Alcune hanno lanciato delle campagne di crowdfunding per sostenere economicamente le proteste e l’attenzione ricevuta sui social network da parte di alcuni personaggi famosi – come l’attore britannico di origini nigeriane John Boyega, interprete di Star Wars – ha permesso di raccogliere fondi anche dall’estero.