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  • Martedì 29 settembre 2020

E quindi ci risiamo con la legge elettorale

È stata posta come condizione dal PD per approvare il taglio del numero dei parlamentari: un testo base c'è, ma tutti i partiti hanno dubbi e riserve

Camera dei Deputati, Roma 23 dicembre 2019 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Camera dei Deputati, Roma 23 dicembre 2019 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Dopo la vittoria del Sì al referendum sul taglio del numero dei parlamentari, ci sono diverse riforme di cui il Parlamento si dovrà occupare in vista della nuova legislatura: una serie di modifiche costituzionali chieste soprattutto dal PD per correggere il bicameralismo perfetto, e poi l’adeguamento della legge elettorale, condizione che sempre il PD aveva posto per dare il proprio sostegno alla riforma proposta dal M5S e al Sì al referendum.

Lo scorso 10 settembre la commissione Affari costituzionali della Camera ha adottato il testo base della nuova legge elettorale, scritto già a gennaio dal presidente della commissione Giuseppe Brescia, esponente del Movimento 5 Stelle. La proposta era stata sostenuta dal PD e dal M5S, contro le opposizioni, mentre Italia Viva non aveva partecipato al voto e LeU si era astenuta. Il testo è tuttora fermo in commissione e la discussione, quando inizierà, sarà probabilmente molto lunga: su alcuni punti nemmeno nella maggioranza c’è un accordo definitivo.

La proposta della maggioranza
La proposta presentata dalla maggioranza alla Camera – che alcuni parlamentari e giornalisti hanno già ribattezzato “Germanicum” per via di una superficiale somiglianza con la legge tedesca, o “Brescellum” dal nome del presidente della commissione Affari costituzionali – è un sistema proporzionale che abolisce i collegi uninominali e le liste di coalizione. I collegi uninominali e le coalizioni sono previste dall’attuale legge elettorale, il “Rosatellum”: un sistema proporzionale per due terzi dei seggi, maggioritario per un terzo, con soglia di sbarramento al 3 per cento, coalizioni e listini bloccati.

Il nuovo testo prevede che tutti i seggi di Camera e Senato, con l’eccezione di quelli riservati all’Estero e alla Valle d’Aosta, siano assegnati in maniera proporzionale rispetto al numero di voti raccolti nelle singole circoscrizioni (che andrebbero ridisegnate), con liste bloccate e senza preferenze. I partiti correranno ognuno per conto proprio, senza coalizioni. Un’altra novità è che il testo base prevede una soglia di sbarramento più alta rispetto al passato, fissata al 5 per cento. Significa che quei partiti che non raggiungeranno il 5 per cento dei voti su base nazionale non eleggeranno parlamentari. Questa soglia penalizza i partiti più deboli, due dei quali sono presenti nella maggioranza di governo: LeU e Italia Viva.

A questa regola la legge prevede un’eccezione: il cosiddetto “diritto di tribuna”. Significa che in base ad alcuni complicati calcoli, le forze politiche che dovessero ottenere buoni risultati in almeno due regioni per la Camera e in una per il Senato, potranno eleggere alcuni deputati anche se non dovessero complessivamente raggiungere il 5 per cento dei voti.

La discussione
Le forze di opposizione sono in generale favorevoli a un sistema maggioritario perché il proporzionale, dicono, non garantirebbe una stabilità di governo. Ma anche all’interno dei partiti che sostengono la maggioranza ci sono alcuni punti del nuovo testo base su cui non c’è accordo: hanno a che fare con il diritto di tribuna, con la soglia di sbarramento, ma soprattutto con la questione dei listini bloccati.

I partiti più piccoli, come LeU, hanno proposto che la soglia di sbarramento sia al 3 e non al 5 per cento. Italia Viva, tramite il deputato Marco Di Maio, ha fatto sapere di preferire una legge elettorale maggioritaria, ma anche che il suo partito è disposto a discutere di un sistema proporzionale con una soglia al 5 per cento senza il diritto di tribuna.

La questione più complicata da risolvere sembra comunque essere quella legata alla modalità di scelta degli eletti e delle elette. Il testo base votato in commissione non interviene, per ora, sui cosiddetti “listini bloccati”. Significa che l’ordine in cui saranno eletti i parlamentari sarà stabilito dall’ordine in cui verranno presentati nelle singole liste e non tramite preferenze. In altre parole: non saranno gli elettori a scegliere i singoli candidati scrivendo il loro nome sulla scheda, ma l’ordine di elezione sarà automatico e stabilito dai partiti, come avviene con il “Rosatellum”.

Il Movimento 5 Stelle ha chiesto il superamento dei listini bloccati e l’introduzione delle preferenze, mentre altri nel PD alle preferenze preferirebbero i collegi uninominali, dove ogni partito presenta un solo candidato e viene eletto quello che prende almeno un voto più di tutti gli altri.