Una canzone di Mick Lynch

Le seconde vite dei bravi cantautori con delle belle voci a volte finiscono nel mercato immobiliare

(Deborah Lopez)
(Deborah Lopez)

Ho sentito il disco nuovo di un giovane cantautore di Liverpool che si chiama Jamie Webster: una cosa onesta, niente di che, ma meglio di quello che spacciano molti suoi coetanei nelle classifiche. Comunque, lui a Liverpool è diventato molto famoso, e fino a due anni fa faceva solo l’elettricista e il chitarrista dilettante. Poi decise di mettere le parole inglesi, e di farlo suo, a un inno di tifosi di calcio che da un po’ di tempo faceva il giro degli stadi di mezzo mondo: secondo la ricostruzione del New York Times partendo da quello dell’Aquila. A Liverpool se ne innamorarono e i recenti rinnovati successi della squadra aiutarono, e YouTube è piena di video impressionanti di folle di tifosi aizzate a cantare da lui. La cosa ulteriormente divertente, per noi, è che quell’inno – Allez allez allez – è L’estate sta finendo dei Righeira (“la-languidibrì”).
Ora nel suo primo disco ha messo un’altra canzone che ci prova, a diventare repertorio ufficiale della squadra. Il leggendario allenatore del Liverpool è dalla sua (il disco è entrato subito al sesto posto nella classifica britannica).
È morto ieri il deejay e produttore Erick Morillo, che fece un pezzo dance che spopolò nel 1994, divenne una specie di classico del genere, e conobbe nuova fama dieci anni dopo nel cartone animato Madagascar.

Many moons
Me l’ero tenuta lì, Many moons, quando avevamo parlato dei Guggenheim grotto, il duo irlandese in cui stava Mick Lynch e che fece belle cose una decina d’anni fa. Dopo cambiarono nome in Storyman, poi si separarono, e ora di lui si sa abbastanza poco: vedo dalla sua pagina Facebook che suona ogni tanto in giro e fa l’agente immobiliare nello stato di New York, ma il suo disco da solo – fatto e pubblicato piuttosto domesticamente – ha già cinque anni.
Many moons stava in quel disco: è una strana enumerazione di modi stupidi in cui si muore nei nostri tempi (travolti a un semaforo, picchiati per divertimento) con un rammarico per la complessità di un mondo che una volta era più semplice.
Guess you’d call this progress
but everyday’s a brand new way to die
and many moons after us
there’ll be no-one left to wonder why

Tutto con un pianoforte semplice semplice e la voce di lui calda-e-profonda, ma davvero: sulla quale – pur trovandomi in un periodo in cui frequento molti agenti immobiliari – mi piacerebbe tornasse a investire di più.

Many moons su Spotify
Many moons su Apple Music
Many moons su YouTube