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  • Martedì 8 settembre 2020

La nuova discussa legge sulle intercettazioni

Era nata come un'appendice della "riforma Orlando", per limitarne la pubblicazione indiscriminata sui giornali, ma l'attuale ministro Bonafede l'ha stravolta attirandosi parecchie critiche

(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Una settimana fa, lunedì 1 settembre, è entrata in vigore una nuova legge che regolamenta l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche da parte delle procure e dei tribunali italiani. La legge prende spunto dalla cosiddetta “riforma Orlando”, con la quale il Parlamento tra il 2016 e il 2017 aveva dato al governo la possibilità di legiferare sulle intercettazioni: un primo testo era stato effettivamente presentato ma era rimasto congelato – anche durante l’anno e mezzo del primo governo Conte, appoggiato da Lega e Movimento 5 Stelle – per poi riemergere soltanto di recente, con pesanti modifiche volute dall’attuale ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede.

Il testo sulle intercettazioni della riforma Orlando cercava soprattutto di porre rimedio a uno dei problemi più urgenti sottolineati dagli esperti negli ultimi anni: cioè la pubblicazione sui giornali di intercettazioni coperte da segreto – cioè tutte, fino alla chiusura delle indagini – che al momento viene punita in maniera molto sporadica sia per i giornali che le pubblicano sia per le procure che le passano alla stampa. Lo scopo del testo rivisto da Bonafede è totalmente differente, e nonostante preveda nuove presunte garanzie per le persone intercettate, diversi commentatori ritengono che possa innescare una potenziale invasione nella privacy di moltissime persone estranee alle indagini.

Il timore principale riguarda quelle che alcuni chiamano le intercettazioni «a strascico», cioè la possibilità di utilizzare il materiale raccolto – le registrazioni, in sostanza – in un processo penale diverso da quello per cui è stato raccolto, anche solo come prova, a patto che il reato nel secondo procedimento ammetta l’uso di intercettazioni. Le critiche non si concentrano tanto sulla possibilità di usare intercettazioni rilevanti anche in altri processi, ma sul fatto che i brani di una telefonata possano essere maneggiati da un numero di dipendenti della procura superiore a quello attuale, e che insomma sarà persino più facile di prima che finiscano sui giornali. «Ti autorizzo per il reato A, ma se scopri anche B e C prendi pure, non si butta nulla», ha commentato in maniera sarcastica Giandomenico Caiazza, avvocato e presidente delle Camere penali.

Un altro punto molto importante della legge, anche questo introdotto da Bonafede, permette l’utilizzo dei cosiddetti “captatori informatici”, detti anche trojan, cioè dei software che permettono di attivare a distanza il microfono dei dispositivi elettronici privati come pc e smartphone, e registrare ciò che accade intorno al dispositivo. Si potranno usare i trojan nelle indagini su incaricati di pubblico servizio, una categoria ampia e trasversale di cui fanno parte per esempio medici, insegnanti, sacerdoti, dipendenti delle Poste, e così via. Il centro studi della Camera spiega che sarà possibile utilizzarli anche nelle case private: basterà che il magistrato titolare delle indagini dimostri un «fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un’attività criminosa», e che il giudice approvi la motivazione.

Rispetto al testo di Orlando sono spariti anche i riferimenti al divieto di pubblicazione di virgolettati integrali, e in generale Caiazza sottolinea che non c’è «nessuna sanzione seria per gli sputtanatori». Ad oggi l’amplissima definizione del diritto di cronaca e dell’interesse pubblico rende assai improbabile che un giornale o un giornalista sia condannato per avere diffuso una intercettazione ottenuta irregolarmente, anche se non ha alcuna rilevanza penale: secondo un rapporto dell’associazione Ossigeno per l’Informazione citato da Pagella Politica, «nel biennio 2014-2015 solo l’8 per cento dei casi si è concluso con una condanna dell’imputato: 475 condanne (di cui 320 multe) a fronte di 5.902 querele. Nel 70 per cento l’archiviazione è arrivata già al termine delle indagini preliminari».

Del testo di Orlando è rimasto ben poco, come per esempio il nuovo reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, punito fino a quattro anni di carcere, che colpirà «chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all’insaputa dell’interlocutore (microfoni o telecamere nascoste), per diffonderlo allo scopo di recare un danno all’altrui reputazione», sintetizza il centro studi della Camera.

Non tutti gli osservatori hanno un’opinione negativa della nuova legge. Franco Coppi, uno dei più famosi avvocati e giuristi italiani, ha spiegato per esempio al Fatto che affidare ai magistrati la possibilità di scegliere quali siano le intercettazioni rilevanti ai fini del processo alla chiusura dell’indagine – anziché alla polizia giudiziaria, come avviene ora – «dà maggiori garanzie di tutela soprattutto dei diritti delle persone intercettate». Ogni pubblico ministero responsabile di un’inchiesta sarà inoltre responsabile di un archivio delle intercettazioni giudicate non rilevanti, di cui dovrà custodire la segretezza: ma non è chiaro quali sanzioni siano previste se il materiale venga trafugato e poi pubblicato dai giornali.